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Numero 4 del 2009

Felici combinAzioni


Foto: Felici combinAzioni
PAGINA 31

Testi pagina 31

noidonne aprile 2009 31
Magdalena Aisabucha
"Il mio più grande rammarico è quel-
lo di non aver potuto studiare. Ma era-
vamo così poveri che mio padre è ri-
uscito a farci frequentare solo la scuola
elementare. Ho imparato tutto dalla
mia organizzazione (movimento indige-
no ndr) e sono orgogliosa di questo".
Magdalena Aisabucha dirigente del set-
tore femminile dell' ECUARUNARI -
Confederazione dei Popoli di Nazionali-
tà Kichua dell'Ecuador - si presenta co-
me appartenente al popolo Tomabela
del Tungurahua di cui fanno parte 32
comunità. "Sin da bambina ho comin-
ciato a lavorare fuori casa e mi sono re-
sa conto che le donne della mia comu-
nità vivevano una discriminazione mol-
to grande; lavoravano tanto ma non
avevano 'ni voz, ni voto'. Ho pensato
che fosse giusto agire e formai un grup-
po: avevo quindici anni. Siamo riuscite
ad ottenere grandi risultati: portare
avanti la costruzione di un canale d'ac-
qua che arrivasse fino alla comunità e
ci evitasse di percorrere tre ore a piedi
per avere l'acqua potabile. Ci abbiamo
messo 5 anni." Ma le problematiche che
affliggono la società indigena, e in par-
ticolare le donne, sono ancora aperte:
"Le lotte della donna sono legate alla
forte discriminazione che ha vissuto il
popolo indigeno dal colonialismo in
poi. In particolare le donne hanno vis-
suto in uno stato di servitù sociale, eco-
nomica e, spesso, anche sessuale. In se-
guito a questo è rimasto uno stato di
grande sottomissione anche all'interno
della stessa comunità. Il lavoro che cer-
co di portare avanti è quello di coscien-
tizzare le compagne soprattutto attra-
verso la formazione". E la scommessa
più innovativa che Magdalena Aisabu-
cha, con le sue compagne dell'ECUARU-
NARI, sta portando avanti è la scuola
di formazione politica per donne indige-
ne intitolata a Dolores Cacuango "dove
offriamo corsi a chi già abbia dimostra-
to il suo impegno nella comunità, che
abbia la coscienza dell'importanza di
lavorare per la collettività. Chi viene
ammessa ha bisogno del consenso del
suo gruppo e ha, verso lo stesso, una
precisa responsabilità. E' fondamentale
questo legame reciproco che garantisce
che l'investimento fatto non vada dis-
perso. L'importante è incoraggiare ed in-
centivare le donne ad uscire fuori."
Norma Mayo
"Vivo nella mia comunità perché è
da lì che traggo la mia forza. Sarei nul-
la senza la mia gente. Parto da casa al-
le 5 del mattino per venire a Quito a la-
vorare e torno alle 23". Norma è l'inca-
ricata nazionale della CONAIE - Confe-
derazione delle Nazionalità Indigene
dell'Ecuador - a seguire le politiche per
le donne. Appartiene or-
gogliosamente al popolo
Quechua Panzaleo; a 17
anni è già giornalista
nella Radio Latacunga,
contemporaneamente
frequenta l'Università,
lavora in un progetto di
cooperazione con bam-
bini e apre una scuola
biligue (spagnolo-ki-
chua) per i piccoli della
sua comunità. In breve
tempo diventa dirigente: "da lì non mi
sono più fermata; il mio impegno è sta-
to prima dipartimentale, poi provincia-
le e ora nazionale ma devo ringraziare
la solidarietà femminile di mia madre e
delle mie sorelle che si sono occupate
dei miei figli e mi hanno permesso di im-
pegnarmi nei miei studi e nel lavoro nel
movimento". L'attivismo precoce nasce
da un'esperienza personale: "quello che
mi ha motivato nella lotta per i diritti
del popolo indigeno è la discriminazio-
ne che ho vissuto a scuola; era una dis-
criminazione economica e culturale; era
la mia povertà ma anche il fatto che
non parlassi bene lo spagnolo.
Mi sono detta che era necessario pre-
pararsi al massimo non solo per me
stessa ma per la mia società, per gli uo-
mini e le donne della mia comunità. An-
che mio padre è stato dirigente e ha se-
minato nel mio cuore la passione per il
lavoro collettivo." Attualmente ricopre,
oltre all'incarico nazionale, un ruolo a
livello sudamericano. "Il problema fon-
damentale delle donne indigene del con-
tinente, contro cui mi batto con forza, è
la violenza intrafamilare, la mancanza
di educazione e formazione, di salute:
ancora si muore di parto per mancanza
di denaro. Il guaio è che tutto questo
ancora non è all'ordine del giorno nel-
l'agenda politica.
Stiamo facendo dei passi avanti con
la nuova Costituzione ma bisogna an-
cora lottare".
Mercato indigeno di Saquisilì
Uno sguardo al mondo indigeno
Ecuador: viaggio nell’alleanza delle diversità / 3
Nadia Angelucci Camminano ondeggiando sugli immensi altipiani andini, spostando il peso del corpo da una
gamba all'altra Hanno sempre un bambino sullo schiena, un fascio di legna, un sacco di pa-
tate. Nella loro società sono responsabili dell'agricoltura, dell'allevamento, dei bambini, del
cibo e dell'acqua; cucinano, tessono. Mettono al mondo i figli in una casa col tetto di paglia
e il pavimento di terra battuta, in silenzio vicino al fuoco; sono depositarie degli antichi ri-
tuali della quotidianità. Nel paese che si trasforma la maggior parte delle donne indigene vi-
ve cos,ì ma negli ultimi anni stanno riscoprendo il loro protagonismo.
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