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Numero 5 del 2012

Mamme nel Terzo Millennio


Foto: Mamme nel Terzo Millennio
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Testi pagina 43

espiazione di pena e falliti” e volta a concedere alle
donne tutti i diritti riconosciuti ai cittadini. Dopo la boc-
ciatura delle legge, Mazzini scrisse al deputato: “L’eman-
cipazione della donna sancirebbe una grande verità base
a tutte le altre, l’unità del genere umano, e assocerebbe
nella ricerca del vero e del progresso comune una somma

Anna Maria Mozzoni (1837-1920) fu la più emi-
nente femminista italiana del XIX secolo. Di agiata
famiglia milanese, dopo aver studiato giovanissima
le opere degli illuministi e in particolare quelle di
Beccaria, Fourier e Saint-Simon, forte delle loro teo-
rie, la Mozzoni intraprese una serrata critica alla re-
ligione e alla tradizione, perché non riconoscevano
alle donne né una natura razionale né il basilare di-
ritto all'istruzione. Diversamente dai contempora-
nei che parlavano di “missione" della donna nella
famiglia, la Mozzoni analizzava i “rapporti sociali"
della donna. Per lei, il Risorgimento doveva com-
piersi anche “liberando la donna”. Ma in questa af-
fermazione l'autrice cercava di spronare le donne
a lottare loro stesse perla propria emancipazione.
In un discorso tenuto al Circolo filologico di Milano,
molto lucidamente dichiara che “le donne non
avranno altri diritti di quelli che si saranno con-
quistati, non godranno di altra libertà di quella che
si saranno difesa giorno per giorno". Intraprese dun-
que una lunga battaglia per il voto alle donne, non
nascondendosi le difficoltà cui sarebbe andata in-
contro. Ad un comizio, tenuto a Roma, nel 1881, af-
fermò: “Sono convinta che la democrazia non
penserà mai sul serio alla donna, se non quando
avrà bisogno del suo voto".

Nel 1870 Mozzoni tradusse l'opera di John Stuart
Mill “La soggezione delle donne", che era stata un
riferimento costante del femminismo inglese. L’au-
trice cercò qui di inserire la causa femminile nella
realtà politica italiana e nella questione sociale. Pro-
pose, per esempio, che fossero riesaminati tutti gli
articoli del Codice Albertino che non rispettassero
i diritti inviolabili delle donne. Si interessò dei pro-
blemi delle lavoratrici e del loro diritto a essere pa-
gate quanto gli uomini. Ritenne dannosa la divisione
fra femminismo borghese e femminismo proletario,
perché secondo lei le donne di tutte le classi sociali
erano ugualmente oppresse e pertanto dovevano
realizzare una totale solidarietà fra di loro.

di facoltà e di forze, isterilite da quella inferiorità che di-
mezza l’anima. Ma sperare di ottenerla alla Camera come
è costituita, e sotto l’istituzione che regge l’Italia [la mo-
narchia] è, a un dipresso, come se i primi cristiani aves-



sero sperato di ottenere dal paganesimo l’inaugurazione
del monoteismo e l’abolizione della schiavitù”.

Solo nel 1880 a Milano Anna Maria Mozzoni aveva fon-
dato una Lega Promotrice degli interessi femminili — che
si batteva in particolare per il diritto di voto alle donne
-, ma le prime femministe stesse, in Italia si interessaro-
no poco delle questioni politiche e molto di più a quel—
le sociali, influenzate anche dall’affermarsi del neonato Par-
tito Socialista.

Insieme ad Anna Kuliscioff e a Filippo Turati, Anna Ma—
ria Mozzoni fu una delle fon-
datrici della Lega socialista mi-
lanese, collaborò al giornale
“Critica sociale” e contribuì
alla nascita del Partito socia-
lista italiano.

Nel 1892 fu evidente la con-
traddizione tra socialisti stes-
si nell’affrontare la questione
femminile e Anna Maria Moz-
zoni entrò in polemica con
Anna Kuliscioff. Per la Moz—
zoni, infatti, non si poteva
considerare la lotta per l’emancipazione femminile solo
un momento della lotta più generale per le questioni eco—
nomiche in quanto l’emancipazione non poteva risolversi
con il solo perseguimento di un maggiore benessere. Quan-
do il Partito socialista chiese una legislazione in difesa del—
le donne lavoratrici, la Mozzoni si dichiarò ostile a tale
politica di tutela, temendo che, per ritorsione, le donne
fossero ricacciate nelle loro case “come le galline a covare
le uova nella solitudine e nel silenzio”. Per questo moti-
vo chiese ai socialisti di tralasciare la questione femminile
piuttosto che occuparsene male, condannando le donne

“a morire di fame sane, purché non si ammalino lavo-
rando” (L’Avantil 7.3.1898).

FINE PRIMA PARTE.
Segue nel prossimo numero, sul tema dei diritti
del avoro alle donne, Anna Maria Mozzoni,
Anna Kuliscioff e il partito socialista.





Fonti:

Rosantonietta Scramàgl/a, Femminismo, Milano,
Editrice Bibliografica, 1997

George Duby e Michelle Perrot,

Storia delle donne in Occidente. L'Ottocento,
Roma; Bari, Laterza, 1996

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