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Numero 11 del 2015

Not in my name - contro il terrorismo


Foto: Not in my name - contro il terrorismo
PAGINA 29

Testi pagina 29

27Novembre-Dicembre 2015
UN
GH
ER
IA
gi della Keleti e per quelli che in questi mesi
hanno raggiunto altre località del paese si è
mobilitata la solidarietà sotto forma di raccolta
di alimenti, abiti, medicine e beni utili alla cura
dei bambini. L’iniziativa è stata realizzata grazie
all’intervento di organizzazioni e gruppi di attivisti
quali Migszol, Menedék, Amnesty International
Hungary che si sono impegnate a fondo per sen-
sibilizzare l’opinione pubblica all’argomento e pro-
vare ad aiutare concretamente i migranti.
Sempre a settembre questi ultimi si sono riuniti in
gruppi che hanno deciso di lasciare la Keleti per recarsi a piedi
al confi ne austriaco, visto che i treni non partivano e la situazione
non si sbloccava. Lungo la marcia, durata fi no all’arrivo dei bus
inviati per accompagnarli alla frontiera, i migranti sono stati aiuta-
ti da ungheresi che hanno offerto loro acqua e generi alimentari.
Secondo la recente inchie-
sta di Publicus la maggior
parte dei connazionali di
Orbán è contraria all’ac-
coglienza dei profughi ma
due terzi di loro ritengono
che aiutarli sia un dovere
morale. Non la pensano
così le autorità di Ásottha-
lom, piccolo centro abitato
prossimo al confi ne con la
Serbia: alle stazioni dei bus
sono comparsi dei cartelli
che mettevano in guardia la
cittadinanza dalle malattie
contagiose diffuse dai mi-
granti e ammonivano la gente a non toccare gli oggetti lasciati
da loro per strada. Il sindaco di questo piccolo comune si chia-
ma László Toroczkai ed è un esponente di Jobbik. Il mese scor-
so è apparso in un video mentre avvertiva minaccioso i migranti
illegali di non entrare in Ungheria e soprattutto di non passare
per la città da lui governata.
A settembre le immagini della operatrice tv che scalciava e
sgambettava i migranti, tra essi un padre con il suo bambino,
ha fatto il giro della rete dove i commenti sono stati numerosi.
Tra essi quelli di alcune sue connazionali, unanimi nel consi-
derare il gesto ancora più odioso proprio perché commesso
da una donna.. ?
L’esecutivo difende la sua politica; insieme ai
governi slovacco, ceco e romeno non ha mai
condiviso il principio delle quote obbligatorie
che secondo Orbán sarebbe accettabile solo
se i paesi europei fossero realmente capaci di
difendere i loro confi ni.
Per Budapest il modo migliore di gestire l’e-
mergenza migranti è proteggere in modo
effi cace le frontiere nazionali e quindi quelle
di Schengen. Il premier ungherese continua
quindi a sostenere la linea della fermezza. Si
trova in disaccordo con la politica dell’Ue sull’immigrazio-
ne che defi nisce fallimentare e aggiunge che non accetta la
parte del cattivo europeo, lui che dà prova di impegnarsi per
tutelare l’Europa da fl ussi sempre più imponenti di migranti
che mettono in pericolo la sopravvivenza del continente in-
teso come entità culturale ben precisa.
Il governo ungherese ha intrapreso un percorso basato sulla di-
fesa della sicurezza nazionale per recuperare i consensi perduti
in questi anni ed è riuscito a ottenere dei risultati discreti stando
ai sondaggi condotti nel mese di settembre.
Secondo l’Istituto Publicus l’opinione pubblica è moderatamente
soddisfatta della gestione della crisi da parte dell’esecutivo ma
la critica c’è e nei mesi scorsi ha trovato
espressione in manifestazioni pubbliche
contro la politica del governo e a sostegno
dei migranti. “Not in my name”, è stato lo
slogan del corteo che agli inizi di settem-
bre si è diretto alla piazza antistante il Par-
lamento per protestare contro scelte che i
dimostranti hanno defi nito prive di umanità.
Per i migranti attendati nei sottopassag-
IL GOVERNO
UNGHERESE,
INSIEME A QUELLO
SLOVACCO,
CECO E ROMENO,
NON HA MAI
CONDIVISO
IL PRINCIPIO UE
DELLE QUOTE
OBBLIGATORIE
PROTESTE CITTADINE
CONTRO LE SCELTE
GOVERNATIVE
DEFINITE PRIVE DI
UMANITÀ. “NOT
IN MY NAME” LO
SLOGAN DELLA
MANIFESTAZIONE
DI SETTEMBRE
NELLA PIAZZA DEL
PARLAMENTO
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