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Numero 1 del 2016

L'utero è mio e....? Maternità surrogata


Foto: L'utero è mio e....? Maternità surrogata
PAGINA 7

Testi pagina 7

5Gennaio-Febbraio 2016
CAMBIARE
IL MONDO
NONOSTANTE
TUTTO
L’OCCIDENTE È IN
RITARDO SULL’ANALISI
DEI FENOMENI ATTUALI
E COME DONNE
NON CONTIAMO
ABBASTANZA ANCHE
SE IN EUROPA ABBIAMO
FATTO I CONTI
CON IL PATRIARCATO.
MA DOBBIAMO AVERE
IL CORAGGIO DI
GUARDARE AVANTI
PUNTANDO IN ALTO
E AVENDO LA TENACIA
DEL “FARE FEMMINILE”
“islamici che sbagliano”, ma alle loro incertezze non si può
rispondere bombardando i loro paesi. Si rafforza l’odio.
Sotto tutti questi aspetti, la sinistra occidentale rischia mol-
to, insidiata com’è dai movimenti populisti che, loro sì, sono
il nuovo fascismo. Già ai tempi di Craxi in Italia fi niva il socia-
lismo dell’Ottocento; oggi fi nisce anche la socialdemocrazia
perfetta dei paesi nordici, vittime della globalizzazione e pas-
sati alla destra e ai partiti nazionalisti. Il ritardo nel rinnovare
analisi e progetti paralizza; ne pagano il prezzo soprattutto i
giovani, privi di sostegni anche solo morali e non sempre con-
sapevoli di vivere dentro un’economia fi nanziarizzata a bene-
fi cio del profi tto, lecito e illecito, che insegna corruzione, egoi-
smo proprietario e nazionalismi, frontiere, paura dello stranie-
ro, ricorso alla violenza. Con l’aggravante di un contesto in cui
gli stranieri di origine araba sanno che, dopo la prima guerra
mondiale, gli occidentali si spartirono regioni che avevano co-
stituito l’Impero ottomano; e sanno
che, quando l’Algeria lottava per
l’indipendenza, la polizia di Parigi
sparò contro le manifestazioni dei
loro padri, algerini francesi, cau-
sando decine di morti. Siamo in ri-
tardo e dobbiamo avere il coraggio
di guardare avanti per recuperare,
sapendo che noi occidentali siamo
i più ricchi e i meno amati.
Come donne non contiamo ab-
bastanza, anche se noi europee
abbiamo fatto i conti con il patriar-
cato e ottenuto la parità di genere.
In tutti i paesi arabi ci sono gruppi
di femministe, ma sono minoranze
esigue che si sono fatte conosce-
re in questi anni negli organismi
internazionali che tutelano i diritti
delle donne, senza poter incidere
sul potere. Purtroppo non siamo
state capaci di costruire relazioni
concrete nemmeno con le donne
che studiano nelle nostre università
o lavorano nelle nostre città. Anche
loro, meno ascoltate di noi, a tutti i livelli, in quanto donne,
si “fanno carico”. Ci sono ragazze che non vogliono essere
vittime dell’Occidente e si fanno vittime volontarie dell’Isis; ma
in generale, nei paesi musulmani restano tutte “sottomesse”,
pur non volendo nemmeno loro subire la violenza e la guerra.
Noi avremo da sostenere l’attraversamento della crisi senza
conformarci troppo all’esistente. Nei passaggi storici le cose
possono cambiare: basta avere la tenacia del “fare femmini-
le”, che non si adegua alla necessità. Un puntare alto che per
noi non è egoistico, signifi ca puntare al bene comune. ?
IDEE
di Catia Iori
Ho letto un libro che è un gioiellino di sensibilità umana. Meraviglioso. Regalatevelo, se volete e potete. Avevo bisogno di qualcosa di vero. Che
mettesse a nudo i miei sentimenti. Arruffati dalla confu-
sione sociale e da una certa paralisi emotiva che blocca,
là fuori, ogni cosa. Il cuore, la mente, i progetti. Se all’e-
sterno non trovo nutrimento per la mia anima femminile,
allora preferisco viaggiare “dentro”, alla ricerca di imma-
gini che mi facciano vivere. Che diano corpo alle fantasie
più profonde. Sono le parole e le immagini a dare senso
al nostro andare. ‘Che tu sia per me il coltello’, ormai da-
tato ma di una profondità sconcertante, è scritto da Da-
vid Grossman. Un autore che ricon-
cilia col perbenismo superfi ciale di
certo universo maschile. O, all’oppo-
sto, stona con la violenta aggressività
di chi depone la propria parte fem-
minile andando in guerra metaforica
ogni giorno contro tutto e contro tutti.
È un libro che ti scava dentro e ti resti-
tuisce, se va bene, a una parte, forse
la migliore di te stessa. È un libro inti-
mista che ti rende migliore facendoti
intravvedere orizzonti nuovi di libertà.
Poiché ci si sposa e si procrea con
tanta facilità quasi fosse un dovere
sociale, assoggettandosi a un comu-
ne legge della specie umana e del cosi fan tutti, que-
ste pagine rammentano a me stessa e anche alle donne
che cercano valori autentici quanto sia diffi cile mettersi
a nudo e quanta strada occorra percorrere per vincere
la paura e arrivare a toccare liberamente, con pienezza,
l’anima e il corpo di un altro essere umano. Non pensiate
che la cosa sia cosi semplice. Si dà per scontata, è vero,
come un normale prassi di empatia individuale. Ma non
è così. Ci vuole pazienza, dolore, umiltà nel raccogliersi
dentro di sé e radersi con la punta affi lata di un coltello
“dentro” per poi offrire all’altro qualcosa di puro, di vero,
di non comune. E mai banale. Proviamoci. Credo sia il
più bello dei regali che possiamo a fare a noi stesse.
Sentire che siamo vive nella libertà del nostro essere.
Solo così si è davvero capaci di amare e si cantano, se
piacciono, le nenie natalizie dal profondo di noi stesse.
Un abbraccio a tutte.
UN REGALO
A NOI STESSE:
LIBERTÀ DI AMARE
pp.04_05_ATTUALITA_gen.feb.2016.indd 5 31/12/15 08.24


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