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Numero 7 del 2006

Violenza: in bocca al lupo


Foto: Violenza: in bocca al lupo
PAGINA 18

Testi pagina 18

Nella vita quotidiana, sul lavoro, infamiglia, nel rapporto con il part-
ner e con gli amici, i conflitti interperso-
nali sono spesso la fonte maggiore di
disagio e sofferenza.
Ognuno si arrocca sulle proprie
ragioni e attribuisce la responsabilità
dei problemi all'altro o altri che siano.
Sono, ovviamente, gli altri che non ci
capiscono, gli altri ad essere egoisti, ad
avere un comportamento sbagliato, a
pronunciare parole irritanti o assoluta-
mente offensive.
E ognuno di noi tenta di difendersi a
modo proprio: aggredendo o ritirandosi.
In ogni caso si assume un atteggia-
mento che tende a colpevolizzare l'altro
in modo da …. farlo cambiare.
Purtroppo esiste una verità universa-
le che condanna al fallimento questi
tentativi: "Non possiamo cambiare gli
altri, ma solo noi stessi".
Questo potrebbe far pensare che, se
questi sono i presupposti, non ci sia via
uscita; stabilire relazioni positive non è
possibile. Eppure non è così.
Ma allora "perché quelle parole, quel
comportamento mi irrita, mi ferisce?",
"perché quando io mi comporto in un
certo modo o dico certe cose l'altro si
sente offeso o ferito?". Dove ci portano
queste domande?
Forse a cercare un nuovo linguaggio
che fuoriesca dalla logica del buono e
del cattivo per entrare nel
mondo interiore fatto di emo-
zioni, sentimenti e bisogni che
ognuno realizza o cerca di
realizzare in base a propri e
unici ideali, valori, scopi.
Giusti per lui.
Si tratta di comunicazione,
un canale privilegiato con cui
l'essere umano si apre all'altro
e lascia entrare l'altro dentro
di sè.
L'altro ci rimanda, come
uno specchio, parti di noi.
Osservarle significa creare le
condizioni per poterle cam-
biare in noi, e in questo modo
crescere. E allora, "quasi per
magia", le situazioni attorno
a noi si modifichino e le
nostre relazioni diventano più
appaganti e stimolanti.
La Comunicazione
Empatica, più conosciuta come
Intelligenza Emotiva, è una risposta
chiara e semplice alle difficoltà e ai con-
flitti nelle relazioni interpersonali. I suoi
presupposti teorici sono stati elaborati
da C. Rogers e poi ampiamente declina-
ti da vari studiosi, tra cui Power,
Rosenberg, Goleman, Feuerstein, in vari
ambiti. Ma già il Buddismo ne enuncia-
va chiaramente gli elementi fondamen-
tali anche se con un linguaggio diverso.
Il termine Empatia nasce con l'arte ed
è proprio da questa modalità che, nel
corso residenziale "Vivere
EmpaticaMente", partiremo alla scoper-
ta dell'empatia che risiede in ognuno di
noi, sommersa sotto strati più o meno
coriacei determinati da ruoli, educazio-
ne, paure, idee fisse.
Da 8 anni MethodoTre propone un
corso residenziale della durata di 5 gior-
ni. Non sono richiesti prerequisiti se non
la semplice voglia di mettersi in gioco e
la curiosità di imparare a entrare in
contatto con le proprie e altrui emozio-
ni. Festiona di Demonte (CN) sarà la
cornice naturale e tranquilla di questo
percorso.
Associazione MethodoTre
Milano 388 1181252 - Carpi 339 7945918
methodotre@est.it o acodmondo@lifegate.it
www.methodotre.org
luglio - agosto 2006 noidonne18
Vivere Empaticamente
Strumenti
come gestire i conflitti
nella relazione con gli altri Carla Costa
I biscotti di Hayate
Domenica scorsa a Soliera, nel circolo
culturale il Mulino abbiamo fatto festa.
Eravamo una ventina fra donne e uo-
mini (in netta minoranza non certa-
mente casuale) e la festeggiata, un'im-
migrata algerina si è trasformata da
ospite, in perfetta padrona di casa.
Attraverso i suoi biscotti (sarei tentata
di chiamarli gioielli), i suoi abiti dipin-
ti a mano e disegnati con femminilità e
gusto, la cura minuziosa dei particola-
ri nel disporre gli arredi, il tè alla men-
ta servito dalle amiche secondo le loro
tradizioni, Hayate ci ha portato nella
sua terra, regalandoci i profumi, i gusti,
i sorrisi, gli sguardi, le parole, i dubbi, i divieti, le speranze.
Eravamo sedute attorno a un tavolo rotondo, parlavamo di tutto come vecchie
amiche, ed eravamo tutte alla stessa distanza dal punto centrale del cerchio: il
non sentirsi estranee. Anche la ciambella tradizionalmente emiliana sul tavolo dei
dolci era decisamente a suo agio con profumi, colori e forme tradizionalmente al-
gerine.
Quel pomeriggio di festa lo abbiamo chiamato "Treno Rosa" e tutti potranno sa-
lirci nelle prossime tappe immaginarie nei luoghi da dove vengono gli immigrati
di Soliera.
Antonella Iaschi
Guttuso, La farfalla (1984)


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