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Numero 10 del 2010

Bio diversa mente


Foto: Bio diversa mente
PAGINA 41

Testi pagina 41

39noidonne | ottobre | 2010
UDI
UNIONE DONNE IN ITALIA
pagine autogestite
dall’UDI a cura di
Ingrid Colanicchia
L
a Campagna ‘Immagini Amiche’
volge al termine: abbiamo tentato un
primo bilancio con Daniela Branca-
ti, giornalista, imprenditrice e dirigente
d’azienda nel settore della comunicazione,
saggista e scrittrice, nonché prima donna di-
rettrice di un telegiornale nazionale in Ita-
lia; attualmente, tra le altre cose, coordi-
natrice dell’Osservatorio sull’Immagine
dei Bambini in Televisione e Pubblicità - promosso da I
Pincopallino in collaborazione con l’Università Cattoli-
ca di Milano e Sapienza di Roma - e Presidente del Pre-
mio ‘Foglia Amica’ istituito dall’Udi.
“Se non si vede un’idea che almeno si veda una coscia!” scri-
veva, stigmatizzando gli spot pubblicitari italiani, nella prefa-
zione al suo “La pubblicità è femmina ma il pubblicitario è ma-
schio” pubblicato nel 2002. Cosa è cambiato in questi anni?
Che l’attenzione è passata dalla coscia al seno. Seriamente:
alcuni settori sono cambiati in meglio: la pubblicità tv del-
le automobili è diventata creativa, spesso divertente, a vol-
te tecnologica. Insomma, niente a che vedere con quel-
la di una volta che identificava l’oggetto-auto con il cor-
po femminile. È migliorata anche la pubblicità dei gestori
di comunicazione e telefonia, ma ahimè, a volte questi
prendono degli scivoloni pazzeschi. Penso alla Tim che
alterna spot divertenti con altri adatti a guardoni osses-
sionati dal sesso. Ma il peggio purtroppo è nelle pubbli-
cità locali. Al punto che spesso donne sindaco o assessore
o consigliere si sono messe alla testa di vere e proprie pro-
teste popolari e hanno strappato i manifesti. Spesso tra-
valicando anche i limiti di ciò che la legge consente a un
amministratore. D’altronde se da una parte si esagera, l’al-
tra che dovrebbe fare: assistere inerme?
Quale aspetto della campagna dell’Udi l’ha convinta ad ade-
rire e ad accettare la nomina a Presidente del premio ‘Foglia
Amica’?
Ho apprezzato subito la campagna dell’Udi, perché è pro-
positiva. Da anni penso che le nostre tante denuncie non
hanno portato a nulla perché bisogna cambiare la cultu-
ra dominante, cioè maschile. Lamentarsi o protestare è
INTERVISTA
A DANIELA BRANCATI
PRESIDENTE DEL PREMIO ‘FOGLIA AMICA’
come se portasse gli uomini a chiudere l’audio: non ci sen-
tono nemmeno. Così è nata l’idea - quasi contempora-
neamente a Pina Nuzzo e me - di tentare la strada opposta:
poiché non possiamo abolire le pubblicità nemiche del-
le donne, proviamo a premiare quelle amiche, creative ed
efficaci. E a far diventare questo premio talmente ambì-
to che pubblicitari e registi si spremeranno le meningi per
concorrere. È una sfida anche per noi, riuscire a sfrutta-
re la naturale competitività maschile (perché maschi an-
cora e sempre sono i decisori) volgendola al bene. Pina
mi ha proposto la presidenza in considerazione della mia
esperienza nel settore della comunicazione e all’attenzione
che ho dedicato a ‘donne e media’ negli ultimi trent’an-
ni. Per me è un onore collaborare con un’associazione sto-
rica come l’Udi che ha saputo rinnovarsi nel temi e nel-
le modalità d’azione.
Nel suo saggio “Oltre il tetto di cristallo – Donne e carriera: una
scalata difficile” (scritto a quattro mani con Elio Bergantino) ha
messo in luce le difficoltà che incontrano le donne nel mondo
del lavoro. Nell’ambito giornalistico qual è la situazione? Che fu-
turo vede per le giovani giornaliste?
Vorrei poter dire che il futuro è nelle loro mani, e in par-
te sicuramente lo è. Caratteristica di un buon giornali-
sta è saper dire dei no, ed essere molto autorevole. Per
le donne questo è doppiamente necessario. Ma, non ba-
sta. Rispetto ai miei esordi, il giornalismo è profonda-
mente cambiato. E ancor più è destinato a cambiare. La
rivoluzione digitale è sicuramente ancora agli inizi e non
ha portato tutte le sue conseguenze sul mercato, che tut-
tavia ne è già uscito sconvolto: giornali che perdono let-
tori e televisioni generaliste che perdono spettatori. No-
nostante ciò oggi già si parla di web 3.0, cioè di un ul-
teriore evoluzione del web. È chiaro che in queste con-
dizioni pensare al giornalismo come era, cioè un feno-
meno legato alla carta stampata, alle sue leggi e alle sue
rigidità, non serve e non aiuta a prevedere il futuro. In-
fatti, accanto a una fascia di garantiti, gli ‘in’, vediamo
un’enorme massa di out. Sono persone che si agitano in-
torno al sistema per riuscire a entrare, con due incognite:
non sanno se ci riusciranno; né sanno se, una volta en-
trati, il sistema reggerà ancora. n
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