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Numero 9 del 2009

Dialoghi impossibili


Foto: Dialoghi impossibili
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Testi pagina 7

noidonne settembre 2009 7
qualche collaborazione "in nero", anche
se costei aiuta a peggiorare un sistema
che, vivendo sull'irregolarità, toglie di-
ritti (sanità, pensione...) ai cittadini e
non porta fuori dalla crisi.
Neppure l'Europa aiuta le donne: le
dipendenti pubbliche italiane andranno
in pensione come i maschi. Vedremo co-
me reagiranno i privati, visto che non si
rispettano più i diritti acquisiti. Tutti i
"benefici" di cui godono le donne nel no-
stro paese sono state "conquiste" di lotte
delle lavoratrici; il giorno che si doves-
sero uniformare le norme sulla materni-
tà, le italiane perderebbero provvidenze
che mancano ad altri paesi, in cui, pe-
rò, esistono servizi che, ad altro titolo
(famiglia, monogenitorialità, infan-
zia...) forniscono tutela universale.
Quindi, in linea di principio, il richiamo
all'Italia può essere giustificato, ma nel-
la nostra storia diventa penalizzante e
si fa simbolico dei guai "di genere" che si
profilano.
Appare confortante che sia in cresci-
ta il numero degli iscritti al sindacato,
in particolare alla Cgil; naturalmente i
dati non sono disaggregati e non sap-
piamo se anche le giovani donne senta-
no il bisogno di poter contare su un'or-
ganizzazione a difesa dei propri interes-
si. Se conta un po' di esperienza sui ter-
ritori, non c'è da farsi illusioni: per ora
il "modello unico" è tornato a produrre
nuova subalternità femminile e le donne
"subiscono" anche il ricatto lavorativo.
Come non sono mai riuscite a denun-
ciare, pur parlandone apertamente, le
dimissioni firmate in bianco all'atto del-
l'assunzione e destinate a diventare ef-
fettive quando fossero incinte, così oggi
accettano perdite di diritti, perché non
hanno il sentire delle loro nonne che
quei diritti hanno preteso diventassero
norma.
I problemi generali sono, d'altra par-
te, comuni a tutti nella loro gravità e in
Francia qualche testa calda ha minac-
ciato di far saltare la fabbrica dell'im-
presa che licenziasse; mentre in Italia
sono stati presidiati luoghi di lavoro
perché "il padrone" non approfittasse
del ferragosto per smantellare bottega e
burattini. Sarebbe grave se l'aumento
dei licenziamenti inducesse alla dispe-
razione, mentre un governo che ha so-
stenuto le banche, le assicurazioni e gli
evasori, ha lasciato le imprese, soprat-
tutto piccole e medie senza crediti, met-
tendo fuori gioco produzione ed export.
Per noi donne, se calerà l'occupazione,
caleranno i consumi e il flop dell'econo-
mia diventerà pericoloso: diventeremo
davvero e senza rimedio l'ammortizza-
tore sociale sostitutivo delle restrizioni
finanziarie ai Comuni e dei tagli a sani-
tà, scuola, servizi.
elaborazioni grafiche: E.R.
le donne diventeranno senza rimedio l'ammortizzatore
sociale sostitutivo delle restrizioni finanziarie?
Perplessa e inquieta si definisce Giancarla Codrignani (www.noidonne.org 'Care donne, reagiamo, 27
giugno 2009, ndr) nel vivere la decadenza dei tempi in cui a fonte di "utilizzatori finali" di donne in ven-
dita non sente reazioni di genere. Eppure -lei dice - sono sorelle o figlie o nipoti delle nostre genera-
zioni. Vorrei risponderle che in realtà stiamo raccogliendo forze e idee per rimediare, per quanto pos-
sibile, a un'epidemia di stalking che sta uccidendo la dignità delle donne per definizione "generatrici di
futuro". Io credo che la cultura che ci circonda sia in gergo tecnico malata di onnipotenza del'io, di ri-
mozione dell'idea della morte, d'incapacità di dare senso alla propria vita, di vivere pensando che tutto avrà fine. Che dovrà aver fine
perché ciò fa parte della vita stessa. Può sembrare strano che io faccia questa inconsueta associazione di idee, ma occupandomi di
pazienti oncologici in fase terminale non posso che pensare che la figura della donna sia strategica proprio per riuscire a invecchiare
e accettare il tempo che passa con equilibrio umano e sapienza antica. Vedo anziani sereni o malati rassegnati quando è loro possi-
bile rivivere una sorta di nostalgia, attraverso il ritorno da dove si è partiti, attraverso il ritorno alla madre. È centrale la donna, non
la velina prostituta, ma la femmina generatrice di speranza, attraverso figli e figlie e il loro futuro per far scendere questa marmaglia
di vecchi bambinoni da una giostra irreale e depauperata di senso e di vita. In questa squallida vetrina pubblica la libertà femminile
diventa uno scherno e siamo tutte noi a subire una molteplice violenza. E se il silenzio è complicità e connivenza desidero ribadire
attraverso queste stesse pagine che la donna è dea se lo vuole e lo permette, e impedisce a questa classe dirigente di limitarne la pre-
senza a prestazioni passive di voyeurismo e di sterili apparizioni. Ma solo se noi donne avremo la consapevolezza del nostro ruolo
potremo ribadire la nostra centralità esistenziale e politica con assoluta fermezza, altrimenti faremo un puro esercizio di accademia
che ci include tra le maestrine dalla penna rossa, bacchettone e sapute. Ciò di cui parlo non è solo etica, per quanto fondamentale,
ma vita, nei suoi principi basilari, ancestrali, costitutivi. Se qualcuno non se ne accorge è perché nel nostro galoppo terrorizzato sia-
mo incapaci di respirare e di rivivere i perché fondamentali dei nostri giorni.
Pensare l’impensabile
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