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Numero 10 del 2014

Occhio alle (De)Generazioni


Foto: Occhio alle (De)Generazioni
PAGINA 15

Testi pagina 15

13Ottobre 2014
IDEE
di Catia Iori
Un caro amico, empatico e intelligente, sostiene che quando intraprende un nuovo progetto, sia un viaggio, l’organizzazione di un evento o una
semplice festa tra amici chiama a raccolta tutti quelli
che gli stanno intorno e in nome dell’amicizia chiede un
piccolo contributo, che si tratti di un’idea, di un impegno a
fare, di un oggetto da portare. Movimenta tutti, ma proprio
tutti e in nome dell’amicizia gran parte delle amiche che
lo conoscono e per certi versi ne apprezzano la vitalità
quasi dionisiaca e la tenace volontà, si cimentano,chi più
chi meno nell’impresa del momento. A fatica noi donne
riusciamo a sottrarci a un coinvolgimento cosi insistente
perché pare quasi offensivo o antipatico rifiutare da
subito e con decisione l’invito. È sempre mortificante
per me accorgersi che oggi il legame con l’altro, e più
spesso con noi donne, è sempre sciolto da tutto il resto.
Ti si chiama perché sei carina, ti presenti bene, sei una
brava cuoca, procuri fatturato, tuteli bene gli interessi
di un capo concentrato su se stesso. Tu sai parlare, sai
pazientemente curare la sua mamma e dare consigli
preziosi agli adolescenti figli che gli sfuggono di mano.
Insomma tu gli “servi” a qualcosa.
Anche nella relazione tra partner se è vero che ognuno
può esprimere se stesso al di fuori di ogni regola è però
altrettanto vero che devi dimostrare a qualcuno di farcela,
aiutando quel lui a realizzarsi e a vivere al meglio. E qui
è evidente che se tu tieni a quella relazione cadi pur
sempre in un tranello molto vischioso in cui individualismo,
egoismo e narcisismo sono lì che covano sotto gesti
gentili e buone maniere. Sempre che vada bene, si
intende. Non entriamo in relazione vera e profonda con
l’altro, con i suoi limiti e le sue bellezze,in un dialogo che
si alimenta di ascolto reciproco e di rispetto. Ne siamo
consapevoli o ce la raccontiamo? Un ego più spesso
maschile che ti strumentalizza e che funziona fi nché nutri
la sua autorealizzazione e la sua visione del mondo, in una
celebrazione narcisistica che non scalda nessuno dei due
perché sterile e vuota.
Quando l’altro non ascolta, quando non vuole sentire
ragioni, prestando il fi anco a una violazione della propria
personale integrità, bè allora vuol dire che non si mette
in gioco. Rimarrà sempre fermo a se stesso e nulla vorrà
sapere dell’altra parte di sé che solo la relazione autentica
con l’altro può rivelare.
SI FIDI CHI PUÒ!
un lavoro continuo di innovazione. I mutamenti sociodemografi ci
impongono sempre più di verifi care la capacità di inclusione del
sistema, individuando risposte nuove a nuovi bisogni. Famiglie
monoparentali, disagio minorile, anziani soli non autosuffi cienti,
nuove povertà… sono alcune delle realtà in forte crescita che ri-
chiedono una rilettura del nostro sistema pubblico di servizi. Si
dovrà costruire con le persone, con le famiglie, con la comunità
tutta, un welfare che non lasci solo nessuno e ciò sarà possibile
solo avvalendosi di tutte le risorse della comunità.
Accennava prima ai costi della politica. Quanto ha pesato il
tema della “casta” nel vostro lavoro?
Molto. Il diffi cile periodo che l’Italia sta attraversando, i problemi
che le persone e le famiglie stanno vivendo da troppi anni, ri-
chiederebbero una classe politica forte e legittimata al servizio
del bene comune. Al contrario, alcune “prove” che la politica ha
dato hanno gettato una cortina di discredito che non risparmia
nessuno. I costi e la lotta alla corruzione sono temi molto seri che
l’Assemblea dell’Emilia-Romagna ha affrontato ancora prima del
governo nazionale, con provvedimenti concreti per la trasparen-
za, la sobrietà e la buona politica. Purtroppo causa il ritardo con
cui in Italia si è messo mano a privilegi e sprechi, questo lavo-
ro non è bastato ad arginare il profondo malcontento e distacco
dei cittadini. È indispensabile continuare sulla via della massima
trasparenza perché il rapporto di fi ducia è fondamentale in una
democrazia. Tutti dobbiamo contribuire a ripristinarlo al più presto,
comunicando meglio cosa si fa, e come.
Il cuore della questione è insomma la distanza da colmare tra
politica, istituzioni e cittadini. Qui i partiti hanno una respon-
sabilità forte…
Per assolvere al loro compito costituzionale di intercettare, inter-
pretare e tradurre in proposte di governo le esigenze dei cittadini, i
partiti devono selezionare in modo democratico personale politico
di alto profi lo. Ma chi intende assumere un incarico pubblico deve
essere consapevole che si tratta di un servizio alla comunità e non
una carriera personale. Che si tratta di un’opportunità straordina-
ria per essere utili agli interessi generali, che però comporta forti
limitazioni alla propria vita e al proprio particolare interesse. Chi fa
politica precarizza la sua vita: dove c’è questa consapevolezza
c’è un onesto amministratore, che fa bene il suo mestiere perché
non si allontana dalla realtà che vivono la maggioranza delle don-
ne e degli uomini nella società di oggi. E poiché le donne, come
dicevo prima, sono portate ad una maggiore aderenza alla real-
tà… è bene che facciano la loro parte!
Perché non si è ricandidata alla Regione, nonostante sia al
primo mandato?
Ho ritenuto che dopo tanti anni di impegno politico ed e sperienza
amministrativa fosse giusto non chiedere automatismi e lasciare
spazio ad altre donne. Ribadisco il concetto: questa non è una
carriera ma un servizio, che posso benissimo continuare a svol-
gere in modo volontario. ?


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