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Numero 4 del 2012

Obiettori. Di coscienza?


Foto: Obiettori. Di coscienza?
PAGINA 27

Testi pagina 27

aveva fatto carriera in
grandi aziende (fu an-
che presidente della
Ford), e portò metodi
manageriali di gestione in
quegli organismi. Poi c'è il
caso di Jimmy Carter, che
fu Presidente degli Stati
Uniti. Fu il primo, quando
era Governatore dello Stato
della Georgia, ad applicare
una moderna tecnica di bud-
get (il “Budget a base zero")
che venne poi ripresa dalle
aziende private ed ebbe suc-
cesso in tutto il mondo. In questo caso fu la P.A. ad espor-
tare nuove tecniche manageriali verso le imprese e non
il contrario...
Sono d'accordo e trovo interessanti i riferimenti che ha
citato. Ma non è così semplice. Da un lato le compe-
tenze “tecniche" e manageriali, richiamano il punto
dell'affidabilità delle persone che dovranno gestire le
risorse per realizzare i programmi, e quindi della sele-
zione delle persone con responsabilità così importanti
e delicate. Gli Stati Uniti sono la patria delle tecniche di
management. Da noi questa cultura non è così diffusa
neppure nelle imprese private. E l'amministrazione
della cosa pubblica è diversa dalla gestione di una
azienda privata. Ci sono leggi e regolamenti, procedure
obbligatorie, normative. Insomma il manager pubblico
ha libertà molto inferiore al manager privato. I metodi
manageriali devono tenere conto di queste peculiarità.









Condivido. Mi è capitato diverse volte di essere consulente
di organizzazioni pubbliche. Ho trovato persone esperte e
serie. Ho colto però due carenze: in primo luogo, processi e
sistemi di lavoro non abbastanza snelli per conseguire ri-
sultati visibili; e poi, la mancanza di cultura diffusa dei fon-
damenti della gestione manageriale.

A questo punto occorre chiedersi cosa può fare la poli-
tica. In primis, delineare i grandi obiettivi verso i quali
orientare una collettività nazionale o locale, fare scelte
di fondo di carattere sociale, economico-finanziario ed
etico. Chi amministra vuole ottenere risultati il più possi-
bile corrispondenti alle promesse elettorali. E questo non
è facile. Allora la Politica (quella con la p maiuscola) deve
anche assicurare le condizioni che facilitino la trasfor-
mazione di queste linee-guida In risultati visibili ai citta-
dini. E questo c'è poco.

Come cittadino mi chiedo come può esistere un così dram-
matico divario fra le promesse elettorali e i risultati effet-
tivamente conseguiti. Una prima parte del divario
(strategico) si manifesta nel tradurre gli obiettivi politici in
traguardi e piani con cui raggiungerli. Infatti gli obiettivi in-
dicati dalla politica sono necessariamente ampi e un po' ge-
nerici, mentre quelli manageriali, per essere utili, devono
essere ben definiti e chiari, smart, cioè specifici, misura-
bili, accessibili, realistici, temporizzati e scomposti in
obiettivi più semplici, più facili da comprendere, da misu-
rare e da assegnare a colui o coloro che saranno incaricati
di gestire le attività necessarie per raggiungerli. Questa è
una operazione delicata poiché in questa traduzione dal po-
litico al manageriale, si può rischiare di compromettere il
“senso politico" degli obiettivi, anche perché è il momento
nel quale viene pianificata l'allocazione delle risorse dispo-
nibili (scarse per definizione). Ma peggio sarà se questa tra-
duzione non viene fatta o lo è in modo inadeguato, poiché
le scelte risulteranno più arbitrarie. E questo primo diva-
rio, una volta che si è prodotto può essere difficilmente re-
cuperato nel corso del processo gestionale. lI secondo
“divario" è quello fra obiettivi e risultati effettivi. Nessun
piano strategico, una volta formulato, garantisce da solo
che i risultati perseguiti vengano raggiunti. A parte gli
eventi esterni imprevisti, c'è sempre la difficoltà che qua-
lunque manager incontra, di riuscire a far sì che struttura
e risorse (umane, tecniche e finanziarie) operino in modo
tale da realizzare i programmi previsti.

E le organizzazioni pubbliche hanno maggiori vincoli e forte
presenza di norme e regolamenti. Si è così diffusa nel pub-
blico una cultura che tende a non favorire la logica mana-
geriale (quella “per obiettivi e risultati"), bensì quella “per
adempimenti", nella quale è dominante il rispetto della
norma e delle regole. Ciò può portare alla passivizzazione
del personale ai diversi livelli, annullandone quella proatti-
vità indispensabile nel buon funzionamento di qualunque
organizzazione.

Concordo. Penso che Il Piano Strategico di Mandato sia uno
strumento ben strutturato, che rende possibile guidare in
modo manageriale quella trasformazione di obiettivi po-
litici in risultati , con il forte coinvolgimento di tutti colo-
ro che lavorano nell'ente. Mi auguro che questa best prac-
tice diventi una prassi diffusa nella Pubblica Amministra-
zione italiana. I

*Seni0r Partner di Giano Management Srl e Docenti di Marketing
Industriale presso il Politecnico di Milano

noidonne | aprile | 2012


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