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Numero 6 del 2010

Spot! Pubblicità & dignità


Foto: Spot! Pubblicità & dignità
PAGINA 16

Testi pagina 16

giugno 2010 noidonne16
Lorenzo Guarnera è direttore creativo,titolare dell'omonima agenzia fonda-
ta nel 2008, e svolge da sempre la sua
attività nella sua città natale, Catania.
E' socio della TP - Associazione Italiana
Pubblicitari Professionisti - dal 1994.
Nel 2009 una campagna curata dalla
sua agenzia ha ricevuto dallo IAP - Isti-
tuto di Autodisciplina Pubblicitaria -
un'ingiunzione a bloccare la propagan-
da commerciale in quanto il messaggio
avrebbe trasferito sulla donna l'appeti-
bilità dell'alimento.
Siamo andati a sentire la sua opinio-
ne in materia di pubblicità e corpi delle
donne per capire il punto di vista di chi
si confronta con le richieste del mercato,
i consumi e le norme deontologiche.
La pubblicità registra i gusti della
società e li utilizza oppure crea e
orienta i gusti?
L'uno e l'altro. Mutano i tempi, i gu-
sti, i costumi. Solitamente la pubblicità
commerciale, quella legata ai brand, è
capace di cogliere in anticipo tendenze
e orientamenti di costume amplifican-
doli. Ma non credo, in genere, che la
pubblicità commerciale sia in grado di
modificare i gusti nel breve periodo,
piuttosto la credo capacissima di ingi-
gantirli e contribuire a farli diventare
una "moda". In ambito sociale, invece,
il ruolo delle "pubblicità solidale" o del-
la comunicazione pubblica può consi-
derarsi sostanziale nel sensibilizzare ed
orientare i cittadini a comportamenti
sani e corretti. Ma non credo affatto che
riesca ad esercitare un potere. In questo
ambito riesce a fare molto di più l'infor-
mazione, basti pensare alle conseguenze
nell'opinione pubblica a causa di una
notizia non data o di una cronaca de-
formata!
Può esistere un'etica della pubblicità?
È una questione di valori, di respon-
sabilità sociale oltre che deontologica.
Come ogni professione anche quella del
pubblicitario è regolata da precisi obbli-
ghi etici. Chi opera con onestà intellet-
tuale si attiene con scrupolo al regola-
mento imposto dallo IAP, e ha l'obbligo
di riconoscerlo e di farlo rispettare ai
propri clienti. La TP, la più antica asso-
ciazione italiana che raggruppa i pro-
fessionisti della pubblicità, cui appar-
tengo, è da sempre fortemente attiva an-
che in questa direzione.
I pubblicitari non sentono di avere
anche delle responsabilità nell'uso
volgare del corpo della donna?
Non vorrei sembrare "bacchettone".
Se parliamo della "volgarità" ogni pub-
blicitario che la adopera dovrebbe sen-
tirsi eticamente responsabile nei con-
fronti sia della società sia del cliente al
quale ha venduto la sua "volgare" con-
sulenza. Per me l'utilizzo improprio del
corpo, sia femminile sia maschile sia in-
fantile, è la rivelazione dell'incapacità
del pubblicitario a trovare argomenti
sostenibili e soluzioni creative in grado
di impattare ed essere convincenti con
gusto e originalità. È una debolezza.
Mettere in mostra 'pezzi' di corpi
di una donna fa vendere di più? O
attira l'attenzione?
Una ricerca di mercato, condotta ne-
gli anni '90 su un pubblico femminile,
rivelò che le acquirenti in generale era-
no piacevolmente attratte dalla bellez-
za femminile, e che acquistavano molto
più volentieri un prodotto pubblicizzato
attraverso la testimonianza di un perso-
Pubblicità / 2
Nadia Angelucci
Il potere e la debolezza
Hannah Arendt scriveva che la libertà è dare inizio a qualcosa di nuovo, e la
sua forma archetipica è la nascita, la natalità. Si riferiva alla nascita in senso
simbolico, che nella politica è ricorrente, ma anche in senso letterale al fisico
"venire al mondo". Un atto, secondo lei, che sconvolge l'ordine esistente del-
le cose e costituisce la vera garanzia che la libertà, nonostante tutto, non
scomparirà da questa terra. Riconsiderando la storia da questo originale pun-
to di vista, le donne sono prigioniere da sempre di un evidente paradosso. Col
corpo, fin dalle origini, sono più vicine degli uomini all'enorme atto di libertà
di ogni nascita; ma ciò nonostante hanno dovuto combattere per conquista-
re ogni libertà e ogni diritto. Oggi che si parla di "velinismo", l'ulteriore com-
plicazione è che di questa lunga lotta femminile, costellata di conquiste solo
recenti, le giovani sembrano non avere memoria. E dunque proprio a loro, con
la preoccupazione che i successi del passato non vadano perduti, si rivolge
"Care ragazze. Un promemoria", bel saggio di Vittoria Franco, senatrice, a lun-
go responsabile Pari Opportunità per il Pd e docente di storia della
filosofia alla Normale di Pisa. Il volume è un'appassionata lettera alle ragaz-
ze per ricostruire il
percorso delle donne, attraverso le battaglie di tante e le idee delle più ama-
te tra le pensatrici, che hanno dato radici all'uguaglianza, all'autodetermina-
zione, all'emancipazione, all'ambizione femmi-
nile al potere. L'obiettivo è spiegare come sia
stato possibile ottenere il voto, il divorzio, l'a-
borto, il nuovo diritto di famiglia, l'accesso al-
le professioni considerate maschili, e quanto
ancora ci sia da fare. Con un sogno. "Sarei dav-
vero soddisfatta - scrive l'autrice - se questo
promemoria si rivelasse un modo per ritrovar-
ci, generazioni diverse di donne; capire il pas-
sato per vivere meglio il presente e lavorare in-
sieme, ciascuna a modo suo, per un futuro di
libertà più vera".
Vittoria Franco
Care ragazze. Un promemoria
Donzelli
Care ragazze, state attente:
i diritti delle donne si possono anche perdere
Ilaria Di Bella


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