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Numero 11 del 2012

Futura: Il domani che è tra noi / 3


Foto: Futura: Il domani che è tra noi / 3
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Testi pagina 9

va “la pretesa di rinnovare l’ordinamento della Chiesa per
accordarlo con la coscienza moderna che è tutta volta a
democrazia; perché dicono doversi nel governo dar la sua
parte al clero inferiore e perfino al laicato” (ivi). E oggi
l’alto magistero è disponibile a “dare la sua parte al cle-
ro inferiore e perfino al laicato?” L’impostazione gerar-
chica e il governo centralizzato della Chiesa portano a con—
cludere di no. Anzi la richiesta di adesione ferrea alla dot-
trina papale è stata formulata da Ratzinger già nel gennaio
2003, quando da Prefetto della Congregazione per la Fede
aveva pubblicato un documento per indicare ai politici
cattolici come comportarsi “quando l’azione politica vie-
ne a confrontarsi con principi morali che non ammetto—
no deroghe, eccezioni o compromesso alcuno”. È il pre-
annuncio della strategia. . .battezzata “la dottrina dei
principi non negoziabili” (Marco Politi, “La Chiesa del
no”). Come si evince dal quadro allarmante tracciato dal
pontefice in più occasioni, Benedetto XVI è angustiato

come i predecessori da una visione pessimistica della con—
temporaneità: secolarismo, razionalismo, relativismo
hanno infettato l’Europa dove infatti la Chiesa ha perso
la battaglia per il riconoscimento delle radici cristiane e
la sua introduzione nello Statuto europeo. Ratzinger in-
somma è mosso dall’urgenza di resuscitare la dottrina cri-
stiana come spina dorsale del corpo sociale, ma “Gli uo—
mini e le donne - anche i credenti - dell’Occidente con-
temporaneo non hanno più l’idea del sacro dei loro an-
tenati e soprattutto non scandiscono più le loro giorna—
te e l’intera loro esistenza secondo i moduli di un calen-
dario divino” (ivi). Dispiace però che oggi, profittando
della proverbiale ignoranza dei fedeli intorno alla storia
della Chiesa, la libertà di coscienza, che una grande figura
di religioso, don Milani, ha voluto venisse riconosciuta
come diritto per salvare dal carcere chi non voleva pren—
dere le armi, venga esaltata e strumentalizzata per colpi-
re il diritto della donna all’autodeterminazione.l

O
1 E di Catia lori

QUEL DEMONE CHE CI PASTICCIA LA VITA

nosco donne straordinarie di invi-

diabile talento che non riescono a
sbocciare. Siamo diventati tutti più in-
sicuri - penso ad esempio all'autocen-
tratura dei miei nonni orgogliosamente
compiaciuti di essere sopravvissuti a tut-
to - ma la vita e il mondo che ci sta in-
torno sono troppo veloci e distratti per
accorgersene. Certo, possiamo rifiutar-
ci di correre anche noi, ma qualcuno
prenderà immediatamente il nostro po-
sto, facendoci sentire ancora più inade-
guate e umili. Fatta eccezione per alcu-
ne di noi, spesso sospinte dal potere ma-
schile o da un'illusoria stima “delegata",
la percezione di uno stato di marginali-
tà viene vissuta come un giudizio ne-
gativo sulle proprie capacità. Ho appe-
na finito di leggere un libro dal titolo ma-
gistrale: “Le donne che leggono sono pe-

I nadeguate non si nasce. Eppure co-

ricolose" (Bollmann Stefan e Heidenreich
Elke), in cui si evidenzia come la capacità
di astrazione, l'ideazione continua tipi-
camente femminile abbracciata ad un
sano realismo hanno un enorme potere
rivoluzionario. Chi invece nel profondo
si sente emarginata oppure inadatta
non può e non vuole, come ognuna di
noi, rinunciare alla speranza di contare
qualcosa per gli altri esseri umani, per-
ché c'è in gioco tutta intera la sua esi-
stenza. Se una vita, specie femminile,
non possiede una meta attrattiva, un si-
gnificato, una speranza, essa perde ogni
impulso vitale, e allora si fanno strada ri-
sposte sbagliate, sempre più sbagliate.
Ci si rifugia nella cura dei tradizionali ruo-
Ii domestici che certamente aiutano a te-
nere occupata la mente e a dare conti-
nuità al proprio esistere ma... non basta.
II talento che vedo al momento della lau-



rea, ad esempio, di tante giovani pro-
mettenti ragazze sembra poi spegnersi
con iI passare degli anni con l'adatta-
mento a un dettato materno, confor-
mandosi al ruolo del compagno e cer-
cando di limitare le proprie spinte evo-
lutive. E allora non mi stupisce l’aumento
impietoso del disagio femminile, di quel
malessere che esplode sulla cinquanti-
na in vere e proprie patologie depressi-
ve, segno inequivocabile di un sé ri-
mosso, bistrattato e ahimè deluso. Oc-
corre ascoltare quell'angoscia e non
coprirla coi farmaci. L'angoscia è tale
perché contiene un carico di domande
che cercano ascolto, condivisione, com-
pagnia, risposte. Allora facciamoci sen-
tire, scambiamoci opinioni, amiche, e cer-
chiamo di incontrarci laddove il dolore
talora è quasi inesprimibile.

noidonne | novembre—dicembre | 2012



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