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Numero 1 del 2011

Il futuro in testa


Foto: Il futuro in testa
PAGINA 33

Testi pagina 33

che sono ignorate dalla legge.
Dal 1993 a oggi non vi sono
stati grandi progressi e molto
del lavoro sul campo si deve
alle organizzazioni femmini-
ste, che hanno creato spazi di
discussione per assicurare
che la questione della parità
tra i sessi non fosse dimenti-
cata. L’Associazione delle
donne democratiche tunisine
(ATFD), è nata nel 1989 ed
ha fatto del sostegno alle
donne e del femminismo i
suoi pilastri principali, con-
ducendo battaglie in nome
della libertà e della democra-
zia della Tunisia, ed esten-
dendo il suo raggio di azione
nel più generale campo della difesa dei diritti umani: per-
ché crede i diritti delle donne non possano essere rag-
giunti al di fuori di un processo democratico che
interessi tutto il paese. Nulla si ottiene cioè se non si ha
per prima cosa la libertà di agire, riunirsi, esprimere li-
beramente le proprie idee. Ne parliamo con Safia Far-

hat, da anni attivista della ATFD.



Qual è la situazione oqqi?

Molto ancora deve essere fatto in termini di uguaglianza
dei sessi, per questo la ATDF ha redatto un rapporto al-
ternativo a quello ufficiale governativo, che abbiamo sot—
toposto alla 47sima sessione del CEDAW (Comitato delle
Nazioni Unite per eliminazione delle discriminazioni con-
tro le donne). La Tunisia ha infatti sottoscritto il CEDAW
ma molte forme di discriminazione a danno delle donne
rimangono evidenti. Il principio di non-discriminazione
è stato incorporato nel diritto del lavoro e negli statuti dei
servizi pubblici mentre non figura nel Codice dello sta-
tuto personale, né in maniera chiara nella Costituzione
(che parla genericamente di “uguaglianza tra cittadini di
fronte alla legge”) Le riserve usate dal Governo nascono
proprio dall’articolo 1 della Costituzione tunisina che di-
chiara che l’Islam è la religione di stato. Ora sulle basi
della religione islamica, vengono pertanto adottate prati-
che, provvedimenti che, di fatto, discriminano le donne. E
fanno sì che alcuni articoli del CEDAW non si applichino
alla Tunisia o solo con riserva.

Qual è invece la situazione delle donne tunisine negli
spazi pubblici e nelle istituzioni?
Le donne votano, possono essere elette e sono presenti

nelle istituzioni e la loro rappresentanza nel parlamento
è sicuramente cresciuta. Eppure anche se questi indica-
tori sono positivi, vanno contestualizzati all’interno di
una situazione politica che è di fatto “chiusa”, restrittiva
per Chi non fa parte del coro. Basta fare un esempio: nel
rapporto ufficiale, il governo tunisino ha sottolineato un
incremento del numero delle donne nei posti di alto li—
vello ai vertici decisionali, ma l’accesso a questi posti di-
pende - sia per gli uomini che le donne - dall’affiliazione
politica. Chi non si allinea al potere dominante è fuori.
In Parlamento ci sono quote rosa, ma quelle donne non
ci rappresentano, Sono donne di partito e si sa che in
Tunisia le elezioni sono truccate e che anche l’opposi—
zione è filogovernativa.

Le donne parlano apertamente di violenza domestica?
Della violenza subita le donne tunisine hanno imparato
a parlare apertamente. L’unica cosa di cui non parlano e
lo stupro coniugale. Dicono mio marito mi ha picchiata
e poi ha dormito con me, ma non mio marito mi ha vio-
lentata. Così come non parlano apertamente dell’ince-
sto. Quello resta loro nella carne. Un giorno, anni dopo,
arrivano nel nostro centro e parlano della violenza do-
mestica che subiscono oggi e allora spesso riaffiora il ri-
cordo dell’incesto.

Cosi la partecipazione delle donne alla vita politica del
paese diventa una prova di forza...

La Tunisia è il paese delle contraddizioni. Abbiamo il
migliore statuto del mondo arabo in termini di diritti per
le donne, ma lo stato si “è appropriato” della questione
femminile, le decisioni vengono emanate dal governo
senza che le associazioni di donne indipendenti vengano
consultate. Non abbiamo libertà di autonomia né di
espressione e questo fa si che anche gli spazi pubblici
dove potevamo intervenire si siano ridotti sempre più.
E questo anche perché da sempre abbiamo chiesto che
la questione femminile e quella della violenza sia una
questione politica, che deve uscire dalla sfera privata e
essere discussa nella sfera pubblica. I



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noidonne | gennaio | 2011


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