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Numero 3 del 2009

Una festa nella crisi: lotta marzo


Foto: Una festa nella crisi: lotta marzo
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Testi pagina 31

31noidonne marzo 2009
Nel cuore di Roma, presso la sede nazionale dell'Unione
donne in Italia, in un freddo pomeriggio di fine gennaio,
incontro Pina Nuzzo, delegata nazionale dell'associazione.
Mi accoglie con calore e affabilità in questo luogo denso di
storia che, oltre a vedere sul nascere quella che domani sarà
la politica dell'associazione, custodisce l'Archivio centrale
dell'Udi: un patrimonio ricchissimo di manifesti e documenti
che raccontano gli ultimi sessant'anni di storia di questo
Paese.
Nella mezz'ora che trascorriamo assieme parliamo di violen-
za sessuata e della Staffetta partita lo scorso 25 novembre,
della campagna 50E50 come del Comitato "Quando decidia-
mo noi" (vedi box): perché l'agenda politica dell'Udi è ormai
fitta di impegni e di progetti.
Negli ultimi cinque anni infatti l'Udi è tornata ad essere
punto di riferimento per la politica delle donne. Momento di
svolta in questo senso, come ci racconta Pina Nuzzo, è il
Congresso del 2003: "Con quel Congresso l'Udi si è posta un
obiettivo: rinominare il Noi, tornare a dire il Noi come sog-
getto politico. Questo ha voluto dire ripensare in primo
luogo le forme democratiche dello stare assieme". Oltre a
darsi degli organismi di rappresentanza politica (una delega-
ta, un coordinamento, un comitato di garanti) che non
aveva da più di 20 anni, l'Udi si convince infatti che, per
quanto estraneo alla tradizione politica femminista, il voto è
un'assunzione di responsabilità e cambia quindi le dinamiche
interne all'associazione.
Ma questo è solo il primo passaggio. Ancora più importante
era l'appuntamento che l'Udi aveva con le giovani donne e le
immigrate: "Non mancare questo appuntamento - continua
la delegata nazionale - voleva dire pensare forme politiche
che costruiscono accesso, che danno la possibilità reale a
queste donne di partecipare, di essere presenti, di dire la
loro. Per fare questo le donne della mia generazione doveva-
no fare un passo indietro, abbandonare l'idea che quello che
noi abbiamo fatto è il meglio: quello che abbiamo fatto
andava bene per noi, per la nostra storia".
E l'Udi, come dimostra il fiorire di iniziative, non ha mancato
questo appuntamento. A partire dalla campagna "50E50
…ovunque si decide", lanciata ormai tre anni fa, l'associazio-
ne è riuscita a ritagliarsi un ruolo nell'agone politico. "Con il
50E50 - ricorda Pina Nuzzo - siamo riuscite a spostare non
solo la discussione ma proprio il linguaggio: dire 50E50 ha
voluto dire rompere con l'idea delle quote, con il meccani-
smo della tutela e dire che le donne di questo Paese non
vogliono tutela". "E oltre al linguaggio abbiamo modificato
atteggiamenti e scelte politiche: se l'Udi non avesse avviato
questa campagna sicuramente tutta la fase di dibattito delle
primarie del Partito democratico, in merito alla presenza
delle donne, non ci sarebbe stata. Poi non importa cosa sia
stato realizzato: quello che a noi interessa è di aver influen-
zato il dibattito politico".
Una sfida difficile che l'Udi ora sta affrontando da un altro
versante, con la Staffetta di donne contro la violenza, pensa-
ta per tornare nelle piazze, per andare oltre alla ragioneria
delle morti. "Il conto delle morti lo sappiamo - ci spiega la
Nuzzo -, come sappiamo che se stiamo in un'assemblea con
100 donne, in base alle statistiche, molte avranno subito
molestie o violenze. Ma adesso non ci interessa la conta o la
dichiarazione: ci interessa che le donne reagiscano in manie-
ra creativa, che si sposti simbolicamente la violenza dalla
dimensione dell'occulto alla visibilità.
Questo è il valore della Staffetta e dell'anfora che è diventata
un medium attraverso il quale le donne possono dire il loro
corpo senza dover necessariamente raccontare la loro sto-
ria". "Non a caso - continua la delegata - abbiamo dipinto
l'anfora con simboli della dea madre ripresi dagli studi del-
l'archeologa Marija Gimbutas, perché sarebbe stato per certi
versi indecente qualunque simbolo politico sull'anfora, anche
quello dell'Udi, perché quell'anfora voleva rappresentare e
sta rappresentando per ciascuna quel corpo che non sa dire
in altro modo".
E il futuro dell'Udi? Girato l'angolo della Staffetta cosa atten-
de l'associazione? "Questo percorso di cittadinanza che
abbiamo costruito a partire dal Congresso voleva dire rivede-
re la rappresentanza politica, la violenza, tutte le questioni
relative al generare e questo è stato fatto. Credo - continua
Pina Nuzzo - che a conclusione della Staffetta saranno matu-
ri i tempi per un nuovo congresso, perché ci sono scelte che
dovremo fare che non possono che essere collettive e che
devono includere veramente i nuovi soggetti che sono arri-
vati all'Udi in questo percorso iniziato nel 2003".
Il bilancio tracciato sembra estremamente positivo: l'Udi in
questi anni è riuscita ad interloquire con le istituzioni rima-
nendo sul suo terreno, che è quello dell'autonomia, e al con-
tempo a dare il senso che è un luogo al quale si può accedere
e che può divenire il proprio luogo di dibattito e confronto.
Colloquio con Pina Nuzzo
Un nuovo patto per dire Noi
pagine autogestite dall’UDI a cura di Ingrid Colanicchia


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