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Numero 6 del 2012

Un fiore per Melissa


Foto: Un fiore per Melissa
PAGINA 41

Testi pagina 41

UNITE PER L'UNITÀ

ANTE LITTERAM

di Loredana Massaro

i tempi dell’Unità d’Italia il lavoro femminile dif—
ficilmente veniva riconosciuto come tale: quasi tut-
te le donne occupate nell’agricoltura, infatti, non
venivano riconosciute come lavoratrici, a meno
che non fossero titolari di una proprietà o di un
contratto di affitto. Lo
stipendio delle lavoratrici era in
genere poco più della metà di
quello dei lavoratori di sesso
maschile. Poiché anche il lavo-
ro dei bambini era assai diffu-
so, e sottopagato, prima della
prima guerra mondiale furono
emanate alcune leggi per tute-
lare “donne e fanciulli“, quali
soggetti deboli e sfruttati. I sa-
lari più bassi delle donne veni-
vano percepiti dagli altri lavo-
ratori come una forma di con—
correnza sleale, che generava poi una sorta di dannosa
“guerra tra poveri”, fu anche per questo che le prime pro-
poste di legge cercarono di garantire un minimo salaria-
le alle lavoratrici, in modo da “mantenere sul mercato la
manodopera maschile”.
Nel 1902 fu emanata una legge sul lavoro femminile che
voleva essere di aiuto alle donne, ma finì invece per limitare
ancora una volta i loro diritti: se da un lato essa conce-
deva quattro settimane di riposo - non pagato - alle puer-
pere, dall’altro vietava l’impiego di lavoratrici in alcuni la-
vori ritenuti “pericolosi”. Ilavori “pericolosi“ contenu-
ti nel decreto attuativo erano in realtà lavori ideologica—
mente ritenuti incompatibili con le “attitudini” femminili



(attivazione di macchine, trattamenti di polveri e mate-
riali “sconvenienti“ o tali da richiedere una manipolazione
complessa etc.). Lo Stato poi mostrava di voler favorire
al massimo il rientro delle donne in quella che riteneva
essere la loro sede naturale: la casa. Anche l’enciclica pa-
pale Rerurn Novarum, uscita in quegli anni, faceva da spec-
chio al senso comune: “Certi lavori non si confanno alle
donne, fatte da natura per i lavori domestici, i quali gran—
demente proteggono l’onestà del debole sesso”. La leg-
ge del 1902 tradiva anche la speranza di ridurre il diva-
rio salariale con gli uomini: le lavoratrici fra i 16 e i 21 anni,
venivano equiparate in capacità e abilità (e quindi in sti-
pendio) ai lavoratori con meno di 15 anni.

La donna lavoratrice fu un prodotto della società indu—
striale, non tanto perché la meccanizzazione creò per lei
posti di lavoro, quanto a causa del fatto che divenne una
figura tormentata e ben visibile. La donna lavoratrice era
percepita come un problema, di recente creazione e che
andava risolto; il dilemma coinvolgeva il significato stes-
so di femminilità e di compatibilità fra femminilità e sa—
lario; il problema era posto e discusso in termini morali
e categorici. Che l’oggetto dell’attenzione fosse un’ope-
raia di un’industria promiscua, una cucitrice ridotta in mi-
seria, o una compositrice emancipata, che fosse descrit-
ta come una ragazza indipendente, come una madre, come
una vedova o come la moglie di un operaio disoccupa—



noidonne | giugno | 2012 39


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