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Numero 11 del 2012

Futura: Il domani che è tra noi / 3


Foto: Futura: Il domani che è tra noi / 3
PAGINA 6

Testi pagina 6

MOVIMENTI IN MOVIMENTO

“La radicalità femminista o si fa proposta concreta 0 non realizza le proprie aspirazioni”

entre il tempo passa e la crisi no, i rap-
porti istituzionali e politici peggiorano e
anche la società civile non dà bei segna-
li. Ma molti gruppi di donne hanno al—

zato la testa. A Paestum, nel mega-in-
contro del femminismo 2012, erano convenute addirittu-
ra in 800! Pensando alle 36 primavere che ci distanziano dal
primo convegno femminista nella stessa Paestum, appare
evidente che chi ci è tornata ha contagiato positivamente an-
chele giovani che erano andate a portare la loro istanza di
futuro con desideri e pensieri autonomi. C’è da sperare che
tutte le differenze generazionali riconducano all’unica re-
altà di vivere nello stesso tempo.
Se si voleva portare la sfida femminista “al cuore della po-
litica” - non a caso si era scelto il titolo: “Primum Vivere, an-
che nella crisi: 1a rivoluzione necessaria“ — non è detto che
all’obiettivo sia corrisposto un progetto o, quanto meno, un
programma di scelte adatto a dare al genere visibilità im-
mediata in questi tempi di crisi economica e di debolezza
politica preelettorale. Buona, comunque la proposta di Eli-
sa Dal Re di continuare per tappe monotematiche a cui ar-
rivare preparate.
Credo che anche a Siena, a Firenze, a Roma, Parma, No-
vara... dove in settembre si è discusso e ragionato di noi, si
sia percepita la testardaggine di una “voglia di esserci e di
contare, anche nei luoghi dove si decide”; il che - mentre
è quasi ovvio nelle associazioni non decisamente femmini-
ste — non mi aspettavo che fosse esigenza di quel femmini—
smo rinnovato delle più giovani e delle lavoratrici, che alla
parola “rivoluzione” danno un significato riformatore. Le
femministe storiche potranno accettarlo con il beneficio di
inventario: stiamo andando avanti o indietro?
Che politica, economia, lavoro, democrazia siano ancora im-
piantate sull’ordine del “neutro”, cioè dell’uomo che com—
prende anche la donna è vecchia storia. Se tutte dovesse-
ro pensare che il patriarcato è finito, sarebbe opportuno il
richiamo a qualche cautela: ormai anche le più giovani san-
no che non solo ci definiscono “una risorsa”, ma per la pa-
rità di dirigenze, magistrature o segreterie politiche la tacita
convenzione è che nulla cambi del “modello unico”. Il gua—
io è che non tutte sanno quanto grandi siano i pericoli del-

. noidonne | novembre-dicembre | 2012

di Giancarla Codrignani

l’omologazione e che neppure l’auspicato legame con le don-
ne delle istituzioni può aprire grandi prospettive.

Le donne non sono certo, né giovani né vetero, né delle
sprovvedute e hanno ragionato a lungo — perfino con i non
molti gentiluomini che si interrogano sulla categoria “ge-
nere” - sulla soggettività politica, sull’organicità e omoge-
neità delle strutture di potere, sulla democrazia partecipa-
ta e perfino sul persistere della divisione sessuale del lavo-
ro o sui limiti della rappresentanza; ma non si sono verifi-
cate modificazioni delle strutture. Certo, la cultura non è
più la stessa, ma - anche se in nessun paese vigono statuti
“femministi” - l’Italia è al fondo delle graduatorie europee
per il tasso d’impiego femminile e molte donne si licenzia-
no perché non possono pagare la badante al genitore non
autosufficiente. Socialmente la cura, invece di essere una fi-
losofia generalista, è ancora la serie di servizi che rende la
donna un ammortizzatore. La “relazione” (a cui diamo un
significato altro rispetto a quello comune dato alla parola)
sta scadendo non solo nello squallore dello scambio fra ses-
so e potere o nel successo della mercificazione dei corpi; sca-
de anche fra donne obbligate a competere. E si aggrava ur-


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