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Numero 5 del 2012

Mamme nel Terzo Millennio


Foto: Mamme nel Terzo Millennio
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Testi pagina 42

importante passo avanti per il risvolto economico che ne
consegue e per un primo riconoscimento della capacità
giuridica delle donne.

Uno dei primi contributi alla causa femminile è dato dal—
le opere della contessa Cristina Trivulzio di Belqiojoso
(1808-1871), che riflette con lucidità sulla sua esperienza
personale e su quella di tutte le donne, che al tempo del—

Cristina Trivulzio di Belqiojoso ebbe una
travagliata vita sentimentale e comportamenti rite-
nuti per il tempo scandalosi (sposata al principe Emi-
lio Barbiano di Belgiojoso, lasciò il marito ed ebbe una
figlia da un nuovo compagno). Fuggita in Francia dopo
il 1831, si dedicò al giornalismo. Tornata in Italia nel
1840 si stabilì a Trivulzio e rimase molto colpita dal-
le condizioni di miseria estrema in cui si trovavano i
contadini del tempo, decise di dedicarsi ai problemi
sociali aprendo asili e scuole per i figli e le figlie dei
contadini che lavoravano nelle sue proprietà. Cristi-
na di Belqiojoso partecipò attivamente anche alla vita
intellettuale e politica del tempo. Intervenne nelle Cin-
que Giornate di Milano, convinta che il Risorgimen-
to dovesse anche apportare riforme sociali. Nel
1848-49 fu in prima linea: raggiunse Milano guidan-
do la “Divisione Belgiojoso”, duecento volontari da
lei reclutati e finanziati.

A Roma nei mesi della Repubblica guidata da Maz-
zini, lavorò giorno e notte negli ospedali durante l'as-
sedio della città, creando le “infermiere" laiche e chia-
mando a questo compito nobili, borghesi e prostitu-
te. Alla caduta della Repubblica dopo essersi battu-
ta per salvare feriti e prigionieri, fuggì a Malta, ad Ate-
ne e infine a Costantinopoli. I suoi viaggi in Oriente
e i suoi tentativi di creare società utopistiche perfi-
no in Turchia, testimoniano una nuova svolta nella sua
vita. Dopo l'Unità d'Italia si dedicò alle meditazioni sul-
la condizione della donna: diritto all'istruzione e una
paga pari agli uomini sono le sue proposte che, come
tiene a precisare lei stessa, restano le prime riven-
dicazioni a cui la donna debba aspirare.

l’Unità d’Italia erano un accessorio del capofamiglia (pa-
dre o marito). Nel Codice di Famiglia del 1865 le don—
ne non avevano il diritto di esercitare la tutela sui figli,
né potevano essere ammesse ai pubblici uffici. Se spo-
sate, non potevano gestire i soldi guadagnati con il pro—
prio lavoro. Veniva loro chiesta l’” autorizzazione mari-
tale” per donare o alienare beni immobili, sottoporli a
ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali. Tale
autorizzazione era necessaria anche per ottenere la se-
parazione legale. L’articolo 486 del Codice Penale pre-

noidonne | maggio | 2012



vedeva una pena detentiva da tre mesi a due anni per la
donna adultera, mentre puniva il marito solo in caso di
concubinato.

Nel periodo Risorgimentale in Italia, il dibattito sui di—
ritti delle donne, la loro educazione ed emancipazione
restò assai superficiale e marginale,
soprattutto se pensiamo che molti
degli “illustri pensatori” del Risor-
gimento italiano che riteniamo in-
tellettuali d’avanguardia, si sforza—
rono di ribadire ancora una volta la
soggezione della donna all’uomo.
Unica voce fuori dal coro quella di
Giuseppe Mazzini. Secondo Vin-
cenzo Gioberti: “La donna è in un
certo modo verso l’uomo ciò che è
il vegetale verso l’animale, o la pianta parassita verso
quella che si regge e si sostentata da sé”. Per Rosmini:
“Compete al marito, secondo la convenienza della na—
tura, essere capo e signore; compete alla moglie, e sta
bene, essere quasi un’accessione, un compimento del
marito, tutta consacrata a lui e dal suo nome dominata”.
Secondo Filangieri spetta
alla donna l’amministrazione
della famiglia e della prole,
mentre le funzioni civili spet-
tano all’uomo.

Tali teorie furono alla base
del diritto di famiglia del-
l’Italia unita, riformato solo
molti anni più tardi, nel
1975. Anche per quanto ri-
guardava l’esercizio dei diritti
politici, il dibattito in Italia fu
assai poco acceso. Le stesse
donne attive sulla scena politica furono uno sparuto
gruppo di eccezioni. In siffatto clima le donne, nell’Ita-
lia unita, vennero sistematicamente escluse dal godi-
mento dei diritti politici.

Nel 1866 proprio Cristina di Belgiojoso scriveva: “quelle
poche voci femminili che si innalzano chiedendo dagli
uomini il riconoscimento delle loro uguaglianza formale,
hanno più avversa la maggior parte delle donne che degli
uomini stessi. [...] Le donne che ambiscono a un nuovo
ordine di cose, debbono armarsi di pazienza e abnega-
zione, contentarsi di preparare il suolo, seminarlo, ma
non pretendere di raccoglierne le messi”. Nel 1875 la
Camera dei Deputati del Regno d’Italia respinse la pro-
posta dell’on. Morelli volta a modificare la legge eletto—
rale che escludeva dal voto politico e amministrativo le
donne al pari degli “analfabeti, interdetti, detenuti in


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