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Numero 11 del 2015

Not in my name - contro il terrorismo


Foto: Not in my name - contro il terrorismo
PAGINA 24

Testi pagina 24

22 Novembre-Dicembre 2015
gli altri, farei meglio a buttare al secchio il mio dizionario. Fa-
rei meglio a comprarmi un kalachnikov e delle granate per
andare ad elargire, anch’io a mia volta, amore e compassio-
ne... ovunque voi vi troviate... prima di lasciare, sui vostri be-
nedetti corpi, la foto di mia cugina Madeleine, che la vostra
misericordia ha vilmente assassinato venerdì al Bataclan.
L’aveste conosciuta, quanto l’avreste immediatamente de-
testata! Era una donna libera e felice, piena di quella luce
interiore che vi manca tanto. Orrore supremo: era anche
un’intellettuale, che amava il suo mestiere di professores-
sa di lettere nelle scuole medie. Perché è chiaro, da noi
le donne hanno non solo il diritto di essere educate, ma
anche di insegnare. Così come hanno il diritto di andare
dove gli pare, di ascoltare la musica, di bere un bicchiere
e di amare chi gli piaccia. Senza né burqa, né violenza.
Quindi, detto in breve, di godere di quella libertà che vi fa
tanto orrore. E di cui Parigi ‘la capitale degli abominii e del-
la perversione’, tu dici, si è fatta da tempo rappresentante.
Sì, care sorelle e cari fratelli, è fuor di dubbio: l’abominio
e la perversione non è da cercare nel massacro degli in-
nocenti perpetrato dai fanatici bardati di armi, che trasfor-
mano il Corano in un manuale del perfetto terrorista, ma
piuttosto in questa vita pagana, fatta di piaceri e di gioie.
Questa ‘festa della perversione’ che riunisce, di settimana
in settimana, dei milioni di ‘idolatri’, i quali, anziché adora-
re la Morte come voi fate, ‘divorziando dalla vita triviale di
qui’, preferiscono raccogliersi per chiacchierare insieme, in
un momento di condivisione e di adorazione dell’esistenza.
Alla luce di questo, mio piccolo, ridicolo, meschino Daech,
ti devo una confessione: anche io sono un perverso e un
idolatra. Amo la vita, il rock, i ristoranti e, persino alle volte,
guardare una partita di football. Mea culpa, mea maxima
culpa. Sono un Crociato, come tu dici, un Crociato della
libertà, dell’amore e della convivialità; con la differenza,
tuttavia, che contrariamente a te, io sono cresciuto dopo il
Medioevo. La mia religione non è fatta di ferro e di sangue,
come la tua, ma di carne e di speranza. E poi, se vuoi un
savio consiglio, mio caro Daech, sbrigati: che la Storia ti
è alle calcagna, come già il secolo dei Lumi che tu vuoi
spegnere minacciandolo dall’alto del tuo anacronistico
califfato. ‘Allah è il più grande’, tu scrivi. ‘Ora, è ad Allah
che va tutta la potenza, così come al Suo messaggero e
ai suoi credenti’. Ma gli ipocriti non lo sanno” (sura 63, ver-
setto 8). Su questo punto non posso darti ragione. Che lo
si chiami Dio, Yahveh o Allah, l’Onnipotente non ha affatto
bisogno che si uccida nel suo nome, né che si corrompano
le sue leggi. Allora, perché continuare ad uccidere? Il tuo
Signore è forse così debole, nel tuo spirito, che non riesce
ad agire e operare da solo? Non posso crederci. Credo,
invece, che ti faccia comodo il Suo silenzio. Uccidendo nel
nome stesso dell’Islam e dei musulmani pretendi difendere
(di fatto assassinando) la Creazione divina. Questo fa di te
un empio, un peccatore, ancora più colpevole dei credenti
per te tanto esecrabili, o dei pagani che noi tutti siamo. Ma
questo, gli ipocriti non lo sanno”. ?
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