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Numero 4 del 2012

Obiettori. Di coscienza?


Foto: Obiettori. Di coscienza?
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Testi pagina 7

minile trasferendo gli in—
fanticidi delle neonate alla
“scelta” ecografica, mortale
solo per le bimbe. Scelte di
morte di “religioni” che di-
sonorano dio. Per ragioni di
genere. Rashida Manjoo, re—
latrice speciale Onu per la
violenza di genere ha rile-
vato che in Italia le donne
uccise per questa ragione sono state 101 nel 2006 e 127
nel 2010: un fenomeno in continua crescita che rende il
femminicidio tra le prime cause di morte. Noorjahan Ak—
bar pubblicando un documentario sulle molestie sessuali
in Afganistan dice che “alle donne si chiede di stare zit-
te e di esercitare la pazienza quando subiscono violenza.
La Violenza è una Virtù sovrastimata“. Davvero l’irrilevanza
del corpo femminile è ancora grande: noi occidentali pro-
viamo perfino stupore perché pensiamo di vivere in sistemi



di diritto democratico e tentiamo di recuperare lo scar—
to con adeguamenti riformistici delle leggi. Ma il costu—
me resta pieno di metastasi e paghiamo, come tutte, vo-
lenti o nolenti, il prezzo della pazienza. Centrali restano,
dunque, la cultura e l’educazione, per sradicare tabù e pre-
giudizi: la violenza del sesso usato come un’arma, certo;
il diritto proprietario che ha fatto del padre, del marito,
del fratello i tutori del corpo della figlia, della moglie, del-
la sorella; ma anche il disvalore di principi che impedi-
scono, più che l’uguaglianza fra gli esseri umani, la loro
libera relazione. Soprattutto il corpo come disvalore: quel-
lo della donna in primo luogo, che dovrebbe essere ama-
to almeno dentro quella cosa nobile che è la famiglia; ma
anche quella del nero, del giallo, o dell’omosessuale e del-
la lesbica. Anche quello del nemico, il cui sangue versa-
to è glorioso e rappresenta il martirio più di quello del—
le donne che dà la vita: le religioni non ci dicono che il
corpo non è mai in sé impuro, ma va riconosciuto nel-
l’altra/0 come nel nostro. I

O
1 E di Catia lori

DIVENTIAMO GLOBAL NELLA MENTE

utto evolve intorno a noi e penso
T proprio che sia ora di frantumare

la cappa gerontocratica che
tarpa le ali al nostro Paese. Quando mi
guardo in giro ahimè, scopro che i lea-
der italiani della politica e dell'impren-
ditoria hanno un’età media di 65-70
anni, e tengono ancora banco. Fuori le
porte blindate dei palazzi, una moltitu-
dine di giovani e di donne di talento
chiede fiducia ma viene sistematica-
mente ignorata. Né si annunciano le
qualità, i titoli di studio ma nel sistema
non entrano. Questo crea non solo fru-
strazione e tanta, ma anche fuga di
cervelli all'estero, perdita tra le più
gravi per un paese come il nostro, ricco
di creatività e di un futuro sempre più
incerto. Siamo in bilico tra due sponde
e anche blandamente schizofreniche.
Ci comportiamo come abitanti di so-
cietà tecnologica, ma siamo in ritardo

sugli schemi mentali: esistono ancora
delitti di onore, roba da cavalleria ru-
sticana. E il motivo è che gli schemi
mentali evolvono più lentamente delle
pratiche di vita.

La formazione di noi donne, l’educa-
zione alla collaborazione civica e politica
sono basilari ma, assieme ad altre
grandi tensioni ideali, sono state tra-
scurate dalle forze politiche sia di destra
che di sinistra. Lo iato tra scuola e uni-
versità da un lato e società dall'altro ri-
schia di diventare frattura, se non si in-
terviene con scelte coraggiose, mirate al
medio periodo. Bisogna perseguire un
progetto ampio con segmenti proget-
tuali che permettano alle donne di per-
correre strade nuove più tecniche e ma-
nageriali, più concrete e danarose.
Esiste un paradosso tutto italiano di una
cultura millenaria abbinata a una poli-
tica del tutto immatura nei processi di



comunicazione. La nostra formazione
classica è parte fondamentale della ci-
vilizzazione umana, ma non va solo te-
saurizzata e conservata. Deve essere
costantemente rinnovata e questo è
mancato di gran lunga. Vorrei tanto che
noi donne imparassimo a dire la nostra
nella società globalizzata. Non pen-
siamo solo ai mercati: radichiamola nelle
diverse culture facendole convergere,
ognuna con le sue peculiarità, sui valori
fondamentali: rispetto della persona,
esigenza di riconoscimento negli affetti
e nell'amore, bisogno di giustizia. È que-
sta la nostra grande sfida. E la luce, il va-
lore guida, deve essere la capacità di
produrre cultura. Dal jazz di New Orle-
ans, alla Divina Commedia, ai drammi
shakesperiani. Fino al dialogo, difficile
ma possibile, con un mondo islamico
che non è monolitico nell'estremismo,
ma pieno di forze moderate.

noidonne | aprile | 2012



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