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Numero 4 del 2010

Svelate


Foto: Svelate
PAGINA 8

Testi pagina 8

aprile 2010 noidonne8
Colte a caso dalle trasmissioni televi-sive andate in onda intorno all'8
marzo: "ormai si tratta di una festa co-
me tante altre, metti come la festa del
tartufo....... sembra che parliamo di una
specie protetta........dopo San Valentino
e la mamma arriva la festa della don-
na.... e così via".
Di questo livello le esternazioni
ascoltate in occasione della giornata
della donna, tutte accompagnate da
ironia, superficialità, irritazione, che
sparano alla rinfusa su quote rosa, ag-
gressività e mascolinizzazione delle
donne, intimidazione contro il sesso
maschile ormai impaurito (esclusi lo
stupratore, il violentatore, il molestato-
re, n.d.g.).
Il conduttore (mi riferisco in partico-
lare alla trasmissione Vita in diretta del
10 marzo scorso, che può essere emble-
matica di una certa realtà mediatica)
come un domatore nell'arena che aizza
e manda le parole allo sbaraglio: per lo
meno questa è l'impressione percepita.
Un'esperienza indubbiamente sgra-
devole ma sarebbe un errore metterla
via senza coglierne il senso e il segnale
d'allarme che ci rimanda. Sembra infat-
ti richiamarci tutte e con urgenza, ad
una riflessione seria, riguardo al nostro
rapporto con la comunicazione e al da-
to emergente di un'opinione pubblica to-
talmente disinformata e lasciata sopire
su pregiudizi e stereotipi non scalfiti nel
tempo.
L'8 marzo mediatico ci ha messe di
fronte ad un termometro che ci segnala
un male annidato nel senso comune e
ad un indicatore eloquente dell'attitudi-
ne di chi gestisce le trasmissioni.
Che via via nel tempo ci sia stata
concretamente scippata la celebrazione
di quell' 8 marzo concepito con un suo
valore anche simbolico è fuor di dubbio
e non basta sforzarsi a puntualizzare
che non si tratta di una festa ma di una
"giornata", nel tentativo di darle un
contenuto più ampio.
Forse è arrivato il momento di ripen-
sarla e riprogettarla seriamente per ri-
portarla, innanzi tutto, ad un momento
più interno al mondo femminile, più
esclusivo. Inoltre come occasione di in-
contro non per auto-celebrarci e/o auto
commiserarci ma per fare il punto, anno
dopo anno e ricercare modalità e vie per
un lavoro strategico e sistematico da
svolgere durante l'arco dell'intero anno
e mirato ai sistemi della comunicazio-
ne. Essendo indubbio che quello è il luo-
go che determina in gran parte la nostra
visibilità e la sede in cui far conoscere la
donna reale.
E' necessario trovare insieme un mo-
do per rendere i responsabili dei media
meno sprovveduti o impreparati quan-
do decidono di fare intrattenimento sul-
la nostra pelle, per evitare sia quelle lai-
che giaculatorie che abbiamo sentito
snocciolare in quei giorni sia che di tut-
to e di più venga pronunciato a ruota li-
bera da un pubblico disinformato, im-
provvisatosi, senza sua colpa, opinioni-
sta per caso.
E senza possibilità di replica. Ci dob-
biamo augurare di riuscire a far sì che"
l'8 marzo" non venga propinato più co-
me doveroso tributo da far ingoiare, a
mo' di pillola, una tantum ed impedire
che un vieto chiacchiericcio serva a ri-
empire il solito contenitore con su scrit-
to 8 MARZO senza rappresentarci real-
mente.
Lo scippo e il tartufo
8 marzo in TV
Marcella Mariani
varie trasmissioni hanno
parlato delle donne in modo
distorto. Serve una riflessione
seria sul nostro rapporto con
la comunicazione
Ho letto da qualche parte tornando da Londra che in Italia essere donne è dolore, pasta, ma-
ternità e banche chiuse. Non so perché ma l'affermazione così stentorea, tipicamente british,
mi ha folgorata. Io, da italiana, vedo più donne nude sulle copertine dei giornali, più teen agers
che aspirano a diventare ballerine o showgirl. Comunque la si guardi, non è un bel vedere. E
la cosa più assurda è che anche le parlamentari, le giornaliste più quotate ed intelligenti cer-
cano di assomigliare a pin up evergreen. Credo che non ci sia niente di male a sentirsi bene
nella propria pelle, ma da qui a rifarsi le labbra, atteggiarsi a dive e tentare di mostrare vent'anni di meno ce ne passa. Di
donne che valgono ce ne sono, però l'unico modello davvero vincente proposto dalla tv sono le veline. La nostra classe po-
litica, come gran parte del management di punta economico finanziario è vecchio, di età e di testa e non si rende conto
del costo sociale che deriva dal mettere da parte metà delle potenziali risorse di un paese. Bellezza, casa e lavoro: una gran-
de trappola da cui facciamo fatica a stare fuori. Il vero problema, come diceva qualche tempo fa Chiara Saraceno, è che i
guardiani del potere vero sono ancora uomini e le donne sono costrette ad adeguarsi. Siamo un Paese che si riempie la
bocca di paroloni sulla dignità femminile, sull'intelletto delle donne, su commissioni e pari opportunità ma senza risulta-
ti concreti. Detto questo, le donne si dividono in tre categorie: quelle affaticate e spettinate perché non aiutate dalle isti-
tuzioni, quelle "fisicate" che facendo foto o mostrando il gluteo guadagnano di più che con una laurea e un calvario di con-
tratti a termine e le cosiddette donne con gli attributi che non hanno il coraggio di tirarsi fuori dalle cordate, temendo di
perdere qualcosa. Forse l'identità, forse la carriera. Insomma qualcosa di loro stesse. Serve qualcosa di diverso. Perché i
giornali non cominciano a parlare di storie di donne interessanti? Secondo me venderebbero alcune decine di copie in più.
Tra pasta e labbra a canotto


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