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Numero 5 del 2008

Donne elette: tutto è cambiato, nulla è cambiato


Foto: Donne elette: tutto è cambiato, nulla è cambiato
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Testi pagina 11

noidonne maggio 2008 11
più possibile, negli Usa, guardare un
film o uno spot televisivo o assistere ad
un dibattito politico sulla condizione
femminile, senza intuire - dietro le cifre
delle statistiche e le dichiarazioni degli
esperti - la manovra per screditare l'im-
magine della donna"; vale a dire il con-
trattacco. Allo stesso modo l'Italia posi-
tiva del "nuovo diritto di famiglia"
(1975) di quale famiglia parla? Lo stu-
pro da reato contro la morale diventato
reato contro la persona: basta alle don-
ne il diritto di portare l'uomo - anche il
proprio uomo - in tribunale? Oggi le ri-
viste di moda mostrano lo stile manag-
er per la moda delle professioniste: per
fortuna molte indossano giacchine rosa
e orecchini sfolgoranti; ma il suggeri-
mento è quello di farci yuppies, con tut-
te le conseguenze di identificazione. In
televisione facciamo le carabiniere, ma
ci sono sempre spazi in cui ragazze po-
co vestite fanno ala ad un signore vesti-
to che forse ha un quoziente intellettua-
le inferiore a quello delle fanciulle, forse
avviate ad una laurea a spese della tv.
Sessant'anni fa in Parlamento le donne
erano poco più del 7 %; la passata le-
gislatura eravamo al 9: secondo le rego-
le della politica "unica", le proposte"di
genere ubbidiscono a regole"neutre",
inamovibili.
E' ben vero che per Faludi, "il vero
cambiamento consiste nel fatto che le
donne si sono conquistate la libertà di
controllare la propria fertilità senza pe-
ricoli o timori, una libertà che a sua vol-
ta ha prodotto cambiamenti radicali
non nel numero degli aborti, ma nei
comportamenti e negli atteggiamenti
sessuali" e "il padre biologico ha cessato
gradualmente di avere l'ultima voce in
capitolo". Ma basta che gli aborti siano
usciti dalla clandestinità e che le donne
abbiano preteso il riconoscimento lega-
le per una sofferenza che "non libera"? o
che la biologia riconosca la maternità
"a prescindere dal maschio"? Potrà si-
gnificare molto, ma non la fine del pa-
triarcato. Il maschio è certamente in cri-
si, tanto più che la scienza sembra cer-
tificare la sua irrilevanza nella riprodu-
zione; ma non fa la sola cosa essenzia-
le per un futuro di migliori relazioni
umane: mettersi in discussione. Che si
tratti di patriarcato o di fratriarcato,
importa poco: il contrattacco resta.
Negli Usa i conservatori se la pren-
dono con un Marte debole, sottomesso
a Venere. Non scivoliamo all'indietro
senza accorgercene: ci sono ragazze pre-
carie che - una su cinque - rinunciano al
lavoro (precario) per occuparsi di figli e
anziani di casa: non è un bene per le so-
cietà recuperare una "famiglia-ammor-
tizzatore a spese delle donne". A reggere
alla crisi economica in vista la parteci-
pazione femminile è necessaria. Varreb-
be la pena di aprire il confronto fra cul-
tura degli uomini e cultura delle donne,
per cercare una terapia agli esiti falli-
mentari dei difficili tempi.
Noi e il resto del mondo
L'ILO (International Labour Office) agenzia
delle Nazioni Unite, che monitora il mondo
del lavoro mondiale, e che ha ottenuto nel
1996 il premio Nobel per la pace, ha pubbli-
cato recentemente il rapporto sull'occupazio-
ne mondiale.
Questa agenzia da sempre impegnata nella
lotta alle discriminazioni, da quelle più tradi-
zionali , di sesso, razza o religione a quelle
più nuove basate sull'età, l'orientamento ses-
suale, la salute e la sieropositività, osserva
che "malgrado i progressi le discriminazioni
nel lavoro persistono e assumono nuove
forme". Nel 1951 l'ILO pubblicò la prima con-
venzione (la n°100) sull'uguaglianza di retri-
buzione tra uomini e donne e nel 1958 la
seconda (la n° 111) sulla discriminazione nel
lavoro e nelle professioni: queste convenzioni
furono la base per le prime leggi di parità
approvate anche da noi.
Le donne lavoratrici nel mondo sono 1,2
miliardi, ma di queste lavoratrici oltre la metà
svolgono lavori precari, con il rischio di tro-
varsi senza garanzie sociali, vicine alle soglie
della povertà ed esposte al rischio di lavori
pericolosi. Negli anni che vanno dal 1995 al
2004 il tasso di occupazione delle donne a
livello mondiale è salito dal 51,2 al 53 per
cento, un incremento dovuto alla crescita dell'occupazione femmi-
nile nell'Unione Europea (56,9%), in America Latina e Caraibica
(49,2%) e nell'America del Nord (68,6%). Le aree geografiche dove
le donne sono meno occupate sono il Medio Oriente e l'Africa del
Nord. (26,8%). Anche le donne disoccupate sono leggermente
diminuite a livello mondiale con tassi di disoccupazione più alti
in Europa, America Latina e Caraibica, Medio Oriente e Africa del
nord. In questa analisi è utile ricordare come stiamo noi italiane:
il nostro livello di occupazione (46% circa) è più simile a quello
dell'America Latina, che non a quello europeo, con un tasso di dis-
occupazione più alto della media mondiale. Anche da noi c'è una
buona percentuale di lavoratrici precarie, certo non così alto come
nel resto del mondo, ma anche da noi secondo i dati INPS due
lavoratrici su dieci sono occupate "instabili".
Uno dei punti maggiormente sottolineati nel rapporto è il perma-
nere di uno scarto tra uomini e donne rispetto alle possibilità di
occupazione e rispetto alle retribuzioni, per i quali si manifesta la
necessità di politiche che integrino nello stesso tempo le misure
contro la discriminazione sessuale in materia di retribuzioni, con-
tro la segregazione professionale e favoriscano la conciliazione tra
lavoro e responsabilità familiari. La percentuale di donne che
occupano posti di responsabilità politica, siano alti funzionari o
quadri superiori nel privato e nel pubblico, è considerato un indi-
catore di qualità per migliorare la condizione ed il numero delle
lavoratrici. Ma tale percentuale a livello mondiale (28,3%) è con-
siderata ancora molto bassa. E' elevato in America del nord, in
America Latina e nei Carabi. L'Europa è appena sopra la soglia
media, noi siamo il fanalino di coda dell'Europa: insomma nean-
che un confronto con il resto del mondo ci rassicura, abbiamo
molto da fare
Alida Castelli
“il maschio è certamente in crisi... ma non fa la sola cosa essenziale
per un futuro di migliori relazioni umane: mettersi in discussione”.
Susan Faludi torna in libreria con un saggio su “Il Sesso del Terrore”


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