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Numero 1 del 2010

2010 non ci resta che ridere


Foto: 2010 non ci resta che ridere
PAGINA 41

Testi pagina 41

noidonne gennaio 2010 41
Nell'ambiente del Sonderbau, vero
girone dell'inferno, vi erano senti-
menti di solidarietà e sorellanza fra
donne?
No, nessuno. Queste donne condivi-
devano, detestandosi a vicenda, il me-
desimo inferno che escludeva ogni pos-
sibile sentimento fra di loro.
La costruzione dei bordelli nei Lager
era stata motivata dal regime con la
necessità di contenere l'omosessuali-
tà tra i deportati. Cosa ne pensa?
No, la questione era un'altra. Nel
1941 la società tedesca IG Farben co-
struì nella cittadina di Auschwitz una
grande fabbrica chimica con l'intenzio-
ne di utilizzare mano d'opera gratis pro-
veniente dai detenuti del vicino campo
di concentramento, appunto Ausch-
witz. Ma fin dall'inizio la produttività si
rivelò molto bassa perché i lavoratori
forzati erano fiacchi e demotivati a cau-
sa del vitto scarso, dei continui maltrat-
tamenti che ricevevano e, non da ulti-
mo, delle lunghe marce che dovevano
compiere prima di raggiungere la fab-
brica. Nel 1942 la produttività risultò
così bassa che la IG Farben si lamentò
con Himmler. E Himmler introdusse un
sistema a premi per incentivarla, tra cui
un supplemento vitto, sigarette, un ta-
glio dei capelli militare, quindi l'esonero
dall'obbligo della testa rasata e - questa
era la novità - lo zelante lavoratore for-
zato (ovvero prigioniero) poteva guada-
gnare dei "bonus" per frequentare il bor-
dello del Lager. Da quel momento
Himmler diede l'ordine di costruire dei
bordelli in 10 grandi campi nazisti.
Può spiegare meglio il concetto che
compare sulla copertina del suo li-
bro: "il sesso forzato come strategia
del nazismo"?
I nazisti sfruttavano il corpo femmi-
nile a scopi bellici. Pensavano che, gra-
tificando i prigionieri, ovvero i lavora-
tori forzati, col sesso, questi avrebbero
contribuito ad aumentare la produzione
bellica del Reich per far vincere ad ogni
costo la guerra a Hitler.
Cosa succedeva alle donne deporta-
te nei Lager - se non subito stermina-
te - che non rientravano nel modello
femminile ariano?
Le donne deportate nei campi di con-
centramento erano, per i motivi più dis-
parati, considerate indegne di fare par-
te della collettività tedesca. Una volta
entrate nel Lager erano indistintamente
considerate "insetti da eliminare" - natu-
ralmente dopo averle sfruttate nei modi
più abietti e criminali.
Secondo Lei, le protagoniste dei bor-
delli sono riuscite a chiudere quel
capitolo doloroso della loro vita e a
ricostruirsi, terminata la guerra, una
nuova esistenza?
Ci sono diverse testimonianze di re-
duci dai bordelli che sono riuscite a ri-
costruirsi una nuova vita, ma certa-
mente con enorme fatica. Altre, spezza-
te e oppresse da quella tragica esperien-
za, piuttosto di denunciare preferirono
tacere. Come la testimone Margarethe
W. (all'epoca fu deportata prima a Ra-
vensbrück e poi, tratta in inganno con le
solite promesse false, fu trasferita al
Sonderbau di Buchenwald, dove rimase
dal 1943 al 1944.) Dopo la guerra, co-
me tante altre vittime di questo orrore,
Margharethe W. tacque per il resto della
sua vita. Solo quando si sentì vicina al-
la morte, spinta dal desiderio "in extre-
mis" che finalmente si sapesse, si decise
a testimoniare.
Ci sono state opere di riabilitazione
e/o risarcimento nei confronti delle
donne vittime della prostituzione
forzata nei Lager?
Credo che tuttora sia disattesa l'ope-
ra di riabilitazione e di risarcimento del-
le vittime (o dei relativi familiari) della
prostituzione forzata subita nei bordelli
durante il nazismo.
Che messaggio si sente di dare oggi
come donna e scrittrice se si trovasse
di fronte ad una platea di ragazze?
Che la violenza sulle donne non è so-
lo un problema fra uomini e donne, ma
é la forma più odiosa di negazione del-
la libertà, del progresso e della dignità
individuale. Finché questo principio non
sarà radicato nel genere maschile, qui e
altrove, la violenza sulle donne conti-
nuerà, così come finora ha travalicato
indisturbata i confini delle nazioni, dei
tempi e delle civiltà.
l'autrice di "La baracca dei tristi piaceri" affronta
una delle pagine meno note del nazismo
Nasce nel 1937 in Slesia, ora Polonia. Nel 1941 Helga e suo fratello Peter, rispetti-
vamente di 4 anni e 19 mesi, con il padre già al fronte, vengono abbandonati a
Berlino dalla madre che decide di farsi arruolare come ausiliaria nelle SS. Inizia così
per Helga una vita difficile: il rifiuto di una matrigna che la respinge e la interna in
istituti di correzione per bambini difficili, e che le procura tanta sofferenza. Una sof-
ferenza che raggiunge l'apice negli ultimi mesi del 1944 fino alla fine della guerra
quando, insieme con altri familiari e condomini, è costretta a vivere in una cantina a
causa dei continui bombardamenti degli alleati, patendo freddo e fame, e soffrendo
dell'aperta ostilità della seconda madre. Dal 1963 Helga vive in Italia, dove ha pub-
blicato undici libri (alcuni dei quali tradotti in 15 lingue estere), in cui racconta gli
anni duri della dittatura hitleriana. Nei suoi libri autobiografici l'autrice riferisce epi-
sodi inediti come quello del suo incontro, a cavallo tra il 1944 e il 1945, con il Führer
nel suo famoso bunker sotto la Cancelleria, o del suo incontro con la madre a distan-
za di 30 anni a Vienna, avendo ignorato fino a quel momento che é stata guardiana
nel campo di sterminio Auschwitz-Birkenau. Visita che si rivela per Helga scioccan-
te a causa dell'irremovibile fede della donna nell'ideologia nazista.
Per avere più notizie su Helga Schneider:
http://www.helgaschneider.net/?p=236 - http://www.helgaschneider.com/
Breve scheda bibliografica di Helga Schneider


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