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Numero 8 del 2016

Felicità, parliamone


Foto: Felicità, parliamone
PAGINA 29

Testi pagina 29

27Luglio-Agosto 2016
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alcuni decenni. Volendo tracciare un loro “identikit”, pos-
siamo affermare che questi scrittori/letterati sono, di solito,
in possesso di un livello medio/alto d’istruzione e sono in
gran parte donne. Ecco perché in questo articolo ci con-
centreremo sulla produzione letteraria femminile.
In via convenzionale possiamo identificare due grup-
pi di migrant women writers: Un “primo” gruppo, non
più giovane (nato tra gli anni Trenta e Cinquanta), arrivato
in Italia prima del crollo del comunismo, e un “secondo”
gruppo (nato tra gli anni Sessanta e Ottanta) emigrato nel
periodo in cui andavano consolidandosi nei paesi d’origi-
ne società post-comuniste, o a seguito della dissoluzione
della Jugoslavia.
Fanno parte del “primo” gruppo, la scrittrice e poetessa
ebrea ungherese Edith Steinschreiber Bruck [1932], che
si stabilisce in Italia nel 1954, dove conosce Montale, Un-
garetti, Luzi, e dove stringe amicizia con Primo Levi, che
la sollecita a ricordare la Shoah. Tra le scrittrici migranti,
Edith Bruck è considerata l’antesignana della letteratura
testimoniale sulla Shoah; la traduttrice e mediatrice cultu-
rale, originaria del Montenegro, esperta di cultura balcani-
ca e rom, Nada Strugar [1943], che vive in Italia (Brescia)
da oltre vent’anni; la croata Vesna Stani? [1946], autrice
di poesie, racconti e saggi. Trasferitasi a Roma negli anni
Settanta, oggi vive e lavora a Trieste; la scrittrice slovac-
ca Jarmila O?kayová [1955] arrivata in Italia nel 1974.
Figlia di due genitori dissidenti, sostenitori di Alexander
Dub?ek (interprete di una linea politica anti-autoritaria de-
finita “socialismo dal volto umano”), è stata testimone du-
rante la sua adolescenza di quella feconda stagione po-
litica che fu la Primavera di Praga, stroncata nell’agosto
del 1968 dall’occupazione del paese da parte dei carri
armati sovietici; la scrittrice croata Sarah Zuhra Lukani?
[1960] trasferitasi in Italia (Roma) nel 1987, vincitrice con
la raccolta di racconti Rione Kurdistan del premio letterario
“Mare nostrum” dedicato alla cultura migrante (Viareggio,
6-7 ottobre 2006).
Benché questi due gruppi di migrant women writers
abbiano caratteristiche proprie, entrambi hanno con-
diviso uno stesso percorso di emancipazione lettera-
ria che li ha visti impegnati nella costruzione di una
scrittura “nuova” nello stile e nei contenuti, e che si è
trasformata in un lasso di tempo relativamente breve da
letteratura legata all’immigrazione (spesso di tipo au-
tobiografico)
letteratura di testimonianza o di denuncia della condizione drammatica dell’im-
migrato, delle difficoltà di quest’ultimo a inserirsi nella società italiana e dei
pregiudizi di cui è spesso vittima, o descrizione delle strategie di sopravvivenza
adottate nei paesi d’accoglienza. si pensi, al riguardo, al romanzo Voglio un
marito italiano (Il punto d’Incontro, 2006) della scrittrice ucraina Marina Sòrina
[1973], con il quale l’autrice sfata il luogo comune secondo cui le donne dell’Est
europeo sarebbero delle avide ammaliatrici pronte a sedurre e ad accaparrarsi
un marito italiano, per acquisire la cittadinanza e poi fare i propri comodiIngrid
Beatrice
Coman
Jarmila
O?kayováEdith
Steinschreiber
Bruck
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