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Numero 10 del 2015

Madri


Foto: Madri
PAGINA 37

Testi pagina 37

35Ottobre 2015
Come è stato sottolineato nella conferenza che ha preceduto
la donazione, da qualche tempo le storiche hanno ravvisato
la necessità di allargare il concetto di Resistenza, includen-
dovi sia la Resistenza non militare sia una vasta gamma di
comportamenti contro il nazifascismo da parte delle donne.
Questo ha permesso di infoltire le file della Resistenza, anche
di quella chioggiotta. Finora, in città, ricordando l’eccidio del-
la famiglia Baldin da parte dei tedeschi, si è sempre rievocato
il nome di Ortensia Boscarato, fucilata insieme ai figli e al ma-
rito. Ora, al nome di Ortensia, che rimane per la sua tragica
sorte il simbolo delle sofferenze patite dalle donne, se ne pos-
sono accostare altri, con l’intento di ricostruire quel tessuto
civile che fece da humus alla difesa
dei valori di libertà e di uguaglianza.
Con l’avvertenza, appunto, che non
c’è stata un’unica tipologia di vissuto
resistenziale femminile. Dalle informa-
zioni in nostro possesso, capiamo che
ogni donna ha contribuito con proprie
motivazioni e sensibilità e questo am-
pio spettro di profili crea le condizioni
per un’ampia identificazione. Del SIP,
ad esempio, fecero parte Vituglia e
Otilla, donne diverse ma entrambe in-
dispensabili.
Vituglia Battagin, la più anziana del
gruppo, incarna il pre-politico. La
memoria di un’altra donna ce la tra-
manda impegnata a fare la staffetta
con addosso il tradizionale costume
chioggiotto: zoccoli, gonna lunga,
pièta che copre il capo. Un’innocua
comare, hanno pensato i tedeschi,
ingannati da tanta semplicità, lascian-
dola andare dove voleva.
Viceversa, la già menzionata Otilla
interpreta al meglio la consapevolez-
za della militante. Famiglia rossa alle
spalle, studi superiori interrotti a forza
dai fascisti nella sua terra d’origine, la Romagna, una volta
a Chioggia, la Monti mostra di avere la stoffa della leader.
“La sera del 19 aprile 1945- ha raccontato un partigiano - mi
mandò a chiamare Otilla Monti. Mi disse che dovevo recarmi
presso l’intendenza di finanza, prendere tutte le armi e le mu-
nizioni. Le chiesi un ordine scritto del Comitato di liberazione.
Mi scrisse un biglietto”. La targa alla memoria ha avallato un
carisma riconosciuto da uomini e donne, anche di diversa ap-
partenenza politica.
Insomma, i tempi sono maturi perché il suggerimento
dell’A.N.P.I. di Chioggia possa essere accolto. Siamo fi-
duciose. b
Il passato, soprattutto per chi non si è sottratto
all’appuntamento con la storia, non passa mai del
tutto. e può capitare che, tornando, sveli pezzi di verità
rimaste nell’ombra per le contingenze del momento. le
sofferenze che il professor stefano rovati, il protagonista
dell’intenso romanzo di Maria Pia Trevisan, ha vissuto per
quindici mesi nel campo di sterminio nazista di ebensee
non hanno cancellato la sua capacità di amare e la
convinzione che bisogna trovare comunque il modo di
esprimere il proprio senso civico. stefano per anni porta
un messaggio di pace testimoniando ai giovani la sua
esperienza di sopravvissuto al lager, sempre intimamente
accompagnato dal senso di colpa verso i compagni di
lotta morti per conquistare la libertà e la democrazia. È
una sottile sofferenza che non lo
ha mai abbandonato, nonostante
l’affetto che lo circonda nella sua
famiglia. “Per troppo tempo…
si era raccontato, e aveva
raccontato, una storia di sé
molto parziale. Una storia vera,
certo, vissuta in prima persona,
ma il racconto molto spesso
si limitava all’esposizione dei
fatti memorizzati. difficilmente
varcava la soglia dei suoi
sentimenti…”. dopo cinquanta
anni un incontro casuale in
occasione di uno dei tanti ‘Viaggi della memoria’ lo
riporta sulle tracce della giovane partigiana rosalena,
all’epoca sua fidanzata, che aveva creduto morta durante
la resistenza. l’intrigante costruzione narrativa crea
suspence e porge via via nuove e inaspettate ipotesi
sui ruoli che i protagonisti sembravano aver avuto
all’epoca dei fatti. a partire frank gabel, l’ufficiale della
Wehrmacht che gioca un ruolo centrale nella vicenda.
Come ‘Le farfalle di Ebensee’, titolo del libro (ed la
Memoria del mondo, pagg119, euro 12,00), la memoria
si libra, finalmente non più fardello. la sospirata e
personale riconciliazione con il passato consente a
quei ‘giovani di ieri’ di godere pienamente ‘dell’eredità
dell’amore’ - sottotitolo del libro - che loro stessi
avevano custodito per tanto tempo.
t. B.
DALLA GUERRA
NASCONO I FIOR
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