Numero 3 del 2012
D come differenti
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hanno sottovalutato la capacità di durata di miti, ruoli,
normative, tradizioni. Laica e atea e certamente impe-
gnata per le donne, Simone rimase subalterna alla sacra-
lità dell’ideologia, riti e profeti compresi. Anche da noi
le abbiamo conosciute le “compagne†come Simone; ma
non furono diverse da lei le ancelle di Lotta Continua,
Potere Operaio, Servire il popolo che sacrificavano sul—
l’altare (maschile) di un ideale comune (e comunista) i
loro diritti. Un’ombra di quei fantasmi impedisce ancora
alla terza generazione di ottenere parità e posti in partiti,
movimenti, associazioni: pur essendo loro a tenere in
piedi tutte le baracche e tutti i burattini, di fatto le donne
“non esistonoâ€, neppure se elette sindache o membri
delle segreterie in sindacati e partiti. Se le cose stanno così
- e stanno così -, le figlie, grazie alla crisi, alle banche, ai
governi, ormai disoccupate e casalinghe di ritorno,
stanno reinventando un altro emancipazionismo.
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di Catia lori
In un’intervista Simone venne richiesta di chiarire di
che cosa la donna si colpevolizza: “Di tutto. Di lavorare.
Di non lavorare... Pensano continuamente: ‘dovrei oc-
cuparmi di più della casa’. Oppure: ’dovrei sposarmi e
avere dei bambini’. Ma né quelle che stanno a casa, né
quelle che lavorano trovano oggi nella propria condizione
la piena realizzazione di sé“. Conosco ragazze che non ne
possono più del loro precariato a cui non possono ri-
nunciare, ma anche ragazze a cui l’idea di qualcuno che
le mantenga non dispiace. Sono ragazze che Simone non
potrebbe più sgridare come faceva cinquant’anni fa
(“una donna libera è il contrario di una donna leggera“,
“per diventare una Marie Curie, bisogna pensare ad al—
tro che a se stesse“). Queste hanno studiato e perdono
terreno perché si laureano in archeologia sperando di fare
scavi e lavorare per i beni culturali e finiscono com—
messe a vendere borsette di lusso. I
BEATA SOLITUDINE
ivere sola non significa essere solitaria.
lo mi sento a volte orgogliosamente sola
e baciata dalla sorte perché in ottima
compagnia, quella di me stessa. Una famiglia
alle spalle e persone fidate a me vicine mi of-
frono quell'imprescindibile sostegno affettivo
senza il quale forse l'esistenza non sarebbe poi
cosi interessante. La solitudine per le ragazze
della mia generazione è una grande opportu-
nità anche se non nascondo che alcune, forse
ancora troppe, ne soffrono in modo intollera-
bile e spietato. Guardando mia madre non può
sfuggire il dettato di quel tipo di educazione
sentimentale rigorosamente imperniata sul
ruolo di sposa e madre, magari fregiata da un
diploma di laurea. Eppure tutte sappiamo
quanta insoddisfazione e quanto disagio esi-
stenziale abbia prodotto quel tipo di cultura:
i0 stessa bambina ricordo le perenni prove di
rassegnazione e di sottomissione, le continue
lamentele malgrado avessero raggiunto lo sta-
tus. ipoteticamente invidiabile, di moglie felice
e maritata una volta per tutte. L'università , le
biblioteche, i viaggi, la politica sono stati per
me invece il trampolino di lancio verso letture
e dibattiti che allargavano i miei orizzonti in-
tellettuali in una maniera vietata ai più.
Una cara amica quando mi incontra dice che
io le regalo spazi di libertà e di anticonformi-
smo, rompendo gli schemi perché nei miei rap-
porti affettivi metto al primo posto complicitÃ
e rispetto. In effetti è cosi. Alle giovani colla-
boratrici che fanno ricerca con me racco-
mando sempre di cercare di conoscere prima
di tutto se stesse liberando il potenziale che è
in loro prima ancora di coinvolgersi in dram-
matiche e perverse esperienze di coppia che
lasciano cascami di frustrazione e di compen-
sazione. Il vero cruccio semmai è quello di af-
frontare l'esistenza da sole, prendere decisioni
che vadano a nostro vantaggio e pensare a ciò
che pensiamo e possiamo fare e non a ciò che
gli altri permettono che si faccia.
noidonne | marzo | 2012
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