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Numero 9 del 2015

Diritto di famiglia 40 anni dopo


Foto: Diritto di famiglia 40 anni dopo
PAGINA 38

Testi pagina 38

36 Settembre 2015
La ragione l’aveva Lisistrata: nel 411 Aristofane raffi gurò la strategia dell’antimilitarismo femminile. Posto che la guerra è un’idiozia, “per fare una bella veste per la città”, bisogna eli-
minare la corruzione politica, mentre per prevenire i confl itti esterni
si deve usare la diplomazia, andando avanti e indietro come fanno
le spole quando le donne tessono.
Cent’anni fa, duemila e quasi quattrocento anni dopo, incomin-
ciava la “prima” guerra mondiale, che produsse non solo scon-
quassi, ma milioni di morti, soprattutto civili, cosa che non si era
mai verifi cata in passato. Se ci si ferma all’esercito italiano, furono
chiamati alle armi sei milioni di soldati dietro una propaganda pa-
triottica che ancora dovrebbe emozionare gli studenti e che snatu-
ra il concetto di società civile quando portiamo i bambini nelle ca-
serme il 4 novembre, il giorno detto “della Vittoria”. Quale vittoria?
Bisognerà fare i conti con le favole che gli adulti amano raccontar-
si per rendersi conto che. mentre ci si entusiasmava per Trento e
Trieste italiane, le cose stavano in ben altro modo. Pazienza per gli
scalmanati che avevano voluto la guerra (“una passeggiata!”), ma
è grave non sapere che né Giolitti né il Parlamento avrebbero mai
deliberato facilmente la dichiarazione di guerra e che quello che
si conseguì con le armi era possibile ottenerlo con il negoziato.
Se non c’è appropriazione critica della memoria, sfuggono i
nessi che collegano strettamente la prima guerra mondiale con
la seconda, compreso il “ventennio” che, in modo diverso ma
sostanzialmente analogo, subì il fascismo in Italia e il nazismo in
Germania. Non si collegano mai le crisi economiche alle guer-
re; quindi il trionfalismo della vittoria impedisce di comprendere
che il patriottismo nazionalista generò quel populismo che na-
sce dall’impoverimento (la disoccupazione nel 1918 fu feroce),
sulla paura (il ‘17 in Russia c’era stata la rivoluzione di cui si
temeva il contagio), sul leader - che proveniva dalla corrente
massimalista del partito socialista - di quel movimentismo che
era stato prima interventista, poi pronto a rovesciare le istituzio-
ni marciando contro il governo incapace di fare giustizia.
Non è andando alle cerimonie o ascoltando Mattarella - che
sembra si sia autocensurato sulla necessità di ristabilire la verità
intera - ma andando ai documenti rimossi dagli stessi storici del
passato che si “capisce” a che punto siamo della storia. Otti-
mo strumento, a questo scopo, il libro di Valerio Gigante, Luca
Kocci, Sergio Tanzarella che in La grande menzogna. Tutto
quello che non vi hanno mai raccontato sulla prima guerra
mondiale (2015, Dissensi Edizioni) si rivolgono a lettori e lettri-
ci chiedendo loro: “lo sapevate che mentre i cappellani militari
italiani - a cui venne proibito di utilizzare la parola “pace” - be-
nedicevano le armi che servivano ad uccidere o intonavano Te
Deum di ringraziamento per le stragi perpetrate nei confronti dei
nemici, plotoni di prostitute venivano inviate dagli Stati maggiori
al fronte per tenere alto il morale della truppa? Che, nonostante
la martellante propaganda e l’esaltazione dell’eroismo dei solda-
ti, suicidi, automutilazioni, disturbi mentali di ogni tipo e alcolismo
erano tra i fenomeni più diffusi tra i militari in trincea? Che le maz-
ze ferrate erano tra gli strumenti in dotazione agli eserciti per fi ni-
re come bestie al macello i soldati agonizzanti, specie dopo aver
usato contro di loro i gas asfi ssianti? Che i fanti che esitavano a
lanciarsi all’assalto del nemico venivano trucidati dai carabinieri
appostati alle loro spalle? Che per essere fucilati bastava anche
solo tornare in ritardo dopo una licenza, oppure venire sorpresi a
riferire o scrivere una frase ingiuriosa contro un superiore? E che
ai prigionieri di guerra italiani, considerati vili, imboscati e diser-
tori, il nostro governo, unico tra i Paesi belligeranti, non inviò al-
cun aiuto che ne alleviasse le terribili condizioni di detenzione?”.
Ecco, questa è storia cancellata, che bisogna imparare per
mantenere i piedi per terra. All’origine c’è, sempre, infatti, la
follia della guerra. Peccato che non si cerchi per tempo, an-
che “dal basso” di prevenirla. b
LA GUERRA
VA CONOSCIUTA
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