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Numero 11 del 2015

Not in my name - contro il terrorismo


Foto: Not in my name - contro il terrorismo
PAGINA 28

Testi pagina 28

26 Novembre-Dicembre 2015
UN
GH
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IA
di Massimo Congiu
Per circa tre mesi intere famiglie di migranti hanno dormito nei sottopassaggi della stazione Keleti (Orientale) di Bu-dapest. Per loro le autorità cittadine avevano approntato delle aree cosiddette di transito dove gli “attendati” pote-
vano usufruire di acqua corrente da bere e da usare per l’igiene
personale.
La disposizione del comune non è stata apprez-
zata dall’estrema destra di Jobbik che vedeva
nei migranti una presenza ingombrante dal pun-
to di vista dell’igiene e della sicurezza pubbliche
e chiedeva che i medesimi venissero cacciati
dalla zona. In poco tempo è sorto un dibattito
sulla qualità dell’accoglienza ai migranti da par-
te delle istituzioni e della popolazione. Quest’ulti-
ma è risultata divisa tra chi di migranti e profughi
non voleva sentirne parlare e chi invece riteneva
fosse il caso di assicurare aiuto e solidarietà a
quanti fuggivano dai loro paesi e si trovavano temporaneamente
in Ungheria. Nella maggior parte della popolazione si è diffuso
un senso di inquietudine a fronte di un fenomeno che è indubbia-
mente di notevole portata, ma questo sentimento è stato accen-
tuato e incoraggiato dalla propaganda governativa.
Prima dell’estate l’esecutivo ha inviato agli ungheresi un que-
stionario chiamato “Consultazione nazionale sull’immigra-
zione e il terrorismo”; i destinatari dovevano rispondere a dodi-
ci quesiti sull’argomento, nessuno dei quali formulato in maniera
tale da presentare in modo positivo la fi gura del migrante. In quel
periodo a Budapest e nelle altre città ungheresi sono comparsi
cartelloni recanti messaggi ai migranti, scritti in ungherese: “Se
vieni in Ungheria non puoi portare via il lavoro agli ungheresi” op-
pure “Se vieni in Ungheria devi rispettarne la cultura e le leggi”.
In precedenza il primo ministro Viktor Orbán aveva chiarito il
suo punto di vista sul fenomeno dell’immigrazione che con-
sidera negativo da tutti i punti di vista. Il premier non ritiene
opportuno che genti di altre culture si mescolino agli ungheresi.
L’orientamento assunto dall’esecutivo ha provo-
cato la critica dell’opposizione di centro-sinistra
che ha defi nito vergognosa la campagna go-
vernativa sul tema migranti e ha stigmatizzato
il nesso tra immigrazione e terrorismo stabilito
dalle autorità di Budapest. Questa critica è con-
divisa dai settori progressisti della società civile
che si sono attivati in modo concreto contro le
iniziative del governo. Gruppi di persone hanno
stracciato e pasticciato i manifesti in nome della
disobbedienza civile; alcuni manifestanti sono
stati fermati dalla polizia.
La disapprovazione degli ambienti ostili al sistema rappresen-
tato da Orbán e quella della comunità internazionale non hanno
fermato il governo ungherese che ha realizzato le barriere
antimigranti illegali ai confi ni con la Serbia e la Croazia. Le
due strutture sono state erette per fermare i numerosi mi-
granti che, provenienti per lo più da Siria, Afghanistan, Iraq
e Pakistan, seguono la cosiddetta rotta balcanica per entra-
re in Ungheria e da lì raggiungere i paesi più ricchi dell’Europa
occidentale. Ancora adesso alcuni migranti arrivano ai punti di
ingresso uffi ciali al confi ne serbo-ungherese ma le domande di
asilo vengono respinte. La sezione ungherese del Comitato di
Helsinki fa notare che la cosa avviene in aperta violazione delle
norme europee.
I MURI CHE DIFENDONO
L’IDENTITÀ EUROPEA
LE BARRIERE HANNO LIMITATO L’AFFLUSSO DI MIGRANTI IN UNGHERIA. LE DIVISIONI DELLA POPOLAZIONE
TRA CHI CONDIVIDE LE SCELTE GOVERNATIVE E CHI OFFRE AIUTO ALLE FAMIGLIE IN TRANSITO
IL SENSO DI
INQUIETUDINE
PER IL FENOMENO
DEI MIGRANTI È
STATO ACCENTUATO
E INCORAGGIATO
DALLA PROPAGANDA
GOVERNATIVA
IL GOVERNO
UNGHERESE,
INSIEME A QUELLO
SLOVACCO,
CECO E ROMENO,
NON HA MAI
CONDIVISO
IL PRINCIPIO UE
DELLE QUOTE
OBBLIGATORIE
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