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Numero 10 del 2012

Futura: Il domani che è tra noi / 2


Foto: Futura: Il domani che è tra noi / 2
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di fluido, il che conferisce all’intero complesso una nuo-
va continuità visiva con il resto della città.

Oggi possiamo vedere la sua firma in tantissimi proget-
ti spettacolari realizzati in tutto il mondo: per elencarne
alcuni, dal Museo MAXXI di Roma al Progetto Citylife
per l’Expo 2015 di Milano, dal Centro Acquatico per le
Olimpiadi 2012 di Londra al Ponte dedicato allo Sheikh
Zayed ad Abu Dhabi.

La sua è una firma che porta con sé anche il vero spirito del-
l’energia femminile in architettura, come è emerso da uno
studio di Wonoseputro, lettrice al Dipartimento di Archi-
tettura presso l’Università Cristiana di Petra: “i lavori di Zaha
Hadid rivelano esplicitamente una personalità indipendente
e energica nel presentare la fluidità delle forme artistiche
(come nell’esposizione alla Biennale di Singapore del
2006), come pure la liricità e il dinamismo di un trampoli-
no di lancio per sciatori dalla silhouette curvata e esuberante,
tesa verso cielo (come nello skyjump di Bergisel ad In-
nsbruck, costruito nel 2002)”.



Ma la ricerca di eventuali principi tipicamente
“femminili” nell’architettura, come in qualsia—
si ambito lavorativo, rischia di assumere con-
notati stereotipizzanti, come se esistessero due
distinti modi di fare e il pensiero “maschile” fos—
se considerato come il metro di paragone del-
la pratica femminile. Come Hadid stessa ha affermato in
varie occasioni: “non si può ridurre la questione lavoro
a un problema di genere maschile o femminile”, anche se
di fatto esistono ancora ineguaglianze, cui gli studiosi di
sociologia cercano di dare spiegazioni.

Joumana Haddad ci ha fornito un piccolo elenco di pro-
fessioniste arabe nel suo libro “Ho ucciso Shahrazade”
(“Non tutte le donne arabe mancano di spina dorsale. Per
averne 1a prova schiacciante basterebbe che noi, occidentali
e arabi, leggessimo i saggi di intellettuali come Ma y Zia-
deb, Hoda Shaarawi, [. . .]; scoprire di racconti di scrit—
trici come [. . .] Hoda Barakat, Hanan aI-Sheikh; ammi-
rare 1' lavori di artiste come Zaha Hadid. Mona Hatoum
[. . .].”). Questo ci da la prova che oggi le donne, e nella
fattispecie le donne arabe, stanno raccogliendo i propri
frutti dopo una vita passata a lottare con “le unghie del-
la professione” contro i pregiudizi di una società preva—
lentemente maschilista. Grazie a Dio! O sarebbe meglio

dire, Al-hamdu Li-llah!

unirla ma | ottobre | 201 ‘32


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