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Numero 2 del 2015

Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia


Foto: Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia
PAGINA 14

Testi pagina 14

12 Febbraio 2015
VERSO
uN FEMMINISMO
DELLE ALLEANZE
di Silvia Vaccaro
UN APPROCCIO RIVOLUZIONARIO E
FUORI DAGLI SCHEMI, CHE CONTESTA
LA NATURALITÀ DELL’IDENTITÀ DI
GENERE E DELL’IDENTITÀ SESSUALE.
QUESTO È IL QUEER. NE PARLIAMO
CON RACHELE BORGHI
LIbER* DI SCEGLIERE | 2
Nata in seno agli studi gay e lesbici, agli studi di genere e alla teoria femminista e sulla scia delle tesi di Michel Foucault, Jacques Derrida e Julia
Kristeva, la teoria queer mette in discussione la natura-
lità dell’identità di genere, dell’identità sessuale e degli
atti sessuali di ciascun individuo, categorie costruite so-
cialmente interamente o in parte. Partendo da questa
prospettiva, perde di senso anche la distinzione - e la
gerarchia che ne consegue - tra teoria e pratica o acca-
demia e militanza. Di questo e di altro abbiamo parlato
con Rachele Borghi, professora di geografi a alla Sor-
bona, attivista queer, donna generosa e vitale che, par-
tendo da sé, ha creato il personaggio di Zarra Bonheur
come tentativo di rompere tra ricerca e attivismo, pub-
blico e privato, sapere e sperimentazione corporea.
Il femminismo degli anni ’70 lotta per l’auto-
determinazione, la liberazione dal patriarcato
e i diritti civili. Consegue alcune vitali
conquiste, ma tante micce forse sono rimaste
inesplose. Il movimento queer può aiutare in
questo senso?
L’uso del termine queer, anche prima del 1990, anno
in cui Teresa de Lauretis lo accosta alla parola teoria,
era già attivo nella militanza femminista. L’accademia
riprende qualcosa che già esisteva, ed è per questo
che io non voglio più parlare di teoria e pratica, né di
accademia e militanza. Continuare a operare questa di-
cotomia fa esistere ancora questa differenza, mentre da
sempre l’accademia si nutre della rifl essione militante e
viceversa. Inoltre, la teoria queer è femminista sia nella
militanza sia nell’accademia perché già Teresa de Lau-
retis parlava di intersezionalità e di studi post-coloniali.
E l’approccio “trans-femminista” viene dal femminismo
pro-sex degli anni ’80. Queer e femminismo vanno per
forza insieme. Il problema piuttosto è l’uso infl aziona-
to del termine. Ma si tratta di un processo strutturale: il
sistema si appropria di questi termini integrandoli, fa-
cendoli diventare argomento mainstream e togliendo la
forza sovversiva, come è accaduto per il termine ge-
nere. Non è strano che avvenga questo processo ma
credo che il termine queer, utilizzato in maniera femmi-
nista, abbia ancora tutta la sua effi cacia. Andiamo verso
un femminismo delle alleanze, con le persone trans, le
donne musulmane, le persone sex worker. È questo il
femminismo in cui il queer si riconosce e che si esprime
attraverso le azioni performative.
In cosa consiste l’etero-normatività dello
spazio pubblico? Come le pratiche queer
possono sovvertire uno spazio che solo
apparentemente è uno spazio di tutti e tutte?
C’è stata un’attenzione negli anni ’90 per le questioni
di genere nello spazio pubblico partendo dal fatto che
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