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Numero 7 del 2012

Sportive per passione


Foto: Sportive per passione
PAGINA 20

Testi pagina 20

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presentano una grandissima occasione. Alcuni Paesi arabi e mu-
sulmani pongono dei freni e dei limiti alla partecipazione delle
donne, imponendo ad esempio un abbigliamento particolare,
che tra l'altro non agevola di certo la prestazione. Altri addirit-
tura lo impediscono, come fa l'Arabia Saudita anche in questa
edizione. Anche così però l'Olimpiade rappresenta una grande
vetrina, perché racconta come sia difficile essere donna in quei
Paesi, come si possa non arrendersi nonostante una evidente
oppressione, resa tangibile da quei corpi coperti. In tutti i modi
le Olimpiadi sono un evento propulsivo per lo sviluppo della pra-
tica sportiva delle donne.

Ti occupi di comunicazione e nello specifico di comunicazione
sportiva e sei Caporedattrice di Rai Sport. Quali difficoltà
hai incontrato in questo tuo percorso professionale? Che am-
biente hai trovato?

Quando sono entrata in Rai il clima era diverso, più acco-
gliente. I colleghi uomini avevano forse un atteggiamento più
paternalistico, ma una volta messe in relazione le reciproche
competenze il rapporto era impostato su rispetto e grande
professionalità. D'altronde i miei colleghi erano Sandro Ciotti,
Martellini, Galeazzi. I| nostro è un mestiere che si impara ru-
bando e loro si sono lasciati rubare, mi hanno lasciato spazio.
Considera tra l’altro che io sono stata la prima donna radio-
telecronista. Oggi tutto è cambiato. Alla base dei rapporti non
ci sono più i valori professionali. Al paternalismo maschile si
è sostituita una finta parità democratica, che si ferma però
sulla soglia della stanza dei bottoni. Aggiungo che buona
parte delle mie colleghe non ha neppure intenzione di cre-
scere nella scala gerarchica, ma vuole esclusivamente un
ruolo che dia visibilità, come quello della conduttrice. Vogliono
andare in video; l'idea di fare la telecronista, solo voce niente
corpo, non le sfiora nemmeno.

Come giudichi la qualità della comunicazione sportiva
nel nostro Paese? La vostra categoria professionale ha
a disposizione un potentissimo strumento culturale,
quello del linguaggio Ultimamente l'accademia della cru-
sca ha presentato uno studio proprio su parole e im-
magini della comunicazione. L'uso sessuato del Iin-
guaggio non è molto di moda in Italia anche se qualco-
sa si comincia a sentire...

La comunicazione sportiva è diventata negli ultimi anni il rac-
conto di centimetri e di secondi. Si è persa in questo modo una

SUPEM

GRUPPO

POLIGRAFICO
ED] TORMLE

00041 Pavona Albano Laziale (Roma) - Via Trapani, 2 - Tel. 06 9314578 (r.a.) - Fax 06 9315044 - supema@supemasrl.it - www.supemasrl.it

w noidonne | luglio—agosto | 2012

grandissima opportunità. Dietro ad ogni singolo atleta infatti
si nascondono le storie più incredibili, che il vero giornalismo
dovrebbe avere la voglia e la sensibilità di cercare e raccon-
tare. Così le Olimpiadi diventerebbero la somma dei risultati
delle prestazioni sportive, ma anche il racconto di una fitta
trama di storie individuali che lì si incontrano, si incrociano.
Pensa per le donne che vetrina sarebbe, quante storie po-
trebbero essere raccontate. Per quello che riguarda l'uso del
linguaggio ritengo che ad esempio l'uso del linguaggio ses-
suato sia certamente una cosa importante ma come giornali-
sta vorrei calcare la mano più su un altro aspetto. La
comunicazione sportiva, non solo tv, ma anche giornali e
radio, è assai scadente. Si scrive e si parla utilizzando dalle
500 alle 7OO parole in tutto. Sono convinta che questo sia il
sintomo di una malattia, quella che ha colpito l'uso della lin-
gua italiana e più in generale la nostra cultura. Non è affatto
vero che chi scrive o parla si debba adattare al livello di chi
ascolta o legge o almeno questo è un concetto che non signi-
fica in sé che si debba tendere al livellamento verso il basso ri-
nunciando a costruire cultura anche nell'informazione. Negli
ultimi anni poi ha iniziato ad andare di moda nella comunica-
zione sportiva in TV anche lo stile concitato, alla brasiliana.
Non mi piace. Toglie musicalità alla nostra lingua che al con-
trario trae fascino anche dalle pause, dai toni, dai crescendo
che creano l'attesa che una comunicazione esperta sa impo-
stare. Amo una comunicazione che riesce a dare senso e va-
lore persino al silenzio.

Se potessi organizzare tu le Olimpiadi e se avessi carta bian-
ca, che tipo di evento vorresti proporre?

Esattamente così com'è oggi. L’evento in quanto tale è per-
fetto: la macchina è perfetta. Ma come per tutte le macchine è
il guidatore che fa la differenza; il discrimine è l'elemento
umano. Se potessi, combatterei la speculazione sugli atleti, sul
loro corpo; andrei ad indagare su come vengono preparati, sul-
l'etica e sulla moralità di chi a gestito il percorso atletico e
umano che ha portato quegli atleti all'olimpiade, che rappre-
senta solo il momento finale. Sono note, forse non a suffi-
cienza, alcune statistiche inquietanti, che gridano vendetta, in
cui si racconta di una incidenza fortissima di tumori in atleti
sotto i 40 anni, di gravi problemi peri figli di atlete di alto li-
vello, probabilmente a causa dell’uso massiccio di anaboliz-
zanti. Lo spettacolo non può essere a qualsiasi costo. Questo
è ciò che cambierei. I

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