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Numero 11 del 2012

Futura: Il domani che è tra noi / 3


Foto: Futura: Il domani che è tra noi / 3
PAGINA 33

Testi pagina 33

Campo Beirut

si suddividono i seggi e le
alte cariche dello Stato. “Le
caste rispecchiano l’ernia di
provenienza, creando una
fissità di potere chiuso e
immutabile. Le cariche isti-
tuzionali sono così ripartite:
il Presidente della Repub—
blica deve essere un Cri-
stiano Maronita, quello del
Consiglio un Musulmano
Sunnita, quello del Parla-
mento un Musulmano
Sciita. È l’unica strada per
tenere in piedi la frammen-
tarietà sociale e resistere

alle continue minacce armate di Israele”. Spostandomi
da nord a sud ritrovo persone e paesaggi differenti. Il Li-
bano è mosaico di culture e popoli. Le vestigia dell’an-
tica colonia fenicia segnano la sponda meridionale del
mediterraneo. Beirut, Tiro, Sidone si affacciano su un

TESTIMONIANZA DI NUR AHAMAD DIAB

I campi profughi palestinesi sono angoli di inferno.
Ghetti maleodoranti e polverosi a ridosso delle città.
Quartieri di periferia. Ce ne sono a migliaia in Medio
Oriente. Sparsi tra Libano, Giordania, Siria, Westbank
e Gaza. Sono vere e proprie prigioni a cielo aperto. Ter-
ra degli ultimi. Favelas di cemento per un'umanità di-
menticata cui si continua a negare passaporto e diritto
al lavoro. In Libano, ufficialmente, se ne contano una
dozzina. Ospitano palestinesi scampati alla guerra del
1948. In arabo aI-Nakba, “la catastrofe", che con un col-
po di mano portò Israele ad autoproclamarsi nazione
indipendente. Complici i flussi di denaro e coloni che
ogni mese, a suon di 10.000 arrivi, strappavano ter-
ra e case agli arabi palestinesi. Una guerra di apartheid
ingaggiata dal Governo di Israele. Complice l'ideolo-
gia razzista su cui poggia la costruzione dell'stato ebrai-
co: il sionismo. Un'ideologia intoccabile agli occhi del
mondo grazie a una “Carta Costituzionale" promanata
direttamente da Dio. Un principio non negoziabile, quel-
lo della “terra promessa", che ha portato Israele a com-
piere la più grande impresa coloniale della Storia con-
temporanea. Un'invasione che continua ancora oggi,
in spregio al diritto internazionale, al principi di au-
todeterminazione dei popoli e alle Risoluzioni dell'Onu.
In Libano il “diritto al ritorno" non è più neanche una
speranza per i giovani che vivono nei campi da ge-
nerazioni - ereditando lo status di rifugiato palestinese
- caso unico al mondo. Nei sobborghi fatiscenti in cui
la Storia sembra essersi fermata vivono quasi due mi-
lioni di persone, 230mila solo nel Paese dei Cedri. Nur
Ahmad Diab abita nel campo di Nahr el Bared, nord di
Tripoli. Ha 22 anni e gli occhi luminosi. “Sono nata qui
e non conosco altro. Mio padre è palestinese. Siamo
musulmani ma non indosso il velo perché la mia for-
tuna è di avere una madre libanese. È lei che ha con-
vinto mio padre a lasciarmi libera di vestire come vo-
levo. Oui sono felice, sto con la mia famiglia e insegno
nella scuola materna. Mi piace cantare e poi dipinge-
re e fare collage, questo cartellone l'ho costruito io”.
Nur ha avuto la casa distrutta cinque anni fa dai mis-
sili Israeliani. La stanno ricostruendo e per il momento
occupa una abitazione più piccola nella “città nuova",
un ammasso di palazzoni tra polvere e calcinacci. Non
c'è intonaco alle pareti e il pavimento è d'asfalto. “L'ac-
qua manca spesso e la luce ce l’abbiamo per sei ore
al giorno, a rotazione. Alcuni di noi sono riusciti ad an-
darsene. Ho due fratelli che hanno studiato all'uni-
versità libanese. Oggi fanno gli operai a Bruxelles e si
sono fatti una famiglia. Anch'io un giorno vorrei an-
darmene ma non ho un vero progetto. Vorrei sposarmi
e anche lavorare ma so che l'amore è qualcosa che non
dipende da me, succede e basta. Spero capiterà pre-
sto, ancora non sono fidanzata. Il mio sogno è conti-
nuare a cantare, non soltanto qui, ma all'Onesko, il più
grande teatro di Beirut, è lì che vorrei esibirmi".

(E. I.)

noidonne | novembre—dicembre | 2012

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