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Numero 6 del 2016

Settantesimo: partimmo dal voto - Speciale Rebibbia


Foto: Settantesimo: partimmo dal voto - Speciale Rebibbia
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Testi pagina 5

3Giugno 2016
Votiamo, noi donne italiane, da settanta anni. La nostra prima volta è stata nel 1946. In primavera, per le elezioni amministrati-
ve, e poi in giugno per scegliere tra la Repub-
blica e la Monarchia e per eleggere l’Assemblea
Costituente che avrebbe scritto la Costituzione.
Una volta conquistato il diritto al voto è iniziata
un’altra fase: portare nelle assemblee elettive
una rappresentanza femminile numericamente
adeguata, un obiettivo non facile da centrare
perché strettamente connesso ai meccanismi
elettorali e ai contesti politici.
I movimenti delle donne si sono variamente im-
pegnati negli anni per affermare principi - an-
che recepiti con modifiche alla Costituzione - o
per far accettare la doppia preferenza di genere
- quando si possono scegliere i/le candidati/e
- o per ottenere l’alternanza uomo/donna nelle
liste bloccate. Con un salto concettuale rivolu-
zionario, siamo passate delle quote rosa al 50
e 50. Sul piano formale alcuni risultati si sono
ottenuti e pian piano sono arrivate nomine, po-
liticamente corrette, di giunte municipali com-
poste per metà di donne. L’onda d’urto di tanto
lavoro ha consentito a molte donne (oltre il 40
per cento) di entrare nell’attuale Parlamento e
il governo Renzi è partito con una folta pattuglia
di ministre. Pattuglia che si è poi assottigliata.
Ma al problema (non risolto) della quantità, oggi
si aggiunge quello dei contenuti e del senso che
la rappresentanza femminile assume. Questione
che si pone tanto per una ministra, quanto per
una parlamentare oppure per una sindaca o una
consigliera regionale.
L’aumento del protagonismo femminile nella
politica comporta una maggiore capacità de-
cisionale che, non avendo indicazioni chiare su
obiettivi largamente condivisi, spesso entra in
rotta di collisione con le aspettative di molte
donne o associazioni. D’altra parte chi è chia-
mata a gestire deve prendere decisioni sulla
base di regole rigide e difficilmente può pre-
scindere dalle logiche delle alleanze o dalle ap-
partenenze che, spesso, le hanno consentito di
arrivare dove è. Ne deriva un logoramento della
credibilità delle istituzioni e un imbarbarimento
delle relazioni (anche personali).
Mentre ci si impegnava per cambiare le rego-
le allo scopo di agevolare l’accesso delle don-
ne nelle assemblee elettive, la politica subiva
mutamenti profondi, cambiamenti genetici di
meccanismi non scritti che nulla hanno a che
vedere con le leggi o con i sistemi elettorali. Il
gap tra la politica e i bisogni reali difficilmente si
potrà colmare con nuove articolazioni normati-
ve se non ci si interroga sulle ragioni che hanno
cambiato il sistema dei valori che sono alla base
della nostra democrazia. Un processo degene-
rativo che è andato di pari passo con l’implosio-
ne dell’idea di comunità.
Se questo anniversario per noi donne è la sacro-
santa rivendicazione di una conquista storica e
non una retorica celebrazione, allora facciamo
in modo di attingere dalla forza delle madri co-
stituenti e dal sentimento delle migliaia di ano-
nime militanti. Interroghiamoci sul da farsi e
ritroviamo, insieme, l’entusiasmo di guardare il
mondo con occhi liberi. Ci vuole coraggio, ma
va fatto perché abbiamo molto da perdere.
Tiziana Bartolini
LA NOSTRA NUOVA
REPUBBLICA
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