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Numero 9 del 2009

Dialoghi impossibili


Foto: Dialoghi impossibili
PAGINA 46

Testi pagina 46

settembre 2009 noidonne46
Nel 1668, in Inghilterra, il re Carlo IIistituì la figura del poeta laureato
del Regno. Per secoli l'incarico di poeta
laureato è durato tutta la vita. Dal
1999, però, la durata è stata ridotta a
10 anni. Ai poeti reali spetta un assegno
annuale di 5700
sterline e una botte
di Sherry della Ca-
narie (l'equivalente
di circa seicento
bottiglie di Jerez). Il
loro compito consi-
ste essenzialmente
nel comporre versi
in occasione di par-
ticolari celebrazio-
ni della casata rea-
le. Dalla sua istitu-
zione la figura del
poeta laureato è
sempre stata rico-
perta da un uomo.
Il 1 maggio 2009,
la regina Elisabetta
II ha nominato una
donna, la cinquan-
tatreenne Carol
Ann Duffy che suc-
cede nella carica di
'poet laureate' ad
Andrew Motion. La
Duffy fu sul punto
di essere insignita
della prestigiosa
carica già nel
1999, dopo la mor-
te di Ted Hughes,
ma poi le fu preferi-
to il collega An-
drew Motion. Il Sunday Times, citando
fonti ufficiose di Downing Street, affer-
mò che l'allora Primo Ministro Tony
Blair era "preoccupato di avere un poe-
ta laureato omosessuale perché la cosa
poteva non essere capita dall'Inghilterra
profonda". Le cose, in dieci anni sono
evidentemente cambiate: con la Duffy si
tratta della prima donna, la prima
scozzese e la prima persona dichiarata-
mente bisessuale a ricoprire questa cari-
ca. Il Premier inglese Gordon Brown ha
reso omaggio "al primo poeta laureato
del ventunesimo secolo
e quindi alla prima
donna ad occupare
questo incarico". La
neo-poetessa reale ha
commentato: "sono feli-
cissima e credo che que-
sta nomina riconosca il
modo in cui le donne
hanno cambiato il mondo della poesia
nel corso degli ultimi quarant'anni. È
per questo motivo che ho accettato".
Carol Ann Duffy (Glasgow, 23 dicem-
bre 1955) si laurea, nel 1977, in filoso-
fia all'Università di Liverpool, dove è in-
fluenzata dal poeta Adrian Henri. Fin
dalla sua prima raccolta di poesie,
'Standing female nude' (1985), la Duffy
dà voce a personaggi di emarginati, un
tratto che rimane tipico della sua poeti-
ca che riflette la perdita, il senso di
spaesamento derivato dallo sradica-
mento dalle sue origini scozzesi,
del tempo che fugge con il passa-
re dell'infanzia e dell'adolescen-
za. All'amore, alla memoria e al-
la fiducia nel linguaggio sono af-
fidati la costruzione dello sguar-
do poetico sul reale, con una lin-
gua scarna ed essenziale, dai toni
spesso ironici, disincantati, collo-
quiali. Nelle raccolte 'The World's
Wife' (1999) e 'Feminine Gospel'
(2002) la poetessa riflette sulla
condizione femminile nella storia
e nella società contemporanea,
smaschera e demistifica gli ste-
reotipi maschili, destrutturando il
linguaggio, i contenuti e i modi
attraverso i quali gli uomini han-
no rappresentato la donna come
oggetto e non come soggetto cul-
turale. Nel 2005 pubblica 'Raptu-
re' (con il quale vince il T. S. Eliot
Prize), una serie di poesie più in-
time che descrivono l'evolversi di
una storia d'amore. Dal 1996 in-
segna poesia alla Metropolitan
University di Manchester. Carol
Ann Duffy è anche una drammaturga,
autrice di testi musicali e di libri di poe-
sia per l'infanzia. Fra le sue opere tea-
trali si segnalano 'Take My Husband'
(1982), 'Cavern of Dreams' (1984), 'Litt-
le Women, Big Boys' (1986), 'Loss'
(1986), 'Casanova' (2007). La Duffy ha
dichiarato che donerà il compenso in
denaro come 'poet laureate' alla Poetry
Society. Sullo Sherry però non transige:
poiché il suo predecessore non ha anco-
ra ricevuto il suo, la poetessa ha chiesto
in anticipo la botte che le spetta.
Carol Ann Duffy
La prima volta che...
Luca Benassi
Nudo di donna in posa
Sei ore così per pochi franchi.
Ventre tette culo alla luce della finestra,
mi succhia via il colore. Ancora un po' a destra,
Madame. E prova a star ferma.
Sarò rappresentata analiticamente e appesa
in musei importanti. I borghesi rimarranno di stucco
davanti a un'immagine così di una puttana di fiume. La chiamano Arte.
Sarà. Lui si preoccupa del volume, dello spazio.
Io, del prossimo pasto. Stai dimagrendo,
Madame, così non va bene. I miei seni sono
un po' calati, lo studio è freddo. Nei fondi del tè
vedo la Regina d'Inghilterra che osserva
le mie forme. Magnifica, mormora
passando oltre. Mi viene da ridere. Lui si chiama
Georges.* Mi dicono che sia un genio.
Certe volte non riesce a concentrarsi
e si indurisce al mio calore.
Mi possiede sulla tela mentre affonda il pennello
più volte nei pastelli. Che piccolo uomo,
non hai i soldi per le arti che vendo io.
Tutti e due poveri, ci guadagniamo il pane come possiamo.
Gli chiedo Perché lo fai? Perché
devo. Non c'è altra scelta. Basta chiacchiere.
Il mio sorriso lo confonde. Questi artisti
si prendono troppo sul serio. Di notte mi sazio
di vino e ballo attorno alle sbarre. Quando è finito
me lo mostra orgoglioso, s'accende una sigaretta. Dico
Dodici franchi e prendo lo scialle. Non sembro neppure io.
*Riferimento al pittore cubista francese Georges Braque (1882-1963).
una lingua scarna ed essenziale, dai toni
spesso ironici, disincantati, colloquiali
Magari
Che succederebbe se, sul viscido suolo, gli arti
le si riscaldassero, si spostassero, s'agitassero, e a calci
sollevassero lo strato della terra, i cormi sonnacchiosi,
i vermi sornioni, se le braccia si allungassero
ad afferrare la lapide, le sue date incise
sotto il pollice, e la tirassero su? Magari.
I piedi nudi che camminano sul sentiero di ghiaia
tra le tombe, il sudario come bucato
buttato sull'erba, i petali della corona
omaggiati dal bacio alla sposa. Non è morto nessuno. Non
ha pianto nessuno. Nessuno ha dormito se non destato
dalla luce. Se solo potessi spalancare questa pesante porta
lei sarebbe lì nel sole, sporca, stanca,
a chiedersi perché grido, perché corro.
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