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Numero 4 del 2010

Svelate


Foto: Svelate
PAGINA 21

Testi pagina 21

noidonne aprile 2010 21
re robusto, per sostenerla nel suo moto
continuo. Una specie di cupola ariosa,
simile forse a una pagoda, o a un gaze-
bo lussuosissimo, che affacciava su un
panorama tra i più suggestivi di Roma,
quando il Colosseo non c'era ancora e
al suo posto c'era un laghetto.
"I prossimi scavi daranno altre in-
formazioni, più precise, anche se quelli
già fatti hanno detto molto. Abbiamo
avuto 200mila euro per proseguire le in-
dagini e mettere in sicurezza quell'ango-
lo. Non so se questi fondi saranno suffi-
cienti per portare a termine i lavori. Ma
il Commissario della Sovrintendenza,
Roberto Cecchi, segue attentamente
questo cantiere, e lo sostiene anche con
assistenza tecnica. Del resto questo è un
ritrovamento che ha avuto rilevanza in
tutto il mondo, da cui ci chiedono con-
tinuamente di avere documentazione e
notizie aggiornate", dice la direttrice To-
mei. Gli addetti ai lavori all'interno del-
la Soprintendenza, archeologi e archi-
tetti, quasi tutte donne, come anche il
direttore dei lavori, Antonella Tomasel-
lo, sono pochissimi. Nonostante questo,
oggi i cantieri aperti sono molti, almeno
quindici. Un miracolo reso possibile
dalla risorsa delle collaborazioni ester-
ne, sia italiane che straniere, da parte di
università, enti, istituti di ricerca e scuo-
le prestigiose come la Scuola Francese.
"Adesso abbiamo aperto al pubblico
la Vigna Barberini che non era mai sta-
ta visitabile, e il complesso delle Arcate
Severiane, fruibile tre giorni a settima-
na, che era rimasto chiuso per più di
mezzo secolo. Succede che a volte fac-
ciamo dei lavori importanti e poi non li
possiamo aprire perché non abbiamo
abbastanza custodi (sono circa una set-
tantina, tra giornalieri e notturni, però
le aree sono tante e le situazioni vanno
controllate bene da vicino perchè posso-
no presentare qualche pericolo per i vi-
sitatori). Insomma, la metà del Palatino
è ancora chiusa. E questo è il posto ar-
cheologico più importante del mondo! I
finanziamenti purtroppo sono sempre
un po' a singhiozzo, un anno ne arriva-
no di più, un anno di meno. Magari si
resta a metà con un cantiere, e lo si ri-
apre cinque anni dopo. Così va perso il
lavoro fatto prima, e si deve ricomin-
ciare tutto da capo", conclude la diret-
trice.
nel presidio archeologico più importante del mondo
lavorano quasi tutte donne, direttrice archeologhe e architette.
Intervista a Antonietta Tomei e Françoise Villedieu
Nerone: un keynesiano ante litteram?
Il primo a rendersi compiutamente conto che le dimensioni e la complessità del-
l'impero richiedevano un salto di qualità, politico e amministrativo, per essere gesti-
te a vantaggio di Roma, era stato Cesare. Con gli esiti, esiziali per lui, che sappia-
mo. La resistenza dei ceti senatoriali conservatori si avvaleva, davanti alla plebe, del
richiamo ai valori antichi della repubblica romana: con questo atteggiamento
dovranno fare i conti tutti gli imperatori della stirpe Giulio-Claudia, oscillando tra
mediazioni e strappi, tra attentati subiti e repressioni, sulla via, difficile allora come
ora, dell'innovazione.
Al suo insediamento, nel 54 d.C., Nerone, ultimo imperatore di quella stirpe, trovò
la riforma dell'amministrazione già impostata da Claudio, con l'affidamento dei ruoli
dirigenziali a manager tecnici, i liberti, spesso provenienti da quella cultura elleni-
stica che, con il suo eclettismo, rappresentava al meglio il dinamismo, anche eco-
nomico, di molte parti dell'Impero. Il giovane imperatore perfezionò la riforma, con
molta attenzione al settore della giustizia, cercando di coinvolgere il Senato nella
sua azione, e comunque di compiacerlo ogni volta che era possibile; la sua inclina-
zione naturale, tuttavia, e forse anche il calcolo politico, lo portava al rapporto
diretto con la plebe che, per parte sua, gli manifestò affetto fino oltre la morte.
Nel 58, Nerone tentò la prima vera riforma radicale sul versante economico, in
senso anti-protezionistico, con la proposta di abolizione delle imposte indirette: si
trattava di una manovra complessa, equivalente ad un quindicesimo del bilancio
pubblico. L'intento era quello di liberalizzare i commerci all'interno dell'impero,
attraverso la diminuzione dei prezzi e il conseguente aumento del grado di concor-
renza, con vantaggio per i ceti meno abbienti e a reddito fisso. Ma i senatori videro
in pericolo le loro rendite, derivanti dalle condizioni di quasi-monopolio a cui ven-
devano in Italia le produzioni dei loro latifondi, e si opposero. Nerone fu costretto
a ripiegare su misure parziali e di entità molto minore; ma, in questa sconfitta poli-
tica, si consumò definitivamente la sua rottura con il Senato. Da questo momento,
Nerone comincia a orientarsi verso una monarchia assoluta di tipo ellenistico: un
impero così vasto aveva bisogno di un centro decisionale unico, in grado di relazio-
narsi con le culture e le esigenze delle province, non più riconducibili alle categorie
ristrette della romanità delle origini repubblicane.
E' nel 66 che Nerone riesce a mettere in atto una manovra, ancora più articolata, a
sostegno della domanda e del reddito, combinando tanto efficacemente politica
monetaria e fiscale, da farlo indicare da alcuni studiosi dei giorni nostri come una
sorta di keynesiano ante litteram (M. A. Levi, M. Thornton, R. Thornton). Per prima
cosa, l'imperatore annuncia e attua una svalutazione monetaria, diminuendo il tito-
lo dell'oro e dell'argento nelle monete senza modificare il loro valore nominale, che
si concretizza dunque in un aumento dell'offerta di moneta. La misura della svalu-
tazione è studiata in modo che non risulti, tuttavia, conveniente la tesaurizzazio-
ne delle vecchie monete a fini di recupero del metallo prezioso; e anche in modo da
migliorare il rapporto di cambio tra oro e argento a favore di quest'ultimo, che era il
metallo a cui avevano accesso le classi di reddito più basso. Le spinte inflazionisti-
che, che potevano derivare da tale operazione, sono contenute dal fatto che la mag-
giore disponibilità di mezzi di pagamento viene collegata ad un ingente programma
di spesa pubblica per grandi opere, come diremmo oggi: si tratta, prima di tutto, di
ricostruire Roma, dopo il famoso incendio. Dalla spesa pubblica si innescano quelli
che oggi indichiamo come effetti moltiplicativi sul reddito e l'occupazione, princi-
palmente nei settori delle cave, dei trasporti, dei laterizi, delle costruzioni; i quali,
all'epoca, erano anche quelli a più alto contenuto tecnologico.
Alla fine, l'inflazione si contenne intorno al 2% annuo, senza peraltro toccare i beni
primari come il grano; gli effetti di questa manovra in termini di redistribuzione del
reddito e di sviluppo economico saranno invece duraturi e andranno ben oltre la
morte dell'imperatore. Il Senato, per parte sua, infamò Nerone, alla sua morte, con
la damnatio memoriae ad saeecula saeculorum che, in larga parte, sembra durare
fino ai giorni nostri; ma questa, è ancora un'altra storia.
Rita Castellani


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