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Numero 4 del 2015

Cibo nemico - anoressia bulimia


Foto: Cibo nemico - anoressia bulimia
PAGINA 20

Testi pagina 20

18 Aprile-Maggio 2015
ANORESSIA:
NUTRIRSI DI SENSI
DI COLPA
di Marta Mariani
CarLa SiMeoni, 43enne
di pomeziA che per oltre venti
Anni hA vissuto nell’inFerno
dell’AnoressiA, condivide con
noiDonne lA suA esperienzA
Carla, secondo te che hai vissuto questa
patologia, su quali fragilità psicologiche
poggia il disturbo dell’anoressia? Come
comincia?
L’anoressia è una patologia terrifi cante, sottovalutata, trascurata,
su cui mi posso ormai permettere di dire che c’è tanta disinfor-
mazione. Questo disturbo alimentare può cominciare da atteg-
giamenti anche molto semplici: digiuni di qualche giorno, forme
di confl ittualità che si evidenziano proprio a tavola, piccole os-
sessioni che tendono a radicarsi. Tutto comincia dalla mente. Mi
ricordo che per anni e anni non facevo altro che controllare le
cose che ingerivo. Sentivo potentissimo, dentro di me, il bisogno
di scomparire, di dissolvermi, consumarmi poco a poco. Per me
l’anoressia è stata una malattia legata soprattutto all’indipenden-
za e al distacco dai miei genitori. Durante l’adolescenza avver-
tivo una insicurezza che intaccava l’autostima, la fi ducia nelle
mie capacità. Mi sentivo fragile, inadeguata, indegna, incapace
di affrontare le sfi de della vita. E mi sembrava che controllare il
cibo, digiunare, sopportare la fame, la sofferenza, la fatica fi sica
delle privazioni mi desse la sensazione di essere forte. Quando
vedevo che riuscivo a non mangiare per settimane pur svolgendo
regolarmente il nuoto, gli impegni, le attività più varie, mi sentivo
onnipotente. Mi dicevo che ero capace di resistere a tutto.
Prima hai parlato di “ossessioni”.
A che genere di ossessioni ti riferisci?
Una prima ossessione è certamente quella di sentirsi grassi. Mi
ricordo che una volta, a 19 anni circa, rimasi molto turbata da una
insinuazione di un mio amico. Mi chiedeva se fossi ingrassata.
Io la presi malissimo. Fu forse quello il momento in cui scoppiò e
si manifestò un disagio che certamente era già latente in me. In
più, quando sono entrata nel circolo vizioso di questo disturbo mi
vedevo sempre grassa (anche
quando invece ero uno schele-
tro di 29 kg in pericolo di vita)
pensavo al cibo come ad un
“premio” che potevo meritare
solo digiunando. Se non man-
giavo per tutto il giorno, la sera
potevo concedermi magari un
gelato. E non senza sensi di
colpa. Oltretutto, anche il fatto
di meritare il gelato e di sce-
glierlo diventava una questione
davvero spinosa e diffi cile. Sta-
vo davanti al banco del gelata-
io anche per un’ora e mezza.
Scegliere quali gusti mettere sul cono era ormai una questione
di vita o di morte. La preparazione del cibo era come ritualizzata.
Era un momento sacro che andava celebrato in un certo modo.
Pulire e sbucciare una carota diventava un’operazione davvero
maniacale. Tutte le persone anoressiche hanno, è evidente, una
tenacia pazzesca, che però è a servizio dell’autodistruzione e
che quindi non può portare a niente di buono fi nché non viene
devoluta a vantaggio di se stessi.
Deve essere stato un periodo davvero tragico,
di grande solitudine, in cui ti sarai certamente
sentita anni luce lontana da chiunque.
Sì. Cinque anni buoni della mia vita li ho passati distesa sul
letto. Da sola. Ho perso tutte le amicizie che avevo. E ora, da
ex malata, mi rendo conto di quanto possa essere diffi cile
stare accanto ad una persona anoressica. L’anoressia mi ha
insegnato molte cose, ad esempio: quanti disagi di carattere
psicologico, familiare e sociale si possono riversare sul cibo. Il
rapporto con il cibo, infatti, è solo un sintomo, un picco emer-
genziale di cose ben più grandi. Dietro il mio disturbo c’era
un mondo, un mondo diffi cile naturalmente, fatto di dolore, di
“pesi” e diffi coltà familiari che io mi sono come sobbarcata e
che ho voluto manifestare in questo modo. Oggi, a tutte le per-
sone che si avviano per questa strada sofferta e accidentata
ricorderei che chiedere aiuto non vuol dire essere fragili, ma
vuol dire rendersi capaci di reagire e superare le diffi coltà.?
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