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Numero 8 del 2016

Felicità, parliamone


Foto: Felicità, parliamone
PAGINA 14

Testi pagina 14

12 Luglio-Agosto 2016
LA PROSPETTIVA
DI GENERE
È UNA BATTAGLIA
CULTURALE
I rIsultatI ottenutI e I nuovI orIzzontI
dell’accordo dI azIone comune per la
democrazIa parItarIa
A 70 anni dal diritto di voto alle donne, nel riper-correre le tappe storiche e le proiezioni della de-mocrazia paritaria nel nostro paese, fa piacere constatare negli ultimi anni l’intensificarsi di de-
cisivi e importanti risultati. E fa piacere, in particolare, a
noi dell’Accordo di azione comune per la democrazia
paritaria che, a partire dal 2010 - prima con l’elaborazione
di Noi Rete Donne e il sostegno alla doppia preferenza di
genere, poi con la promozione della rete di oltre 60 asso-
ciazioni - ci siamo poste l’obiettivo esplicito di completare
(o almeno di raggiungere importanti traguardi) il quadro
normativo di riferimento per la democrazia paritaria. Era-
vamo consapevoli - e lo siamo - che ciò non esaurisce i
nostri obiettivi, che resta da compiere una grande bat-
taglia culturale per la trasformazione anche qualitativa
della politica e delle relazioni tra istituzioni e cittadini, ma
che i meccanismi per il riequilibrio tra i generi, a tutti i livelli
istituzionali, costituiscono il presupposto anche per rivisi-
tare oggi il funzionamento e le finalità della democrazia po-
litica. Ci da soddisfazione aver contrastato la rassicurante
e infondata credenza che tutto fosse compiuto e a posto,
che non ci fossero ulteriori obiettivi sul piano normativo,
che la democrazia paritaria si potesse conseguire in auto-
matico. Ma quando? Invece questi sono stati finalmente
gli anni di leggi importantissime per il riequilibrio di
genere nelle giunte comunali e per i consigli, per le leg-
gi elettorali nazionale ed europea, per i consigli regio-
nali. Ci fa piacere pure aver contraddetto il caricaturale
pregiudizio sulla perenne litigiosità personale e sulla fram-
mentazione politica dell’universo femminile e femminista.
L’Accordo ha riunito, su obiettivi temporanei, mirati,
non ideologici, oltre 60 associazioni, da quelle “sto-
riche“ - che tanto hanno contribuito allo sviluppo le-
gislativo e al miglioramento della condizione sociale
delle donne - a quelle più recenti, significativa testimo-
nianza e motore di passaggi decisivi della storia negli
ultimi tempi.
L’Accordo ha scelto di operare per obiettivi definiti,
con un’agenda obiettivamente praticabile. L’Accordo si è
mosso, tenacemente, con un approccio inusuale, che
potrebbe davvero rappresentare anche una bella pratica
per tutti, per attrarre energie e forze verso obiettivi espliciti
e condivisi. Si è scelto chiaramente di non schierarsi ri-
spetto alle scelte sugli assetti, alle ingegnerie istituzionali,
alle tecniche legislative, ponendo l’esclusiva condizione
che qualunque opzione fosse declinata in base al genere.
La scelta di non schierarsi, è ovvio, è stata dell’Accordo
in quanto tale e non delle singole persone e delle asso-
ciazioni, più o meno “partigiane” e impegnate anche sui
profili della definizione delle specifiche opzioni. Si sono
così garantiti l’impatto ampio e la trasversalità dell’Accor-
do, e si è agevolato il lavoro prezioso di collaborazione tra
le parlamentari. Non siamo ancora al 50e50, e la crisi
istituzionale e di tensione etica comunque non agevola
acritici entusiasmi. Sarebbe però un errore non ricono-
scere i risultati sino a ora conseguiti, non
valorizzarli, non monitorarne gli sviluppi. Non
gioverebbe disconoscere gli apprezzabili
esiti: l’italico e scoraggiato disincanto è l’altra
faccia e presupposto del familismo amorale,
alimentatori di scetticismo e di populismo.
Così come pure sarebbe una sottovaluta-
zione, ora, non dislocare energie e iniziative
per risultati ulteriori e per obiettivi più artico-
lati, sul piano anche e soprattutto dei cam-
biamenti qualitativi della nostra democrazia, per sinergie
sistematiche tra centro e territorio, per nuovi e strutturati
“ponti” tra individui e Stato, tra comunità e istituzioni, per
fluidificare partecipazione e trasparenza, per riformare de-
mocraticamente la vita interna dei partiti politici.
Siamo partite nel 2010, realisticamente, dal ricono-
scimento dell’utilità della doppia preferenza di ge-
nere, consapevoli che quest’ultima non avrebbe di per
sé innescato processi di trasformazione qualitativa, ma
altrettanto convinte che la maggiore presenza femminile
sia comunque nel medio periodo fattore trasgressivo e ri-
di Daniela Carlà
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