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Numero 1 del 2016

L'utero è mio e....? Maternità surrogata


Foto: L'utero è mio e....? Maternità surrogata
PAGINA 19

Testi pagina 19

17Gennaio-Febbraio 2016
Guardando indietro, negli anni ‘70 le donne si presero le
strade e le piazze conquistando diritti di cui godiamo anco-
ra oggi e consapevolezze importanti sul loro ruolo nell’am-
bito pubblico e in quello privato. Negli anni il tessuto socia-
le ha subito grandi mutazioni e chiedo a Lea quali pensa
possano essere i temi su cui le donne tornino a tessere
alleanze e a proporsi come soggetto politico forte. “Si può
dire che il femminismo degli anni ’70 è stato un fenomeno
di massa, che ha raggiunto le donne di estrazione sociale,
istruzione, cultura e professionalità diversa. È entrato nella
case come nei luoghi di lavoro: dalle fabbriche alle reda-
zioni dei giornali, dalla scuola alle organizzazioni politiche
e sindacali. Non c’è stata mai più una ‘politicizzazione’ così
estesa e così radicale nell’assunto di voler andare ‘alle radi-
ci dell’umano’. Se tante storie personali, destinate come la
mia a restare chiuse nella dimensione ‘privata’ si sono aper-
te allora all’impegno sociale, a passioni durature, amicizie
consolidate da ideali e progetti condivisi, è perché la politi-
ca è venuta vicino alla vita, alle domande che chiedevano
una risposta collettiva. Nel ‘piccolo gruppo femminista’
ognuna riconosceva alle altre la possibilità di vedere
ciò che lei non vedeva di se stessa. L’autocoscienza era
una ‘pratica’ e, come si è detto spesso, si poteva trasmet-
tere solo ‘praticandola’. Chi ha visto nel femminismo degli
anni ’70 solo la conquista di alcuni diritti e libertà, ignora
che cosa è stata la rivoluzione culturale e politica di un mo-
vimento che intendeva partire dai luoghi più lontani dalla
politica - come le problematiche del corpo, dell’inconscio
- per sovvertire l’ordine esistente, i suoi poteri, i suoi saperi,
le sue istituzioni pubbliche e private. Non si trattava, allora
come oggi, di costruire un ‘soggetto politico’ forte, né tanto
meno ‘rappresentanze’ istituzionali, alleanze e così via. Se
nei decenni successivi la radicalità delle sue pratiche si è
andata sempre più eclissando, è perché si sono incontrati
ostacoli esterni - ostilità, messa sotto silenzio, ignoranza,
emarginazione -, e difficoltà interne: adattamenti, ritiri nel
privato, chiusura sia pure involontaria nelle proprie associa-
zioni. Detto questo, bisogna aggiungere che il femminismo
è l’unico movimento che è andato oltre gli anni ’70 e che
oggi è presente con pratiche, temi, azioni diverse in tutte le
città. Una frammentazione dovuta al fatto che si tratta di una
politica anomala, che interroga la vita nei suoi risvolti più
intimi, che ha mantenuto in molti casi l’assunto iniziale del
‘partire da sé’, anche quando si tratta di affrontare i proble-
mi della vita sociale nella sua complessità. Non uscirà mai
da una costellazione così variegata di interessi un ‘soggetto
unico’, per cui la forza collettiva necessaria per essere inci-
sive va cercata nei rari momenti di aggregazione, incontro,
scambio di idee ed elaborazione di scelte condivise che
sono i convegni nazionali, come i due ultimi che ci sono stati
a Paestum nel 2012 e 2013. E come quello che ci terrà il
4/5/6 marzo 2016”.
Proprio di questo appuntamento le chiedo qualcosa di più,
circa le intenzioni con cui si è deciso di organizzarlo e quali
speranze vi sono riposte. “L’idea di ritornare in un luogo sto-
rico del femminismo italiano - a Paestum si era svolto l’ultimo
incontro nazionale degli anni ’70, nel 1976 - è nata, occasio-
nalmente o no, da un invito che ricevetti da alcune donne di
Paestum l’8 marzo 2012. L’accoglienza che ricevetti, il loro
desiderio di farci tornare e la generosa disponibilità dell’or-
ganizzazione in loco, decisero con immediatezza di quello
che è venuto dopo. Per l’incontro che ci sarà il prossimo anno
sono state decisive: la grave situazione in cui sono venuti a
trovare i Centri antiviolenza, dopo l’uscita di un “Piano d’a-
zione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”,
che istituzionalizzandoli, ne cancella di fatto l’autonomia, ridu-
cendoli a servizi sociali; le ricadute sulla scuola, chiamata a
fare azione ‘preventiva’ attraverso l’educazione di genere, ma
senza tenere conto che portare nella scuola le problematiche
del corpo vuol dire innanzitutto formare gli adulti, mettere in
discussione la neutralità della cultura trasmessa finora. Un
immenso lavoro culturale che non può ridursi, come ri-
schia di accadere, al ‘politicamente corretto’. Promotrice
dell’iniziativa è l’associazione nazionale dei centri antiviolen-
za, D.I.Re, ma con un impegno e coinvolgimento diretto di
altre realtà: dalla Libera Università delle Donne di Milano a
Scosse, ai Consultori privati laici di Milano alla Casa Interna-
zionale delle Donne di Roma, e altre singole e gruppi legati
ai temi della salute nei consultori, e al mondo del lavoro più
in generale. Tre giorni insieme, in un luogo incantevole, sarà,
come in passato, prima di tutto l’esperienza di cosa voglia
dire, nella storia del femminismo, la pratica di un ragionare,
discutere, decidere ‘collettivamente’, fuori dagli schemi che
hanno imbrigliato finora la politica organizzata, che cosa ha
significato per la generazione degli anni ’70 e per quelle ve-
nute dopo, la ‘scandalosa inversione tra vita e politica’”. Pri-
mum vivere, come è stato lo slogan di Paestum 2012. ?
Versione integrale dell’intervista e videoscrittura in:
http://www.noidonne.org/blog.php?ID=06872
pp.16_20_FOCUS_gen.2016.indd 17 31/12/15 08.31


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