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Numero 1 del 2010

2010 non ci resta che ridere


Foto: 2010 non ci resta che ridere
PAGINA 30

Testi pagina 30

gennaio 2010 noidonne30
Quella dei beduini in Palestina è unastoria fatta di espulsioni, demolizio-
ni e confische di terre e proprietà. Forza-
tamente allontanati dalle loro case tra-
dizionali nell'area del Neghev, tre quar-
ti di loro sono diventati profughi nel
1948, come migliaia di palestinesi, in
seguito alla creazione dello Stato di
Israele, per poi spostarsi in diverse aree
della West Bank. All'inizio degli anni 50
solo 11.000 beduini delle 7 tribù noma-
di rimanevano infatti nel Neghev e fino
al 1952 Israele non ha mai rilasciato lo-
ro alcun tipo di documento identificati-
vo. Circa il 20% dei beduini non è nem-
meno registrato nella voce "rifugiato", di
fatto sulla carta è come se non esistes-
sero. Ai beduini che si sono spostati in
West Bank non è andata meglio: hanno
subito ripetuti spostamenti e, non essen-
do concentrati in grandi agglomerati ur-
bani come i palestinesi, gli accordi di
Oslo li hanno segregati nella cosidetta
Area C (1), quindi sotto il controllo am-
ministrativo e militare di Israele e in
aree dove l'espansione delle colonie è
andata avanti a ritmi vertiginosi. Da
sempre costituiscono un gruppo distinto
dalla società palestinese, quasi sempre
marginalizzato e privato di diritti.
La comunità beduina Jahalin, diven-
tata principalmente stanziale, vive a
sud-est di Gerusalemme, sulla strada
che collega la città "santa" e Gerico.
Niente luce, né acqua, nessuna infra-
struttura, niente servizi di assistenza.
Molti di loro lavorano nelle cave di pie-
tra della zona o nelle colonie Israeliane.
Vivono in baracche di lamiera, freddis-
sime di inverno e caldissime d'estate,
dato che in Area C il governo Israeliano
consente la costruzione solo di strutture
temporanee, senza fondamenta, e vieta
l'uso di cemento o altri materiali da co-
struzione.
Negli ultimi mesi la comunità Jaha-
lin del villaggio di Al Akmar è finita sot-
to i riflettori dei grandi media; CNN, Al
Jazeera, BBC, diverse testate della stam-
pa israeliana, e anche Rai Tre, hanno
parlato del miracolo della scuola fatta
di gomme. Quattro aule di 50-60 metri
quadri ognuna e una segreteria-ufficio,
tutte costruite con pneumatici posizio-
nati a file sfalsate come i mattoni, riem-
piti di terriccio e argilla e con una co-
pertura sul tetto in lamiera sandwich
coibentata. Il progetto è stato gestito e
realizzato dalla Onlus milanese Vento
di Terra, in collaborazione con il Jerusa-
lem Beduins Cooperative Committee di
Anata (Gerusalemme Est). Un giovane
gruppo di ingegneri e dottorandi con il
supporto dell'Università di Pavia, a par-
tire dall'analisi dei limiti del territorio
(clima desertico e impossibilità dell'uso
di materiali da costruzione) ha ideato
questo progetto innovativo e poco co-
stoso. Valerio Marazzi, uno degli archi-
tetti che a luglio ha coordinato i 10 be-
duini e i volontari internazionali venuti
a dare una mano nella costruzione, rac-
conta "Quando siamo arrivati in questo
posto, abbiamo visto che c'era argilla e
tanti rifiuti. Abbiamo allora deciso di
utilizzare il materiale locale e abbiamo
pensato di riciclare uno dei materiali
più difficili da riutilizzare, i copertoni
appunto. La gomma delle automobili ha
infatti una resistenza enorme, mantiene
la temperatura interna ed esterna". Co-
sto totale della scuola, 25.000 euro,
grazie alle risorse donate da tre comuni
dell'hinterland milanese, dalla CEI (con-
ferenza Episcopale Italiana), dalle suore
comboniane e di tanto fundraising.
Dietro al progetto c'è la passione e
l'impegno di una donna palestinese,
Inam, coordinatrice educativa del pro-
getto di Vento di Terra nel campo profu-
ghi di Shu'fat. Inam ha origini beduine;
è stata lei a chiedere alla Onlus italiana
di visitare alcune comunità vicino ad
Anata, ad ascoltarne i bisogni. Donne
anche le quattro insegnanti inviate dal
Ministero dell'Educazione dell'Autorità
Palestinese, che ad agosto ha ufficial-
mente riconosciuto la scuola per poi
inaugurarla lo scorso 19 settembre.
"La costruzione di una scuola in que-
sta area viene incontro soprattutto alle
esigenze di mandare a scuola i bambini
della comunità Jahalin, prima costretti
ad andare anche a piedi a scuola, a ol-
Palestina
Duemila copertoni per il diritto allo studio
Barbara Antonelli
(1) Gli Accordi di Oslo del 1993 hanno definito l'assetto
attuale della West Bank, dividendola in tre aree. Area A
(soprattutto città palestinesi e alcune aree rurali) di cui
l'Autorità Palestinese è responsabile dal punto di vista
amministrativo e della sicurezza. Area B, soprattutto
costituita da aree rurali, con controllo suddiviso tra AP e
Israele; e l'Area C (pur essendo territorio palestinese,
comprende tutte le colonie e le strade a uso esclusivo dei
coloni) sotto pieno controllo di Israele. Una della bambine della scuola - Foto di Lazar Simeonov
Scuola di gomme del villaggio beduino - Foto di Lazar Simeonov


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