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Numero 1 del 2010

2010 non ci resta che ridere


Foto: 2010 non ci resta che ridere
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Testi pagina 31

noidonne gennaio 2010 31
tre 15 km a piedi da qui. Su una strada
dove le automobile sfrecciano", raccon-
ta Inam. "Diversi bambini - prosegue
Inam - sono stati investiti e tre di loro
sono morti negli ultimi anni, per questo
la scuola è stata accolta con grande en-
tusismo dalla comunità locale. Ovvia-
mente i genitori hanno avuto bisogno di
tempo per acquisire fiducia nella scuo-
la, avevano paura che qui non si inse-
gnasse bene. All'inizio avevamo 37
bambini, dai 6 ai 9 anni, ma il numero
è arrivato a 48". Anche le insegnanti
erano all'inizio reticenti, a conferma ap-
punto della separazione che esiste tra la
società palestinese e le comunità bedui-
ne. Del resto come pensare di spostare il
proprio figlio da una scuola sicura ad
Abu Dis, Anata o Gerico - anche se lon-
tana - in una scuola che è sotto ordine
di demolizione? Nonostante l'attenzione
mediatica infatti, ad agosto è arrivato
l'ordine da parte delle autorità israelia-
ne dell'immediato stop ai lavori e di de-
molizione degli edifici costruiti con le
gomme. Solo due mesi dopo che la scuo-
la era già stata costruita si è venuto a
sapere che secondo la legge Israeliana
nessun edificio deve essere costruito a
meno di 75 metri dalla strada statale.
Due diversi procedimenti legali sono
stati aperti contro la scuola. Da una
parte la richiesta presentata dai coloni
della vicina Kfar Adumin (colonia ille-
gale secondo il diritto internazionale e
le risoluzioni ONU, nda) all'Alta Corte
di Giustizia per la demolizione della
scuola, perchè costruita senza permes-
so. Dall'altra un'ulteriore mozione pre-
sentata da un'impresa israeliana, Maat,
che chiede la demolizione dell'edificio e
il suo spostamento dall'altra parte della
statale Gerusalemme-Gerico, di cui è
previsto un ampliamento. L'avvocato
israeliano Schlomo Leaker che segue la
vicenda ha ottenuto l'unificazione dei
due procedimenti pendenti e lo scorso 9
novembre la Corte Suprema Israeliana
si è riunita per deliberare in merito, de-
cidendo di stabilire un tavolo di tratta-
tive per trovare una soluzione entro 45
giorni. "Sapevamo dall'inizio
che secondo la legge israelia-
na è vietato costruire in Area
C - spiega Dario Franchetti
di Vento di Terra - ma abbia-
mo sostenuto il progetto, in
accordo con i beduini, anche
per dare un segnale politico e
riaffermare il diritto allo stu-
dio dei bambini della comu-
nità Jahalin. Nessuno di noi
si aspetta un riconoscimento
ufficiale dell'edificio da parte
delle autorità israeliane, ma
speriamo di arrivare a una situazione in
cui la presenza della scuola sia almeno
tollerata".
Del resto tutte le baracche di lamiera
sono sotto ordine di demolizione, dato
che l'intento delle autorità, sotto pres-
sione dei coloni, è quello di spostare tut-
te le comunità Jahalin al di là della val-
lata. La visibilità ha finora protetto la
scuola da un'immediata demolizione.
Ma non vi è purtroppo alcuna certezza
che i bambini arrivino alla fine dell'an-
no scolastico.
nel villaggio beduino Jahalin di Al Akmar un progetto
con materiale riciclato rischia di essere demolito per far
posto alla statale Gerusalemme-Gerico o all'ennesima
espansione delle colonie
Shashat in arabo significa "schermi". Ma Shashat è anche una ONG palestinese con
sede a Ramallah (Cisgiordania), il cui principale obiettivo è la promozione del cine-
ma al femminile. Fondata nel 2005, con registe e esperte di cinema ma anche regi-
sti uomini, lavora in collaborazione con istituzioni sull'intero territorio palestine-
se, soprattutto dove la vita culturale presenta aspetti di debolezza o discontinui-
tà. Le attività di Shashat si centrano sull'analisi delle implicazioni culturali legate
alle immagini usate per rappresentare le donne o per autorappresentarsi e l'acces-
so delle donne alla produzione culturale, cinematografica in primis. Da 5 anni orga-
nizza e promuove l'unico festival di cinema al femminile in tutto il mondo arabo.
Nella edizione di quest'anno i film in programma hanno fatto il tour di tutta la
Palestina, con proiezioni anche all'interno dei campi profughi, conferenze pubbli-
che, dibattiti e iniziative nelle scuole. Tra i temi chiave: Gerusalemme, capitale della
cultura araba nel 2009; la storia del cinema in Palestina dagli albori a oggi; il lega-
me tra donne e conflitti. Nella sezione Gerusalemme, che ha aperto il festival, 8
giovanissime palestinesi si sono cimentate nella regia di cortometraggi, raccolti
sotto un unico titolo "Jerusalem… So near… So far" (Gerusalemme così vicino così
lontano), 43 minuti in cui ogni singolo video contiene una storia, un'emozione,
una riflessione legata a Gerusalemme, al suo accesso negato a molti palestinesi, ma
anche ad alcuni aspetti culturali della vita a Gerusalemme Est, sicuramente diver-
sa dalla vista di altre città della West Bank.
A partire dalla seconda Intifada c'è stata un'ondata nella produzione filmica al fem-
minile; se da una parte l'occupazione militare (con tutte le sue conseguenze) e la
maggiore restrizione dei movimenti imposta da Israele ai palestinesi a partire dal
2000 hanno frammentato la produzione artistica, d'altra parte l'hanno anche resa
estremamente prolifica e il festival di Shashat ne è la riprova.
Per maggiori info: www.shashat.org
(B.A.)
SHASHAT, schermi al femminile in Palestina
Pneumatici riempiti di terriccio e argilla - Foto di Lazar Simeonov


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