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Numero 1 del 2012

Il meglio di noi


Foto: Il meglio di noi
PAGINA 19

Testi pagina 19

emergere con questi movimenti è che siamo su una china che por-
ta verso forme oligarchiche di gestione di grandi questioni, che
sono aperte da vasti movimenti di base ma che poi - come in un
collo di bottiglia - sono filtrati dalla possibilità e capacità di scel-
ta di pochi soggetti. La democrazia autentica e la partecipazio-
ne con tutto questo ha poco a che vedere. Lo dico per spezzare
una lancia verso chi si occupa di cose istituzionali, sempre mol-
to complicate se bisogna tenere conto dei passaggi e dei bilan-
ciamenti che la democrazia chiede. C'è un po’ di superficialità nel
celebrare il coinvolgimento di questi movimenti e questo non gio-
ca a loro favore, toglie loro i| potenziale innovativo e desertifica
la crescita sociale.

In queste aggregazioni ci sono tante donne, spesso ne sono
le promotrici sulla base di un qualche problema concreto, su
un diritto negato in quel momento e in quel luogo. Ma non
abbiamo mai sentito queste donne, così impegnate ed es-
senziali per la crescita e l'affermazione dei vari movimen-
ti, dire il loro esserci con uno specifico femminile. Perché,
secondo te, non lo fanno? Forse non ne sentono il bisogno?



Intanto vorrei dire a queste donne che io sento il bisogno di sa-
pere, se ci sono, chi sono, quante e perché sono nei movimenti.
Sarebbe logico che tutte le notizie fossero date in forma di ge-
nere, con una chiave di lettura di genere. Credo di avere il dirit-
to di saperlo. Può darsi che alle donne che sono dentro alle va-
rie aggregazioni non interessi, ma a chi è fuori interessa. E que-
ste donne dovrebbero avere questa attenzione. Inoltre non de-
vono mai dimenticare che le elettrici sono due milioni più degli
elettori. Hanno presente, queste donne, questo non trascurabi-
|e particolare? Il fatto che anche in questi movimenti il femmi-
nile, in quanto non nominato, sia negato non è un fatto nuovo.
È sempre stato così, infatti chi ha scritto la storia non nominan-
do Ie donne, ne ha negato l'esistenza. Penso, ad esempio, al ruo-
lo determinante che hanno avuto le maestre ma che non è mai
stato raccontato. La negazione è il primo passo verso una serie
di altre negazioni. Allo studio, per esempio. E con la crisi in atto
e con i tagli, |e donne sono le prime a cui chiedere di farsi da par-
te.... c’è tanto da fare in famig/ia per accudire bambini e anziani
visto che non ci sono soldi per il we/fare... Queste donne devo-
no sapere che fino a quando siamo state analfabete siamo rimaste
fuori dalla storia. Dopo tante lotte, oggi abbiamo sorpassato gli
uomini nello studio e otteniamo risultati migliori. Senza lo stru-
mento della cultura le donne ricadrebbero nell'oscurità.

Però, in fondo, queste donne lottano insieme agli uomini per
migliorare le condizioni di vita nei loro territori o per que-
stioni di principio che riguardano tutti e tutte, come ad esem-
pio I'acqua pubblica. Forse è un modo 'moderno' di essere
'femministe'. O no?

Proviamo a chiederci perché non si fanno i servizi. La mia risposta
è che finché a decidere è il patriarcato e i| capitalismo - che sono
alleati - i servizi non ci saranno. È un elemento che sfugge loro, vi-
sto che non vedono la necessità di manifestarsi con una presenza
sessuata e definita, diversa e non opposta a quella maschile. Se si
sentono par/dentro ai movimenti, fanno un errore perché in real-
tà agiscono in una società che si muove dentro ad un'idea di do-
minio maschile che non può che annullarle come donne. Rinunciare
a questa visione significa rinunciare a modificare i meccanismi di
potere e, quindi, di equilibrio. Ma certo la presa di coscienza non si
può imporre, avviene quando avviene. Dovrebbero conoscere e ri-
conoscere un po' la storia del movimento delle donne, per poi an-
che rifiutarlo, ma con cognizione di causa. Come si fa a dimenticare
che fino al 1945 non avevamo diritto di voto e che è stata una con-
cessione! La memoria è una grande arma: chiederei loro una difesa
senza quartiere al diritto allo studio e alla conoscenza. Senza co-
noscenza non si può avere accesso alla cittadinanza, perché non
se ne ha cognizione. Questo è I0 strumento che ha consentito di
fare i progressi che abbiamo fatto, ma senza memoria ogni gene-
razione che si affaccia alla storia ricomincia tutto da capo.

Quale può essere l'effetto di un non riconoscimento dello spe-
cifico femminile nei movimenti?

I| rischio è quello di tornare indietro, alla fase emancipazionista.
Puntare sulla parità senza vedere i necessari cambiamenti su un
piano di processo complessivo è un limite che abbiamo già veri-
ficato e conosciuto. Non serve rivendicare solo pezzi di potere,
occorre chiedere cambiamenti di sistema, altrimenti continueremo
a correre nello stesso punto, pensando di fare un cammino che
in realtà non si compie. I





noidonne | gennaio | 2012 o


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