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Numero 10 del 2015

Madri


Foto: Madri
PAGINA 21

Testi pagina 21

19Ottobre 2015
Quali sono le questioni di cui parli?
Quando arrivi a quarant’anni e, per un motivo o per un altro,
non hai avuto figli, perché l’hai evitato o rimandato, a volte
senza nemmeno dirtelo razionalmente, improvvisamente ti
si pone davanti un limite, che è quello biologico. Sai che
non hai più tutto il tempo del mondo. Questo è il primo vero
limite che incontri. Nella vita ci sono pochi limiti così, e pro-
prio di frontea questa imprescindibilità, ti chiedi: che cosa
voglio veramente? Qual è davvero il mio desiderio? Se ti fai
davvero questa domanda, questo ti mette in discussione
rispetto a quello che hai fatto finora e a quello che vuoi
diventare.
Come hai trovato le storie?
Sono partita dalle mie amiche, e poi la cosa si è andata
allargando. Tantissime donne mi hanno scritto offrendosi di
raccontare la loro esperienza, ma a me interessava in par-
ticolare raccontare la confusione, quando non sai ancora
se lo vuoi, non hai più molto tempo e ti devi dire cosa vuoi
fare. Perché, se vuoi un figlio, devi andare da un medico,
parlare con il tuo compagno, metterti di impegno. Oppure
devi scegliere di non averlo. Un momento in cui non puoi
più lasciare la palla al caso, perché a quarant’anni è più
facile che i figli non arrivino per caso. Ho scelto quindi delle
donne che veramente si trovavano, per motivi diversissimi,
nella fase di impasse.
Le donne del tuo film hanno più la paura di
fare un figlio o più paura di non volerlo?
Ho trovato più paura di dirsi “non lo voglio” e di accettare
questa idea. Sia per quelle a cui questo figlio non arriva, sia
per quelle che non hanno ancora deciso, per tutte è di più
la paura di dirsi che non lo vogliono.
Quindi anche le donne più libere, subiscono
ancora lo stereotipo della naturalità
della maternità…
Nonostante le donne che racconto siano libere e colte, su-
biscono - e subiamo - ancora il pregiudizio che abbiamo
verso noi stesse. Quanto sono donna se non divento ma-
dre? Questa cosa va contro la mia femminilità? Sembrereb-
be impossibile, eppure nel momento della scelta questa
domanda diventa molto forte. Si chiedono “sto rinunciando
a una parte della mia potenzialità in quanto donna?”. È una
cosa con cui fai i conti, che poi razionalizzi e dici “non ha
alcun senso”. Ma è ancora difficile accettarlo e parlarne
serenamente con i propri compagni. Una donna che non
procrea si sente ancora in difetto, come se la cosa dovesse
sottendere sempre un qualche tipo di problema. Poi però ci
ragioni e ci passi sopra, perché è un pregiudizio cattivissi-
mo che non puoi subire.
Forse è proprio il fatto di parlare di naturalità
che è sbagliato…
La naturalità della maternità è un luogo comune e fa moltis-
simi danni. Il fatto di parlare di una potenzialità che la don-
na ha per natura significa che questa cosa non può rima-
nere inespressa. Invece il discorso è molto più complesso,
perché il fatto di avere questa potenzialità non corrisponde
sempre al proprio desiderio, che è frutto di tante altre cose,
che per alcuni sono solo sovrastrutture, per altri sono ciò
che fa di te un essere pensante. Esiste la potenzialità ma
quello che fa la differenza è la tua capacità di scegliere.
Ovviamente io non voglio generalizzare, la mia indagine è
molto parziale e io racconto un certo tipo di donne. Però è
vero che per molte donne i figli non vengono così facilmen-
te. La naturalità può creare un senso di inadeguatezza.
Forse l’unica cosa naturale della maternità è il
fatto che ti ci devi confrontare…
Si, indubbiamente. Mi sembra difficile che si abbia una po-
sizione aprioristica su questa questione, se non magari per
motivi ideologici. Si può passare oltre rapidamente e risolvere
in fretta la cosa, ma devi comunque elaborare questa espe-
rienza, confrontarti, fermarti un attimo per poi andare avanti.
Il ruolo dei partner nel film è marginale perché
è stata una tua scelta di regia o perché quella
di fare un figlio è ancora più una scelta della
donna che della coppia?
Non era una mia scelta a priori non coinvolgerli, anzi, ho
interpellato donne che avessero coppie solide, con anni
di relazione alle spalle. Ho trovato uomini coinvolti, parte-
cipi, innamorati e comprensivi però mai decisivi, in grado
di prendere in mano la situazione. Non so perché avvie-
ne, forse perché in fondo c’è l’idea che solo la donna può
decidere di avere un figlio. Di fronte a questo dilemma di
individuare il loro desiderio, gli uomini hanno un altro modo
di elaborare queste questioni. Il fatto di non avere un limite
biologico li mette in una condizione psicologica diversa,
non li angoscia, nonostante le loro compagne lo siano.
4continua a pag. 20
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