Numero 6 del 2014
Cultura e futuro, Addio
Testi pagina 22
20 Giugno 2014
Negli ultimi due secoli vi è stato un significativo aumen-
to delle donne tra i fruitori (e consumatori) di cultura. Se
per secoli questa è stata pressoché riservata agli uo-
mini, pure di un certo livello di censo, a partire dai primi
dell’800 la situazione si è invece capovolta. Non solo il
nostro paese ha conosciuto l’istruzione di massa, ma le
donne hanno oggi raggiunto la parità con gli uomini nel
livello di istruzione e, nelle generazioni più giovani, lo
hanno anche superato.
Una preparazione che le ha fatte diventare in poco più
di un secolo forti fruitrici di cultura, anche disposte a vi-
aggiare e a spendere per alimentare questo interesse.
Le donne sono infatti presenti in modo equivalente agli
uomini, se non in misura superiore, in numerose mani-
festazioni di cultura: nel 2011 hanno frequentato musei
il 29,7% delle donne e il 29,7% degli uomini, sono an-
dati a teatro il 24% delle donne e il 19,7% degli uomini,
ai concerti di musica classica il 10,2% delle donne e
il 10% degli uomini, hanno visitato siti archeologici e
monumenti il 22,4% delle donne e il 23,5% degli uomini.
Le donne leggono inoltre più degli uomini: le lettrici, in-
fatti, sono il 53,1% rispetto al 40,1% dei lettori; tra i 20 e
i 24 anni la quota di lettrici sfiora il 65%, mentre quella
dei lettori si attesta al 41,3%.
Un approfondimento di Istat (2011) mette inoltre in
evidenza dati interessanti sui consumi culturali delle
giovani donne italiane tra i 18 e i 29 anni: leggono di più
libri nel tempo libero (il 64,4% dei casi contro il 41,3%
dei coetanei); visitano più musei, mostre e monumenti
(39,6% delle giovani visita nell’anno musei e mostre, il
27,6% monumenti, con una differenza rispetto ai coe-
tanei di 8 punti in più nel primo caso e 4 nel secondo);
vanno di più a teatro (25,8% contro 19,5% dei coetanei);
dati analoghi si rilevano anche per la radio, seguita dal
77,1% delle giovani contro il 72,8% dei loro coetanei.
Queste differenze hanno cominciato negli anni ad es-
sere prese sempre più in considerazione dalle imprese
culturali, che hanno diversificato le proposte editoriali,
nonché quelle teatrali e cinematografiche.
Se a livello di marketing le imprese sono dunque diven-
tate ben consapevoli di tali differenze, non altrettanto
si può dire nelle scelte strategiche di politica culturale,
che potrebbero invece creare valore aggiunto e ricche-
zza prendendo nella giusta considerazione questo ap-
proccio.
Ad ostacolare una maggiore presa di coscienza del
dato di genere nelle politiche culturali vi è certamente
la questione relativa all’empowerment nelle cariche di
potere: se le donne sono la metà e più degli utenti di
cultura, non altrettanto si può infatti dire per chi, a vario
titolo, si trova in posizioni manageriali e di vertice nel
settore, o comunque ha il potere di produzione cul-
turale. La prevalenza maschile, in questi casi, è ancora
evidente. Più raramente, infatti, le donne occupano po-
sizioni di elevata responsabilità all’interno delle grandi
istituzioni culturali e tali disuguaglianze comportano
spesso anche differenze in termini di remunerazione.
Anche le carriere artistiche non sono esenti dalla per-
sistenza di forti disuguaglianze tra uomini e donne.
D’altro canto, il ruolo svolto dalle donne nella creazione,
passando attraverso l’apprendimento e la professional-
izzazione nei settori culturali, solleva la questione della