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Numero 9 del 2012

Futura: Il domani che è tra noi / 1


Foto: Futura: Il domani che è tra noi / 1
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Testi pagina 35

Foto di ActionAid

denzia dati più preoccupanti: 134,5 milioni di ettari solo
per il continente africano. Dopo anni di indifferenza, la
terra - e di conseguenza la produzione agricola - è ridi-
ventata un bene prezioso, scatenando una vera e propria
corsa all’“accaparramento” che anziché rappresentare
un’occasione di sviluppo e investimento per le comuni-
tà locali, si è trasformata in una nuova forma di sfrutta—
mento coloniale. Una delle cause di questo rinnovato in-
teresse è da ricercarsi nel- “
la crisi dei prezzi, dovuta

in parte a fenomeni spe-

culativi: dal 2006 i prezzi

di quasi tutti i prodotti

agricoli sono aumentati

in modo consistente. Inol-

tre circa il 40% del tota—

le delle terre acquisite ha

come obiettivo la produ-

zione di commodity agri—

cole per biocarburanti:

Stati Uniti e Unione europea sono i principali produtto-
ri e consumatori di biocarburanti e quindi protagonisti
del landgrabbing. Le dinamiche e le implicazioni di ge-
nere sono state evidenziate da uno studio commissiona-
to dalla ONG ActionAid che prende spunto dalla ricer—
ca sul campo condotta dalla ricercatrice Nidhi Tandon in
un rapporto rimasto inedito che analizza casi-studio in Ma-
lawi, Mozambico e Zambia. Sempre ActionAid ha map—
pato, in un altro studio, le aziende italiane attive nel lan-
dgrabbmg sarebbero 11 e il principale target anche in que-
sto caso è l’Africa sub—Sahariana. In molti casi l’acquisi-
zione di queste terre è finalizzata alla produzione di bio-
carburanti, in primo luogo jatropha e olio di palma. Le
acquisizioni sono in realtà un vero e proprio furto: o per—
ché gli accordi di compravendita non rispettano i diritti
delle popolazioni locali o perché avvengono senza il con-
senso, senza alcuna consultazione con i legittimi proprietari
o senza alcuna compensazione; in assenza di contratti tra-
sparenti che specificano chiaramente gli impegni che vin-
colano le attività e la ripartizione dei benefici. Attori chia—
ve sono investitori stranieri, ma in alcuni casi la terra è
“svenduta” grazie al consenso e all’appoggio di élite e g0-
verni locali. I contratti di compravendita sono negoziati
a porte chiuse tra gruppi di potere che raramente con-
sultano chi quella terra la usa da decenni. Senza valuta-
re gli impatti sociali, economici e ambientali compresi quel—
li di genere. Come può una donna del Ghana o del Mo-
zambico, già normalmente esclusa dalle consultazioni sia
formali sia informali riguardanti la compravendita di un
terreno, competere con un investitore internazionale? Le
donne contadine ricevono un decimo dei finanziamenti

I contratti

di compravendita
sono negoziati

a porte chiuse

tra gruppi di potere
che raramente
consultano chi
quella terra la usa
da decenni 3’






ottenuti dagli uomini, in al-
'- cuni casi vengono già am-
" piamente discriminate da
leggi locali che ne limitano
la proprietà, il controllo
’ sulla terra e la gestione del
i: reddito ricavato dal lavoro
’ ì agricolo. I dati ufficiali fo-
tografano una situazione
preoccupante: in Tanzania

4 le donne possiede titoli di
proprietà delle terre che la-
vora; una cifra che arriva al
29% nel caso dello Zim—
babwe nonostante pochis-
sime traggano realmente
profitto dalla loro terra.
I " Nelle società rurali tradi-
zionali, dove sono in vigo-
re ferree strutture patriar—
cali, la maggior parte delle donne acquisisce accesso alla
terra attraverso una figura maschile (attraverso l’eredità
del marito o del padre): la terra è alla base di queste eco—
nomie informali e rappresenta una forma di sicurezza so-
ciale per le donne e per le loro famiglie, oltre che un mez-
zo di sostentamento. Nell’Africa sub—Sahariana l’80% del—
le piccole aziende a conduzione familiare è gestita da don-
ne; se la terra viene sottratta, sono le donne a pagare nuo-
vamente un doppio prezzo: la perdita di un mezzo per so—
pravvivere e il peso di trovare un’alternativa per genera-
re cibo per il nucleo familiare. Per molte di loro perde-
re la terra significa entrare nel circolo vizioso del lavoro
al nero o sottopagato. E quindi essere vittime di nuove
discriminazioni. I

noidonne | settembre | 2012





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