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Numero 3 del 2015

8 Marzo al tempo delle crisi


Foto: 8 Marzo al tempo delle crisi
PAGINA 45

Testi pagina 45

43Marzo 2015
Mirka Milo: la serenità e la ca-
rica umana che trapelano da-
gli occhi azzurri e sorridenti di
Mary e la sua affabilità oratoria
si sposano con una profonda
sensibilità professionale, an-
che se nessuno direbbe, da un
primo contatto, che i suoi inte-
ressi siano rivolti ad argomenti
e momenti storici così altamen-
te drammatici e dolorosi.
come e perché hai
cominciato ad occuparti
di zuzanna Ginczanka?
Perché ho avuto modo di leg-
gere le traduzioni delle sue poesie - nel volume curato da
Alessandro (Amentandr) - e mi sono innamorata subito del
suo modo di raccontare: ho iniziato a pensare come creare un
tessuto storico-narrativo che accogliesse la storia di Zuzanna
attraverso il racconto della Storia collettiva. L’ideazione e la
scrittura sono andate di pari passo: è stato emozionante trova-
re al Museo di Varsavia alcuni scritti inediti e gli scritti originali,
con le note e le cancellature di Zuzanna. Un altro momento
importante per noi (Alessandro ed io) è stato l’incontro con
la signora Stauber, una delle più care amiche della poetessa,
oggi 95enne, scampata miracolosamente all’arresto, mentre
suo marito è morto in Siberia. Nelle sue parole e nei suoi rac-
conti abbiamo rivissuto la storia di Zuzanna, incredibilmente
vivificata da quella testimonianza.
che emozioni ha suscitato in te, mentre giravi il
documentario, la figura di una donna e di un’autrice
come zuzanna, che racchiudeva in sé un’ “anima
eterea” ed al tempo stesso una forte passionalità?
La figura di Zuzanna ha destato in me da subito una grandis-
sima curiosità, come figura femminile e come poetessa, e mi
ci sono rispecchiata molto: la sua bellezza persiana, il colore
dei suoi occhi, uno chiaro ed uno scuro (come le birre, dice-
vano gli amici), l’attualità della sua figura e della sua poesia,
rivolta contro ogni forma di pregiudizio e di conformismo, mi
hanno colpito ed affascinato. Inoltre si tratta di una donna che
comincia a parlare di sessualità femminile con grande libertà
per i suoi tempi, e che non si arrende mai: pur abbandonata
dai suoi genitori, resiste, studia e si afferma. La sua personalità
emerge anche nelle foto che la ritraggono, in cui lei è sempre
molto riconoscibile e presente. Colpiscono anche la sua voglia
di vivere e la sua ironia - che utilizza per deridere i suoi detrattori
e le follie della guerra - sempre viva nonostante il periodo buio
e difficilissimo che la storia attraversava. Speriamo di trovare un
distributore in Italia che possa far conoscere questa storia. b
Il nome del fIglIo
Il nuovo film di Francesca Archibugi,
remake del francese ‘Le prénom’
IChi non ha amato la Archibugi, regista di film quali Mignon è partita, Il grande cocomero e L’albero delle pere, che tra gli anni Ottanta e Novanta lasciarono emergere uno stile perso-
nalissimo ed una visuale ‘al femminile’ delle storie di tutti i giorni,
dove dramma e commedia si fanno l’occhiolino, tratteggiando
con maturità e indulgenza aspetti critici della società, a partire
dal cuore e dalle vite dei personaggi ritratti? L’approccio non è
cambiato: allegro ma non troppo, malinconico quanto basta, il
gruppo di famiglia in un interno, pennellato con tocco ora lieve
ora feroce da Francesca Archibugi nel suo ultimo film Il nome
del figlio, remake della nota pièce francese Le prénom, si av-
vale di un magnifico cast d’attori italiani in stato di grazia ed
ottimamente diretti. Paolo e Betta Pontecorvo, fratello e sorella,
con i rispettivi partner ed un amico di vecchia data, si ritrovano
a cena in occasione dell’annunciata gravidanza di Simona, la
moglie di Paolo, una strappona di periferia che scrive best-seller
piccanti: intorno al nome scelto per il nascituro nasce una di-
scussione che scatenerà una vera e propria sarabanda di ricordi
d’infanzia, incomprensioni coniugali, gelosie sopite, insoddisfa-
zioni personali, rivelazioni
inaspettate. Ogni perso-
naggio è tratteggiato ad
arte dalla sceneggiatura
scritta dalla stessa Ar-
chibugi insieme al bravo
Francesco Piccolo ed
incarna un carattere tipico
della nostra bella Italia:
Alessandro Gassman,
nel ruolo di Paolo, avvici-
na i suoi registri attoriali
sempre più a quelli del
padre; Valeria Golino
(sguardo liquido e gran-
de ironia, ormai a suo
agio nei ruoli di mamma) interpreta Betta, l’ago della bilancia
familiare, la donna intelligente che ha sempre anteposto la sua
felicità a quella dei figli e del marito; Rocco Papaleo, nei panni
di Claudio, l’amico musicista la cui vita sentimentale è avvolta in
un fitto mistero; Luigi Lo Cascio è il versatile Sandro, l’intellet-
tuale del gruppo, marito di Betta, professore frustrato e distratto,
che inventa compulsivamente twitter di qualità per chattare con
altri accademici; infine Micaela Ramazzotti è Simona, la mo-
glie di Paolo, verace e poco raffinata, all’apice del successo col
suo romanzo-spazzatura (un ruolo già sperimentato dall’attrice,
quello della finta svampita, in realtà portatrice della saggezza
popolare). “Questo film - afferma la Archibugi - parla di come
amicizia ed amore, se profondi, abbiano un valore fondamentale
anche se sono tormentati. Il nostro è stato un viaggio con un
equipaggio di attori molto generosi, con i quali abbiamo lavorato
prima in modo molto meticoloso e pignolo, per lasciare poi spa-
zio all’improvvisazione: credo che in questo modo siamo riusciti
a rendere omogenea la cifra recitativa. Nel film, al di là dei con-
flitti, c’è molto amore”. Un’orchestra ben suonata, dunque, una
stupenda casa a due piani come co-protagonista, con alcuni
tocchi di regia in esterni, che rendono il film meno claustrofobico
dell’omologo francese.
Elisabetta Colla
Ovunque andrò,
sarà sempre: avanti,
ma ogni avanti
mi riporterà indietro.
Sfericità, 1933
A parte me stessa
non conosco
altra lontananza.
Nota a margine, 1936
È un’arte non da poco:
portare il peso
della propria felicità,
con gioia,
con sacrilegio
non piegarsi
sotto il cielo.
Zuzanna Ginczanka
trad. A. Amenta
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