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Numero 10 del 2015

Madri


Foto: Madri
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Testi pagina 42

40 Ottobre 2015
zò la versione rinascimentale lombarda, secondo i desideri del
committente. Di volume apparentemente modesto, se rapportata
alle due imponenti strutture neoclassiche di palazzo Belgioioso
e di palazzo Besana che si affacciano sulla medesima piazza,
ma compatta e unitaria, ha fronte simmetrica imperniata sull’asse
portale d’ingresso/soprastante balcone. È arricchita dall’uso del
cotto per bordare le aperture, segnalando ulteriormente quelle
del piano nobile con un motivo aggiuntivo soprafinestra. In cotto
sono anche le fasce marcapiano di cui quella intermedia, con
effetto quasi trompe-l’oeil,
richiama l’idea di una bal-
conata continua a livello
del piano nobile, mentre
quella terminale sotto-
gronda è decorata con
motivi a grottesche. L’into-
naco è trattato a graffito.
La pianta è articolata in-
torno ad un cortile porti-
cato, sul quale si affaccia-
va lo studio dello scrittore,
più vicino dunque agli
accessi dall’esterno. Gli
ambienti per la famiglia
erano invece più defilati, al piano superiore. Il palazzo attualmen-
te è sede della Società storica lombarda e del Centro nazionale
di studi manzoniani, cui si deve la conservazione di parte degli
arredi originari. È normalmente visitabile, ma al momento è sotto-
posto a un intervento di restauro. Enrichetta Blondel (1791-1833)
nacque da una famiglia ginevrina di industriali tessili, di religio-
ne calvinista. Il padre trasferitosi in Italia a Casirate (BG) fondò
un’industria tessile e lì nacque Enrichetta, che ebbe altri sette
fratelli. Appena sedicenne, conobbe Alessandro Manzoni, che
rimase subito colpito e conquistato dai pregi del suo carattere.
“... un carattere molto dolce, una notevole rettitudine morale e un
grande attaccamento ai genitori... Penserete che ho corso un po’
troppo, ma dopo averla veramente conosciuta, ogni rinvio mi è
sembrato inutile” confida in un carteggio poco prima di decidere
di sposarla. Il matrimonio venne celebrato a Milano nel 1808 e
poco dopo i giovani sposi ripresero il cammino per Parigi. Nella
capitale francese, dove ormai Alessandro era di casa, oltre ai
salotti intellettuali di tradizione illuministica ed enciclopedistica,
già frequentati con la madre, i giovani sposi presero confidenza
con ambienti giansenisti. In quest’ambito Enrichetta, molto inte-
ressata e sensibile alla questione religiosa, maturò la riflessione
critica sulla propria religione arrivando a decidere l’abiura del cal-
vinismo e la conversione al cattolicesimo, coinvolgendo anche
Alessandro e persino la suocera Giulia.
ENRICHETTA BLoNDEL
Tornata a Milano la famiglia prese alloggio dapprima in via San
Vito al Carrobbio, poi nell’avito palazzo Beccaria in via Brera
e infine nel Palazzo di piazza Belgioioso, angolo via Morone.
La giovane sposa continuò a osservare, anche secon grande
fatica e sacrificio personali, i rigorosi canoni dell’abate fran-
cese nonostante la sua vita fosse
già di per sé faticosa, come era
tipico delle donne dell’epoca ma
forse per il suo organismo fragi-
le e minato dalla tisi ancora più a
rischio. Ebbe, infatti, dodici gra-
vidanze, secondo alcuni storici
o quindici, secondo altri e dieci
parti. Sopravvissero inizialmen-
te nove figli ma due mancarono
prematuramente negli anni successivi. Intanto, nel 1833, dopo
anni di malattia e semicecità, Enrichetta si spegneva lascian-
doli orfani. A lei il marito addolorato, e per alcuni anni inconso-
labile, dedicò l’Adelchi. Fu sepolta a Brusuglio (Mi).
Pochi anni dopo la scomparsa dell’amatissima prima moglie,
Enrichetta Blondel, mai dimenticata, lo scrittore conobbe Teresa
Borrivedova Stampa, madre di un figlio, chesposò nel 1837. Te-
resa condivise con il marito l’interesse per la ricerca linguistica,
collaborando con lui alla toscanizzazione della lingua italiana.
Tuttavia, anche se molto attenta alle esigenze e ai gusti del mari-
to, per cui pare nutrisse una quasi venerazione, e del figlio che le
fu affezionatissimo, non seppe essere altrettanto accogliente con
i figli della prima moglie e quindi assumereil ruolo di nuova madre
di cui avevano ancora bisogno.
Perciò essicercarono di abbandonare la casa paterna al più
presto.
Due figliescelsero di sposarsi ancora molto giovani. Il gran-
de pittore romantico Francesco Hayez, amico di famiglia, ne
fermò l’immaginein due diversi momenti della vita:giovane ve-
dova con il figlio, la madre e il fratello e in seguito più anziana
e austera nell’abbigliamento, nella medesima posizione del
ritratto del marito.
TERESA BoRRI
Ancora peggiore fu il rapporto con
la ormai attempata suocera Giulia
Beccaria, che trascorse gli ultimi
anni molto amareggiata per questo
motivo.
A sua volta Teresa, diventando an-
ziana, si ripiegò sempre più su se
stessa e le sue malattie. Anche per
questo i coniugi fecero frequenti e
lunghi soggiorni nella villa di Lesa
sul lago Maggiore, unico luogo in
grado di ritemprarla per qualche
periodo. Per Alessandro però il vero
rifugio era nell’altra villa, che la ma-
dre aveva ereditato dal conte Carlo Imbonati, a Brusuglio (Mi). b
*LORENZA MINOLI, architetta progettista, studiosa del rapporto architettura
- storia delle donne dagli anni ‘70. Ha pubblicato tra l’altro “Margarete Schutte-
Lihotzky. Dalla cucina alla città” (F. Angeli, Milano 1999) sulla vita e le opere
della grande architetta austriaca, madre dell’architettura moderna, inventrice
della cucina razionale moderna.
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