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Numero 12 del 2011

Illuminata umanità


Foto: Illuminata umanità
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Testi pagina 7

di salari e profitti, ci saremmo risparmiata la crisi. Invece
abbiamo eletto e rieletto Berlusconi e intanto stiamo male
e non abbiamo più neppure i mezzi per pagarci l’anali-
sta contro la depressione.

Nel film le due donne, anche se troppo tardi quando non
vale più anticipare la fine con il veleno, cercano di ca-
pire: proprio la più fragile inventa per il bambino la
magia di una capanna “magica” di rami, entro cui gio-
care a rifugiarsi al momento dell’impatto. Il pittore Al-
brecht Diìrer nella sua Melencolia aveva disegnato
simboli che, anche incompresi, sono evocativi: attorno
alla donna dalle ali ripiegate, strumenti disseminati, una
clessidra, una campana, un teschio, un quadrato magico
con i numeri di Fibonacci, ma anche una cometa abba-
gliante sotto un arcobaleno ma vicina a un mostriciat-
tolo che trascina la scritta melencolia. Nemmeno Durer
pensava positivo, almeno in quella discussa figurazione

e come temeva i cavalieri dell’apocalisse, temeva abban—
dono culturale, ignavia, sfiducia.

Oggi, prima di attendere la fine del benessere occiden-
tale, abbiamo tempo per recuperare interesse alla buona
vita e cercare medicine risanatrici promuovendo dignità
e diritti, e cose che non si mangiano (tanto, la depres-
sione dà morte, non fame) come scuola, informazione,
cultura. Reagendo prima di subire la rovina. Che non è
certa, se è vero che l’umanità raggiunge i sette miliardi
con una bambina e deve sempre trovare le risorse, se in
Irlanda vince le elezioni un anziano poeta socialista con-
tro la star televisiva dei sondaggi, se in Liguria sono stati
tanti i ragazzi andati ad aiutare.

Coda: per chi fa informazione - vedi Noi Donne - i tagli
all’editoria sono il piccolo asteroide che minaccia la so-
pravvivenza. Pensiamo al pane, ma anche alle rose degli
abbonamenti. I

O
1 E di Catia lori

ESSERE 0 FARE?

e mie amiche ed i0 stessa siamo sommerse
Lda una fitta vita di impegni perseguiti con

zelo perfezionistico. Si saltella da una
riunione all’altra, si corre per uscire a cena e frui-
re di una parvenza di relazione sociale, si pia-
nificano le attività future con un ritmo a dir poco
schiacciante. Poi qualcuna smette quasi di
mangiare, l'altra si trova inchiodata a letto per
un mese, vittima di un dolorosa distorsione e ci
si trova fatalmente a fare i conti con se stesse.
Scopriamo improvvisamente che spesso, il la-
voro o l'accudimento dei figli “totalizzanti” sono
semplici paraventi dietro cui si nasconde la pau-
ra di fermarsi e di riflettere. Il corpo con qual-
che malessere importante si assume l'incarico
di comunicarci ciò che la mente si ostina a igno-
rare: la stanchezza per una vita spesa in viag-
gi e trasferte, frettolose pause-pranzo di lavo-
ro, incontri fugaci, stati di estrema tensione per
decisioni che non ammettono errori. Sinora l’ur-
genza del presente si è imposta sulle altre di-
mensioni del tempo, limitandoci al “qui ed
ora" imposti dalla fretta che domina il mondo
del business o delle famiglie che assoggettano
pure i piccoli alle agende da manager incalliti.

Non siamo mosse dalla lusinga della ricchezza
e del successo, grande illusione degli anni Ot-
tanta, ma da una delirante perversione a fare
di più e ad arrivare ovunque. Così correndo, si
arriva sfibrati alla meta, al punto da perdere per
strada il gusto della vita, il traboccante calore
dei sentimenti e la gioia di esserci. Di qui un ma-
lessere strisciante per scelte non completamente
nostre ma quasi subite, forse indotte dal desi-
derio di essere all'altezza delle aspettative al-
trui, delle famiglie e di insegnanti prima, dei di-
rigenti aziendali, poi. In una società in cui il va-
lore personale è rappresentato dall'efficienza,
l'autostima si misura sulle prestazioni erogate,
ma se non c'è un metro di riferimento la richiesta
diventa assolutamente illimitata e travolgente.
Un fare che, avulso dal fine e ignaro dei mez-
zi, diventa uno scopo per se stesso. Ci stiamo
accorgendo tuttavia che questa corsa a osta-
coli non prevede un traguardo né promette al-
cuna vittoria, consente soltanto il parziale,
provvisorio superamento del senso di inade-
guatezza, la fragile consapevolezza di averce-
la fatta, almeno per stavolta. Trovo necessario,
in tempi in cui nessuna sa davvero che cosa pos-



sa riservarle la vita negli anni a venire, prendersi
delle pause per dare senso compiuto alle nostre
vite, prendendone le fila e lavorarci su con gio-
ia e tenacia. Giunte alle domande essenziali, pen-
so che le opportunità siano così importanti che
solo riprendendoci l'anima possiamo affronta-
re il futuro con un gesto di libera, intelligente
e creativa autodeterminazione. Chi scopre la v0-
glia di decidere aumenta la propria gioia di vi-
vere. È ora, care amiche: usciamo dalla difen-
siva e con coraggio vinciamo inutili riservatezze
e resistenze interiori. Ciò non significa agire in
modo sconsiderato: tra paura e irruenza ci sono
infinite gradazioni e sfumature intermedie, ma
uscire dal proprio angolo protetto, questo sì, è
davvero urgente.

E allora la resilienza di cui siamo capaci ci por-
terà lontano perché tenendo dritta la barra del
timone, e incassando gli inevitabili colpi del-
la sorte, sappiamo dove indirizzare la nostra
nave e - credetemi - in un mondo frastorna-
to come questo, già solo la ferma decisione
di correre come un fuso ad esprimere la pro-
pria unica e irripetibile identità, è primato da
outsiders.

noidonne | dicembre | 2011



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