Numero 6 del 2012
Un fiore per Melissa
Testi pagina 34
Schiave,
moltitudini
invisibili
Ricchi uomini d’affari comprano
ragazze anche giovanissime
e le esportano come fossero
merce. Un mare di schiave,
un convegno a Roma ha parlato
di un fenomeno globale
in espansione
rrivano dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dal-
l’Indonesia. O ancora dal Nepal e dall’Etiopia,
ma sempre in fuga da condizioni di vita disu-
mane e in cerca di una speranza. Nei paesi che
raggiungono non sono considerate lavoratrici, perché non
esiste un quadro di riferimento normativo capace di in-
quadrarle, né alcuna forma di tutela in grado di accoglierle
per ciò che sono: prima di ogni altra cosa, esseri umani.
Sono le donne vittime della tratta, spesso erroneamente
considerata un fenomeno relativo al solo sfruttamento ses-
suale, e che riguarda invece quella moltitudine invisibi—
le di migranti e straniere che nei paesi in cui arrivano pre-
stano il proprio servizio come lavoratrici domestiche. Tra
le quattro pareti di una casa non è dato guardare, ma sono
i numeri e le statistiche, per quanto parziali, a racconta-
re di un fenomeno allarmante in grado di unire, nel-
l’inadeguatezza, la sponde sud e nord del Mediterraneo.
“Un mare di schiave†il titolo dell’incontro romano or-
ganizzato dalla ong “Un ponte per...â€, che ha riunito una
delegazione di operatrici sociali egiziane, giordane e li—
banesi con rappresentanti dell’Organizzazione Mondia-
le per le Migrazioni (OIM), le Cooperative “Be Free†e
“Parsecâ€, la Casa dei Diritti Sociali, oltre all’Arma dei Ca—
rabinieri e alla Polizia di Stato, per una giornata dedica-
ta alla protezione delle vittime della tratta. Un convegno
pensato per ragionare insieme su buone pratiche da con—
dividere nell’ottica di proteggere le donne vittime di vio-
lenza, in Medioriente come in Italia, e per presentare il
noidonne | giugno | 2012
progetto “Una risposta olisti—
ca al trafï¬co, Violenza e sfrut-
tamento delle lavoratrici mi-
gran ti nel Mashrekâ€, che vede
coinvolti, oltre agli attori ita-
liani, anche la Jordanian Wo-
men’s Union, l’Associazione
Amel per la protezione delle
donne migranti in Libano e il
Centro per l’assistenza alle donne egiziane Cewla. Un pro—
getto condiviso e nato dalla volontà di affrontare il tema
della sfruttamento femminile in quelle aree geografiche
in cui, con gli anni, il lavoro domestico prestato da don—
ne migranti è diventato un fenomeno di sempre maggiore
entità , assumendo proporzioni allarmanti in termini di con-
seguenze fisiche e psicologiche ai danni delle vittime coin—
volte.
HUMAN
RIGHTS
WATCH
UNA VITTIMA A SETTIMANA
È in Libano che si registra la situazione peggiore: nel 2009,
secondo i dati ufficiali, su oltre 100mila visti riconosciu-
ti a cittadini afroasiatici, l’88% risultavano concessi a don—
ne impiegate in case private. Già nel 2007 l’organizzazione
Human Riqhts Watch denunciava che almeno 95
lavoratrici domestiche avevano perso la vita, di cui
24 misteriosamente “precipitate†dalle finestre dei palazzi
in cui prestavano servizio. In un anno, in un paese in cui
il totale dei migranti arriva fino a 800mila, tra le donne
si registra una Vittima a settimana. Non esistendo sti-
me ufficiali, perché manca qualunque tipo di quadro nor-
mativo di riferimento, gli esperti del settore parlano però
di numeri che andrebbero moltiplicati almeno per 3: cir-
ca 250mila sarebbero le donne migranti impiegate come
lavoratrici domestiche — senza contratti, tutele, diritti — sol—
tanto in Libano. Poco più a sud, in Giordania, sono ol-
tre 70mila le lavoratrici do-
mestiche straniere, con nu—
u La tratta non . . . . . .
merosr c2151 di su1c1dio docu-
r1guarda 501° mentati dallo stesso Ministero
1° Sfruttamento del Lavoro, che ha parlato
sessuale n chiaramente di “condizioni
disumaneâ€. Si scrive lavoro
domestico, ma si legge schiavitù: anche in Egitto sono ol—
tre 2 milioni i lavoratori - donne e uomini - stranieri, an-
che in questo caso privi di qualsiasi tutela da parte del-
lo Stato. Un paese, questo, che sconta anche un fenomeno
di migrazione al contrario: qui sono i ricchi uomini d’af-
fari provenienti dai Vicini paesi del Golfo ad arrivare per
comprare ragazze anche giovanissime, che in cambio del—
le cifre versate alle famiglie sono esportate come merce,
condannate alla strada o costrette al lavoro domestico a