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Numero 3 del 2009

Una festa nella crisi: lotta marzo


Foto: Una festa nella crisi: lotta marzo
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Testi pagina 10

marzo 2009 noidonne10
Luisella Battaglia, professore ordina-rio di Filosofia morale e Bioetica alle
Università di Genova e di Napoli (Suor
Orsola Benincasa), è una delle poche
donne che fa parte, dal 1999, del Comi-
tato Nazionale per la Bioetica. Ha fon-
dato l'Istituto Italiano di Bioetica, di cui
è Direttore scientifico. Si tratta di una li-
bera associazione costituita nel 1993
che, in modo apolitico ma tenendo ben
fermo un approccio laico, promuove la
riflessione e il dibattito intorno ai deli-
cati temi della bioetica organizzando
incontri e seminari a livello locale e na-
zionale, promuovendo dibattiti nelle
scuole e in collaborazione con associa-
zioni che si attivano per la tutela dei di-
ritti, specie dei soggetti deboli.
Prof.ssa Battaglia, con quale spirito
nasce l'Istituto Italiano di Bioetica e
che scopi si prefigge?
L'Istituto - che ha sedi in Liguria,
Campania, Emilia Romagna, Sicilia, Pu-
glie, Veneto e Trentino-Alto Adige - si
basa su un'idea 'globale' della bioetica
come 'etica del mondo vivente' e quindi
attenta ai destini non solo dell'uomo ma
anche della natura e delle altre specie.
Accanto alla bioetica medica, che ri-
guarda le cosiddette questioni di 'entra-
ta e uscita' dalla vita (la nascita, la sa-
lute e la morte dell'uomo), esistono una
bioetica animale, che si occupa dei di-
ritti dei non umani, dei problemi etici
connessi alla sperimentazione medica e
alla ricerca scientifica etc e una bioeti-
ca ambientale che s'interessa delle que-
stioni di valore legate al rapporto del-
l'uomo con la natura. Si tratta, come si
vede, di questioni assai complesse che,
oltreché a interpellare la nostra coscien-
za entrano sempre di più nel dibattito
culturale e politico. Poiché in questo set-
tore delicatissimo è in gioco la demo-
crazia, non possiamo delegare le nostre
decisioni a super-esperti, né limitarci al-
la difesa passiva nei confronti delle bio-
tecnologie. Da qui l'impegno dell'Istitu-
to a far sì che ogni cittadino diventi par-
te attiva nel controllo del suo destino,
nella grande partita per i diritti indivi-
duali e collettivi.
Perché c'è un così forte ritardo nel-
l'attenzione pubblica su questi temi?
Analogo ritardo si registra anche in
altri Paesi occidentali?
L'impressione - diffusa e sbagliata - è
che si tratti di temi difficili e riservati a
un ristretto numero di specialisti. Lo
sforzo di superare il divario tra 'coloro
che sanno' - i tecnocrati e i depositari di
conoscenze specialistiche - e 'coloro che
non sanno' - l'insieme dei cittadini - è
una delle grandi scommesse per il futu-
ro. Se non vogliamo vivere in una socie-
tà duale in cui le decisioni più impor-
tanti per noi - quelle relative al nostro
destino, al nostro vivere, nascere e mori-
re - siano assunte da altri sopra le nostre
teste, occorre un impegno collettivo vol-
to a favorire la diffusione del sapere ol-
tre l'età scolare. In Francia, ad esempio,
sono stati creati degli organismi (Scien-
ce et citoyens) al fine di promuovere
una discussione pubblica aperta e infor-
mata. E in Italia? Siamo molto indietro
dal momento che la nostra scuola non
si è fatta finora carico
di questa responsabili-
tà e continua, nella
sostanza, ad ignorare
la rilevanza di questi
problemi.
A suo parere le ri-
flessioni dei movi-
menti femminili
hanno riservato suf-
ficiente attenzione
ai temi della bioeti-
ca?
La domanda meri-
terebbe una risposta
molto più approfondi-
ta e riferita a diversi
momenti storici e a
differenti contesti cul-
turali. Occorrerebbe innanzitutto distin-
guere tra una bioetica al femminile - in-
tesa a valorizzare talenti, competenze e
attitudini proprie delle donne, con par-
ticolare riferimento al tema della cura -
e una bioetica femminista - dichiarata-
mente ispirata a un obiettivo politico
primario: la liberazione delle donne dal-
l'oppressione maschile o, in positivo,
l'acquisizione del potere da parte fem-
minile. Per quanto riguarda la cultura
italiana, si è passati da un'iniziale in-
differenza/diffidenza, nei tardi anni set-
tanta, a una crescente attenzione nei
confronti della bioetica - specie sui temi
legati al corpo delle donne, alla mater-
nità, alle nuove tecnologie riproduttive,
al rapporto medico/paziente -, con ri-
sultati assai significativi sul piano di
quella che ormai si è soliti designare
una 'bioetica di genere'. Al suo centro
sono la specificità dei bisogni delle don-
ne, la cultura del limite, l'importanza
della dimensione simbolica: aspetti
spesso trascurati nelle analisi bioetiche
tradizionali.
L'influenza della Chiesa nel frenare il
dibattito è davvero così determinante
oppure c'è una inerzia tutta italiana?
Le questioni cruciali della bioetica
sono state per secoli l'oggetto proprio
della teologia morale, una disciplina
che se n'è riservata una sorta di mono-
polio, approntando risposte, argomenti
e un uso sapiente della casuistica. A
fronte di questa massiccia presenza, oc-
Una parola misteriosa. Ma non troppo
Parliamo di bioetica
a cura di Tiziana Bartolini
Michel Blazy, Pioggia d'oro (Parigi, 2009)


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