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Numero 11 del 2015

Not in my name - contro il terrorismo


Foto: Not in my name - contro il terrorismo
PAGINA 7

Testi pagina 7

5Novembre-Dicembre 2015
IL CONTESTO
INTERNAZIONALE
SECONDO
NOI
Era un pezzo che mi ronzava in te-sta un certo fastidio in situazioni tipo, ‘Cara, ti presento Tizia, mo-
glie di Caio’. Il tutto in un teatrino a tre al
femminile. E così stamattina mi è venuta
la curiosità di ‘googlare’ e ho digitato due
parole chiave: ‘associazione’ e ‘mogli’.
Non dico altro, chi legge vada a verifi care
il risultato. Perché: ESISTONO. Esisto-
no donne che si riuniscono in realtà il cui
comune denominatore è l’essere coniuge
di un...professionista. Perché mica sono
sceme. Le mogli dei taglia erbe e degli im-
bianchini non esistono. Bella roba, bei pas-
si avanti. Certo costoro non si defi niscono
femministe, almeno spero. Ma certamente
neanche maschiliste, che pare una brutta
parola. Perché va svelata anche questa am-
biguità. Nell’immaginario collettivo essere
femministe è una cosa positiva, forse retrò
e un po’ anacronistica, ma signifi cativa
comunque di un’ideologia che sottende
una lotta per l’emancipazione. Essere ma-
schilisti equivale invece ad essere dei bruti
che difendono modelli di comportamento
arretrati. Ecco, io credo che nel mezzo an-
drebbe fatta molta, ma molta chiarezza. E
credo che ad essere maschiliste, purtrop-
po, siano molte donne. A cominciare dalle
mogli di.... Ma a cosa è servito battagliare
per il raggiungimento della parità d’istru-
zione, di diritti, di carriera, di guadagno, se
c’è ancora chi rinuncia alla propria identità
per darsi valore con quella del compagno?
Ma che senso ha avere nome, cognome, ta-
lento, se poi non ci si presenta col proprio
nome, cognome, talento? L’unica risposta è
che a queste signore, in fondo in fondo, sta
bene fare passare la propria credibilità per
quella del proprio ‘lui’. È ben più comodo
e non contempla responsabilità. Perché è
qualcosa che va oltre la stima, l’orgoglio. È
qualcosa che è sotto l’indipendenza, che la
calpesta proprio, l’indipendenza. Eppure,
io immagino la fi erezza di sorseggiare the
raccontandosi le assenze di uomini tan-
to impegnati, la vita dura in case vuote e
splendenti, la pochezza di certi pomeriggi
ad ammazzare la noia con lo shopping e ad
inventare eventi culturali a tema. Che poi,
fossero gruppi di auto aiuto, capirei. Si con-
divide la sfi ga e vabbé. Ma qui la sfortuna
non c’entra niente, perché si tratta di forme
celebrative ed auto celebrative. Che infi ni-
ta tristezza. Che poi, signore, fate la stessa
ricerca in google, al contrario, digitando
‘associazione’ e ‘mariti’, e vedrete che vi-
sualizzerete ben poco, a parte l’associazio-
ne dei Mariti Maltrattanti, ossia di quanti
riconoscono di avere un problema.
Ma questo è un altro discorso, che attiene
peraltro alla consapevolezza delle proprie
vulnerabilità. E sapete perché le vostre
metà mela non si riuniscono? Perché nel
‘loro’ maschilismo, alla loro identità ten-
gono eccome. E sì, vi avranno anche mes-
so l’anello al dito, ma poi si sono ritenuti a
posto. E hanno fatto bene. Perché fi nché ci
saranno signore che partecipano a queste
fi ction perbene e perbeniste, allora, strade
verso il riconoscimento del proprio valo-
re, le donne, faticheranno a farne. Ma non
prendiamocela coi ‘maschi’, che a sbagliare
questa volta sono le ‘femmine’.
di Camilla Ghedini
SCRIVI MOGLI DI,
LEGGI MASCHILISTE
a rischio, dove, per esempio i catto-
lici non incontravano problemi. Per
favorire il passaggio alla democrazia
gli Usa hanno fornito dollari e armi ai
sunniti, che sono il 90% della popola-
zione. Lo stesso scenario era già stato
visto nella guerra contro l’Iraq di Sad-
dam Hussein da parte di Bush interes-
sato alle vie del petrolio fi no a mentire
all’opinione pubblica internazionale.
Buona socia in affari degli Usa era ed
è l’Arabia Saudita, che è sunnita, so-
stiene i confratelli siriani e contrasta l’I-
ran sciita. Sullo sfondo, amorosamen-
te coltivato dalla politica di potenza
degli occidentale (Russia compresa),
si è consolidato l’Isis dei fanatici che
promettono morte al mondo per rico-
struire il grande Impero Ottomano. An-
che Putin è dovuto intervenire: anche
a lui interessano le vie del petrolio e gli
fa paura la presenza di paesi islamici
in casa. Ma ha preso posizione a favo-
re dell’altro campo, gli sciiti e l’eretico
Bashar. Siccome il problema vero è l’I-
sis, sarebbe ovvio unire le forze contro
il nemico comune. Invece i due leader
si impelagano nelle contraddizioni e
gli altri governi si adeguano.
Per non avere aiutato i paesi più svan-
taggiati con una effi cace cooperazio-
ne e con le competenze della diplo-
mazia, il bacino del Mediterraneo si è
riempito di morti che cercavano rifugio
da pericoli e guerre ed è cresciuto l’o-
dio, quello fratricida tra paesi divisi al
loro interno e quello nei confronti degli
occidentali, sfruttatori, capitalisti e cri-
stiani per sempre “crociati”.
Anche ad arabi e musulmani, come
a tutti del resto, manca una “visione”
che produca consapevolezza del co-
mune processo di trasformazione che
coinvolge il futuro comune. Eppure
ovunque ci sono donne che, non solo
intuitivamente, ma con coscienza e
competenza vogliono la pace. È per-
ché non abbiamo i mezzi materiali, ma
varrebbe la pena di avviare una nostra
“internazionale”. ?
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