Noi Donne Home La Nostra Storia Archivio Materiali Contatti

Ricerca nell'Archivio

Numero 1 del 2010

2010 non ci resta che ridere


Foto: 2010 non ci resta che ridere
PAGINA 19

Testi pagina 19

noidonne gennaio 2010 19
Li chiamano sequestri di Stato. Sono iminori sottratti alle famiglie. Un eser-
cito di bambini e adolescenti affidati a
centri protetti. Singolarmente costano
allo Stato 200 euro al giorno. Più di un
miliardo di euro l'anno che passano nel-
le casse di Istituti dove, paradossalmen-
te, insieme a bambini provenienti da
realtà difficili di violenza, povertà o
abuso, convivono "adolescenti della
porta accanto".
È il caso di Maria Lucrezia. Tredici
anni, sorriso aperto e sguardo sbarazzi-
no prima di essere strappata alla ma-
dre, Lidia Righini di Pontremoli, e affi-
data dal 2008 a un istituto di suore del-
la capitale.
Una vicenda Kafkiana, costata un
patrimonio in avvocati e dolore, che
scuote dalle fondamenta il concetto di
giustizia, ferendo i più deboli e vulnera-
bili: i bambini, che lo Stato invece
avrebbe il dovere di proteggere. "Quan-
do mia figlia mi implora di tornare a ca-
sa mi sento distrutta, impotente e senza
armi per aiutarla. Ogni giorno mi do-
mando come sia possibile tutto questo".
Lidia Righini di Pontremoli insegna an-
tropologia culturale all'Università di
Roma. Alle spalle, vita borghese e stem-
ma nobiliare. Un matrimonio e una
convivenza, "finita quasi prima di ini-
ziare", dalla quale è nata Maria Lucre-
zia. "Ho lasciato il padre di mia figlia
appena scoperto che era un uomo vio-
lento.
Ero incinta, abbiamo vissuto per un
po' separati a casa sua, finché tre anni
dopo non si è liberata la mia. Nel frat-
tempo viene arrestato per spaccio di co-
caina. Ottengo l'affidamento e insieme a
Maria Lucrezia ricominciamo la nostra
vita. Mia figlia è serena e io mi sposo
con un vecchio amico architetto che rin-
contro nel 2004.
Questo matrimonio scatena il putife-
rio. Il padre, mai interessatosi alla fi-
glia, improvvisamente mi denuncia per
non avergliela fatto vedere. Un para-
dosso visto che ero sempre io a chiedere
di lui ai servizi sociali.
La procura di Roma archivia il pro-
cedimento perché il fatto non sussiste.
Continuo ad avere l'affido, ma passo
per inquisita. Anche Maria Lucrezia
passa per inquisita e dal 2005 inizia un
rocambolesco rimpallo tra vari consu-
lenti delle Asl. L'assistente sociale ap-
palta a Tetto Azzurro, centro per bam-
bini abusati e disagiati, il lavoro di pe-
rizia su Maria Lucrezia che conservava
pessimi ricordi del padre, avendo assi-
stito a varie crisi di astinenza quando
era ai domiciliari, e per questo si osti-
nava a non volerlo vedere.
In questo periodo scopro lo strapote-
re di assistenti sociali che forzano ogni
tassello, a suon di perizie senza con-
traddittorio, dando vita a un puzzle di
relazioni sullo stato psicologico di mia
figlia fino ad arrivare alla 'sindrome da
alienazione parentale'.
Lucrezia viene affidata ai servizi so-
ciali e trasferita in un istituto di suore.
Ora sono io ad avere gli incontri protet-
ti. Vedo mia figlia due ore a settimana
davanti a una suora. Continuo a soste-
nere tutte le spese necessarie: dall'orto-
donzista, ai libri, alle vacanze estive
con la scuola ecc.
Il 10 giugno del 2009 denuncio l'as-
sistente sociale per falso ideologico.
Nelle sue relazioni al tribunale dei mi-
nori era scritto che Maria Lucrezia vole-
va rimanere in istituto, le suore invece
dicono che sta male e chiede di tornare
a casa". Una storia dolorosa e comples-
sa. Bastano tre o quattro colloqui e una
dose di sfortuna per precipitare in una
spirale senza uscita.
Come spiega l'avv. Francesca Fraga-
le: "È il meccanismo di delega del giudi-
zio agli assistenti sociali ad essere spes-
so viziato e fallace". Intanto Maria Lu-
crezia da tre anni vive dietro le sbarre di
un istituto, lontana dalla madre.
"Il problema è duplice", spiega l'avv.
Michele Maimone: "La sindrome da alie-
nazione parentale, nel caso di Maria Lu-
crezia, non è mai stata accertata da un
collegio di periti del Tribunale, ma sem-
plicemente da una assistente sociale,
verso la quale abbiamo sporto denun-
cia. Il primo passo sarebbe dunque quel-
lo di accertare il reale stato di salute
psicologica ed emotiva della ragazza.
Il secondo passo è capire perché nel-
le relazioni degli assistenti sociali si so-
stiene che Lucrezia stia bene in istituto
mentre, sia le suore che lei stessa, so-
stengono il contrario".
Storia di Maria Lucrezia
Minori sottratti alle famiglie
Emanuela Irace
“Il sistema dell'utilizzo
smodato della figura degli
assistenti sociali da parte dei
Giudici dei Minori comporta
una fattuale deresponsabilizza-
zione dei giudicanti”.
Avv. Francesca Romana Fragale


©2017 - Noi Donne - Iscrizione ROC n.6292 del 7 Settembre 2001 - P.IVA 00906821004 - Privacy Policy