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Numero 6 del 2015

Cibo ribelle - Speciale donne arabe


Foto: Cibo ribelle - Speciale donne arabe
PAGINA 45

Testi pagina 45

43Giugno 2015
Giornalista, scrittrice, documentarista: in quale
pelle ti senti più a tuo agio?
In quella di “racconta storie” legate alla realtà e all’attualità. Il
modo e il mezzo per raccontarle li scelgo di volta in volta: un
articolo, un saggio o un documentario sono forme diverse per
portare comunque una luce su un tema. Se l’obiettivo è infor-
mare l’articolo può essere la forma migliore, se invece si può
far arrivare un messaggio attraverso le emozioni penso ad un
racconto; un documentario, poi, può parlare a più persone
contemporaneamente, in maniera diretta, facendo riflettere
e intrattenendo. È la storia che decide il mezzo attraverso il
quale prendere forma.
Quali sono le tue passioni ed in quali ‘modelli’
artistici femminili ti riconosci?
La mia prima passione è la fotografia, ma anche la scrittura
e la poesia in particolare, e poi l’arte in generale. Non ho mo-
delli artistici in cui mi riconosco, ma ho dei punti di riferimen-
to, delle artiste che amo, apprezzo e prediligo come Virginia
Woolf, Susan Sontag, Alda Merini, Mina Abramovic, Doris
Lessing, Cindy Sherman. Nel giornalismo ovviamente stimo
Oriana Fallaci.
Com’è nata l’idea di un documentario sul
burlesque?
Il documentario viene dopo il libro “Burlesque. Quando lo
spettacolo diventa seduzione”, da me scritto qualche anno
fa, un saggio storico sul burlesque come forma di spettacolo.
La scrittura e la promozione di questo libro mi hanno porta-
to a scoprire le storie di alcune artiste italiane che, prima di
diventare tali, facevano un’altra vita e tutte, raccontandomi il
loro percorso, avevano esclamato, una all’insaputa dell’altra,
“il burlesque era la mia vita ed io non lo sapevo”. Mi è sem-
brato un segno da interpretare e tramutare in una storia da
raccontare in maniera corale. Nel docufilm racconto le scel-
ta di vita di Eve La Plume, Milena Bisacco, Scarlett Martini,
Albadoro Gala, Janet Fischietto e Betty Rose. Molte di loro
avevano anche un contratto a tempo interminato a cui hanno
rinunciato per seguire la loro passione per questa disciplina.
Mi è sembrato anche un modo di parlare di lavoro, tema di
grande attualità, da un punto di vista inconsueto.
Pensi che il burlesque valorizzi la femminilità e
l’autodeterminazione femminile? Secondo te è in
linea con le conquiste della donna?
Sul burlesque ci sono diverse teorie, anche antitetiche tra di
loro. Molti la considerano una disciplina anti-femminista per-
ché ci vedono la strumentalizzazione del corpo, come se le
donne (così come gli uomini d’altronde) potessero prescinde-
re dal loro corpo. Molti la considerano una disciplina femmi-
nista proprio perché con il burlesque la donna si riappropria
del proprio corpo e lo usa come crede, in totale indipendenza
e autonomia da stereotipi e strumentalizzazioni esterne. Basti
pensare che, nella maggior parte dei casi, le performer crea-
no da sole i loro numeri, essendo registe di se stesse. Io credo
che il burlesque oggi, soprattutto come fenomeno di costume,
sia una delle discipline che aiuta le donne, soprattutto quelle
comuni non artiste, a valorizzare la loro femminilità, a ridarle
il giusto peso, e in alcuni casi a recuperare la loro autostima.
Essendo poi una forma di spettacolo permette di esprimersi
a livello artistico ironizzando sul corpo, anche come risposta
all’eccessiva importanza che i mass media gli hanno attribui-
to. Quando una donna può decidere e scegliere in autonomia
di giocare con il proprio corpo, qualsiasi sia la sua forma e
taglia, credo che sia una donna libera.
Credi che la parità di genere sia raggiunta oggi o
ritieni ci siano battaglie ancora da combattere? Se
sì quali?
Credo che ancora oggi ci sia molto da fare per la parità di ge-
nere, soprattutto per quanto riguarda i temi della conciliazione
vita privata-lavoro e della differenza di salario tra i sessi, sui
quali sto già lavorando con un libro-documentario. In gene-
rale ritengo che vada scardinata l’organizzazione della vita
sociale e lavorativa basata sui tempi e sulle modalità maschili,
è necessario che le donne inizino a imporre il loro modo fem-
minile di vivere, di lavorare, di agire, di pensare, di gestire il
tempo e le risorse. Sono secoli che subiamo il punto di vista
maschile sul mondo ed oggi è maturato il tempo di cambiar-
lo. Nei decenni precedenti molte donne al potere, per impor-
si, hanno assunto atteggiamenti e comportamenti maschili,
oggi invece finalmente si iniziano a vedere donne nei posti
di potere con fare da donne e non da uomini. È il momento
di ripensare la società e la sua organizzazione con le tipiche
peculiarità femminili. b
Lorenza Fruci è giornalista, scrittrice,
autrice, e lavora come freelance
per diverse testate. Si occupa
prevalentemente di temi al femminile,
di costume, spettacolo e cultura.
Ha scritto i saggi:“Malafemmena.
La canzone di Totò” (Donzelli 2009),
“Burlesque. Uno spettacolo chiamato
seduzione” (Castelvecchi 2011), la
biografia “Betty Page. La vita segreta
della regina delle pin-up” (Perrone
2013), oltre a racconti e poesie.
È autrice del corto “Cortile” e del
documentario “La Zibaldina. Una storia
di crowdfunding”, che si è classificato
secondo al Premio Chiara Baldassari
2013.
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